“L’arte infatti si manifesta pur sempre come una cosa, un oggetto, un prodotto, un’opera d’arte. […] e sempre contiene tuttavia una condizione che non è propriamente qualcosa di determinato. Solo che l’arte, guardandola-attraverso, in qualche modo la esibisce e la rende percepibile.”[1]
L’opera d’arte si mostra dunque come l’occasione di riflessione sulla natura delle cose e degli accadimenti e ci costringe alla comprensione del conoscere in generale. Dell’arte e dell’opera d’arte si deve fare esperienza, consapevoli dell’impossibilità di definire precisamente cosa esse siano. “Nell’esperienza estetica dunque si anticipa a priori l’esperienza in genere: non semplicemente facciamo esperienze, ma lì sentiamo di essere-nell’esperienza, che ha senso fare esperienze e che da queste può sorgere una conoscenza effettiva.” A guidare l’esperienza è un principio del tutto atipico: il SENTIMENTO che mette in LIBERO ACCORDO le nostre facoltà per produrre la conoscenza. Si tratta del principio estetico del giudicare in generale, del comprendere, del pensare e del significare: per questa sua natura esige il CONSENSO DI OGNUNO.[2]
La possibilità di COMUNICARE universalmente lo stato d’animo, infatti, non è meramente personale, ma aspira all’intersoggettività e all’universalità, determinando un piacere ogni volta che questo accade, ogni volta, cioè, che sentiamo di poter comunicare. Si configura come vera e propria esigenza, una VOCE UNIVERSALE: chiamare l’altro affinché la conoscenza si compia, insieme e per ciascuno di noi.[3] L’esigenza di adesione e partecipazione dell’altro si trasforma in un imperativo imprescindibile e genera la sensazione di essere davvero all’interno di un’esperienza, nella condizione originaria del comprendere stesso. Questo compiono gli artisti e gli interpreti del Diritto: attraverso la funzione sociale e civile delle loro azioni liberano da pregiudizi e definizioni e creano il luogo della conoscenza. Con impegno e cura attuano la capacità di mettersi in gioco, per costruire il vero dialogo tra il nostro mondo e quello dell’altro nel processo di annullamento della contrapposizione e dell’estraneità. “Ogni uomo è un artista” sostiene Joseph Beuys[4], con l’intento di esaltare le qualità, il talento e la creatività di ciascuno nel proprio ambito. La creatività e l’arte sono per Beuys il CAPITALE UMANO, energia creativa che può diventare rivoluzionaria. L’arte, cioè, assume i contorni di concetto antropologico e non solo estetico, poiché è in grado di plasmare l’intera esistenza: “la rivoluzione siamo noi.”
Il libro di Olga Anastasi, riflettendo su una materia così sensibile come le relazioni affettive getta una luce nuova sulla mentalità irreggimentata e la stravolge. Agendo in modo opposto a quello codificato, apre con risolutezza a una rivoluzione e costringe a pensare in modo inusuale.[5]
[1] Emilio Garroni, Estetica. Uno sguardo-attraverso, Milano 1992.
[2] Immanuel Kant, Critica della Facoltà di Giudizio, traduzione e cura di E. Garroni e H. Hohenegger, Torino 1999.
[3] Immanuel Kant, Critica della Facoltà di Giudizio, traduzione e cura di E. Garroni e H. Hohenegger, Torino 1999. A questo proposito Kant è molto esplicito: “Ora qui è da notare che nel Giudizio di gusto non viene postulato altro che tale voce universale, riguardo al piacere senza mediazione di concetti, e quindi la possibilità di un giudizio estetico, che possa essere nello stesso tempo considerato valevole per ognuno. Il Giudizio di gusto, per sé stesso non postula il consenso di tutti (perché ciò può farlo solo un giudizio logico che fornisce ragioni); esso esige soltanto il consenso di ognuno, come un caso della regola, rispetto al quale esso attende la conferma non da concetti ma dalla adesione altrui.”
[4] Joseph Beyus (1921-1986) è stato il più importante artista tedesco contemporaneo, icona del Novecento, portavoce dell’arte concettuale. Docente di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, da cui viene espulso per le idee troppo all’avanguardia, l’artista affronta, lungo tutta la carriera, temi fondanti dell’arte contemporanea, mantenendo sempre un afflato didattico, da educatore. Attraverso i suoi Objekten (sculture, installazioni) e le sue Aktionen (eventi, happening, performance) mette in scena con costante provocazione la volontà di andare oltre il concetto di arte tradizionale, estendendo la sfera estetica al pensiero e all’agire umano. Impressionante la varietà e la tipologia dei materiali e degli oggetti usati per rappresentare il concetto ampliato di scultura sociale, che deve realizzarsi con la partecipazione di ognuno: ferro, legno, pietra, juta, piombo, lampadine, terriccio, chiodi, stoffe, slitte, telefoni, ma soprattutto grasso e feltro, rispettivamente conduttore e conservatore di calore, elementi di particolare valenza simbolica. Amato o denigrato, lo sciamano Beuys si è impegnato senza risparmiarsi nella costruzione di una nuova società, anche attraverso il diretto impegno politico come fondatore e attivista del partito ambientalista e ecologista dei Grünen, i Verdi tedeschi.
[5] L’avvocato Anastasi mi suggerisce che il termine shift (inglese: cambiamento, spostamento) è usato nel linguaggio del Diritto Collaborativo per indicare il mutamento di paradigma.
Paola Pallotta, “Arte e Diritto, la bellezza delle relazioni umane” in O. Anastasi IL DIVORZIO COLLABORATIVO, l’arte di separarsi con amore, 2014 © Riproduzione riservata