Olga

Scritti da Olga Anastasi

PRATICA COLLABORATIVA E BOTTEGA DEL TERZO SETTORE (VIDEO)

Buongiorno, sono Olga Anastasi, socio fondatore e membro del consiglio direttivo del Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa. L’Associazione, che non ha scopo di lucro, è costituita da avvocati negoziatori, mediatori, esperti finanziari, psicologi e terapeuti che si propongono di promuovere e diffondere la cultura della Pratica Collaborativa quale processo alternativo di risoluzione dei conflitti in ogni campo del diritto, con particolare riguardo ai conflitti familiari.

Il Gruppo opera organizzando l’approfondimento di questo metodo mediante gruppi di lavoro su base regionale o locale, al fine di favorire confronto e scambio di esperienze ed elaborazione di prassi condivise, organizzare incontri nazionali e internazionali, seminari, giornate di studio, conferenze, corsi di formazione di aggiornamento specialistico.

Siamo promotori di utilità e pace sociale e lavoriamo per l’associazione con azioni volontarie e gratuite, in interdisciplinarietà.

Troviamo in Bottega del Terzo Settore e nei suoi spazi la naturale collocazione per le nostre attività perché crediamo che attraverso lo sviluppo del no profit possiamo potenziare la rete di cui disponiamo e costruire più agevolmente il modello di benessere e di risposta ai bisogni sociali cui auspichiamo.

Grazie.

https://www.facebook.com/BottegadelTerzoSettore/videos/886743014847173/?hc_ref=ARSnxxsh5TulYa9LpBSw4P97Yv0Pn7Gv10DTjm6v5EjhOIwa4gmeXJ6D14PJQAEiVIc

 

GET YOUR PERSONAL DIVORCE MODEL CANVAS

You are living a divorce, you feel that you should improve your role in your family, you don’t know what to do with your difficulties in the relationships.

The urgency of some problems can be sometimes so overwhelming that it becomes almost impossible to take a broader view of things.

Build your Personal Divorce Model Canvas; through it you may become more able to see your own Big Picture, taking a few steps back and reminding yourself of what is truly important.

When the work is done keep your Personal Model Canvas in a place where you can refer to it regularly.

Let’s make it together!

IO SONO ROSE, E SOPRAVVIVERÒ

Capita ogni volta che mi trovo a parlare con i colleghi. Li ascolto e in silenzio mi interrogo: avrò sbagliato professione? Essere avvocato ha rappresentato la logica prosecuzione dei miei studi giuridici eppure, nella scelta, ha prevalso la sfida caratteriale: imporlo a me stessa come un’arte per vincere insicurezze e fragilità, affrontando l’agone giudiziario, aprendomi agli altri e difendendone le ragioni secondo i principi della Costituzione. Il titolo di questo capitolo cita l’esortazione che Rose, la protagonista del romanzo di Catherine Dunne, si ripete nel corso della vicenda che vive per superare l’improvvisa e drammatica fine del suo matrimonio.

I processi sono, per definizione, dei contenziosi in cui ognuna delle parti pretende qualcosa dall’altra e può diventare naturale che un avvocato mutui, dalla competitività e alterigia che occorre investire in un processo, l’atteggiamento consueto nelle relazioni col prossimo. L’altro diventa implicitamente un avversario e all’identità dell’avvocato sembra sempre intrinsecamente legata l’idea di contrapposizione. È l’aspetto che in prospettiva rende la professione di avvocato faticosa e spesso ingrata; un atteggiamento critico verso il metodo contenzioso tuttavia non impedisce che sovente, se si propone un’alternativa, la tendenza dei più sia reagire con diffidenza. C’è chi è attratto dalla curiosità e dalla novità, qualcuno se ne ritrae invece con scetticismo, soprattutto quando l’esigenza di rivalsa e il desiderio di riversare nel conflitto giudiziario le proprie frustrazioni sono superiori a qualsiasi altra considerazione.

Ho frequentato le aule dei tribunali per oltre venti anni con la sgradevole e mesta sensazione di sentirmi fuori posto. Ho ammirato il fulgore oratorio di taluni colleghi, come la capacità di proporre abili eccezioni preliminari; sono stata spesso a un passo dal decidere di abbandonare, dedicandomi ad altro. Ho assistito un numero imprecisato di donne che si rivolgevano al Telefono Donna e al Centro antiviolenza locale; ho sperimentato la mia naturale inclinazione ad accogliere e sostenere la sofferenza del prossimo presso il Tribunale minorile regionale, trasformando il peso di cui bambini e adolescenti erano onerati in richieste di tutela dei loro diritti. Proprio sui bambini e sulle donne, la cui posizione economica e sociale di solito è svantaggiata, ho constatato gli effetti nefasti che può provocare avvicinarsi ai conflitti familiari con il metodo contenzioso e con gli strumenti giudiziari abituali, che conducono al processo una patologia ormai conclamata della vicenda affettiva. Ho verificato personalmente quanto siano alti, inoltre, il rischio di essere assorbiti dal conflitto, la tendenza a riflettervi le proprie emozioni e reazioni, la difficoltà a rimanere distaccati, la propensione spontanea ad alimentare le ostilità suggerendo strategie sempre più invasive, tipiche di processi lunghi e combattivi. Mi sono compiaciuta, nel corso del tempo, di utilizzare istituti giuridici sofisticati che ponevano in difficoltà le controparti, dando sfoggio di quanto appreso attraverso lo studio, la formazione specialistica e, soprattutto, attraverso l’esperienza applicata.

Fino a quando l’infelicità, che a un certo momento ho avuto la percezione di procurare negli altri, mi ha bloccata. Si trattava di un’infelicità profonda, di un astio che a prima vista sembrava colpire solo le controparti che trasferivano su di me il loro rancore verso il proprio ex partner. In realtà era un sentimento che suscitavo progressivamente anche nel mio assistito il quale, dopo tante battaglie, aveva perso di vista gli obiettivi primari e finiva per detestare, oltre che il suo ex consorte, anche me, responsabile di aver suggerito strategie combattive che gli apparivano d’un tratto inutili o controproducenti. Senza trascurare che nelle vicende più aspre, condotte senza esclusione di colpi, i figli risentivano del clima avvelenato e subivano le conseguenze dell’animosità tra i genitori, facendo a loro volta fatica ad accettare l’idea della separazione.

Nel frattempo ho dovuto vivere la mia personale separazione, il fallimento del mio progetto di vita affettivo. Ho tentato il più tenacemente possibile di tenere fuori i figli dal conflitto, non sempre ci sono riuscita. Le emozioni che si imprimono nella memoria di un bambino ne fanno la storia. In ciascuno di noi sopravvive chi le ha suscitate, a ciascuno di noi è affidato il compito di farsi bambino e di perseguirle. Provare l’esperienza di decine di occasioni in cui avevo assistito donne e bambini in difficoltà e metterla insieme alle storie di incomprensioni, incomunicabilità, piccoli e grandi soprusi quotidiani che mi erano stati narrati negli anni dalle persone incontrate, ha reso decisivo il mio incontro con il Diritto Collaborativo. © Olga Anastasi, IL DIVORZIO COLLABORATIVO, Capponi Editore 2013

  • Il titolo cita l’esortazione che Rose, la protagonista del romanzo di Catherine Dunne, La metà di niente, Guanda, Parma 1998, ripete a se stessa per superare l’improvvisa e drammatica fine del suo matrimonio.

 

SIGNORI BAMBINI

Signori bambini, ho appreso da voi l’arte di pensare e imparare attraverso storie e immagini. Da avvocato per molti anni mi sono occupata di famiglie e bambini, ho ascoltato tanti racconti, vicende tristi o allegre, realmente accadute. Nel cercare la soluzione più adatta a ciascuna storia, ho letto le norme che si occupano delle persone e delle relazioni con uno sguardo che mi ha consentito di intravedervi tutta l’umanità di cui sono pervase.

Il termine avvocato deriva dal latino ad-vocatus e significa letteralmente chiamato a: è colui che è chiamato a parlare per conto di qualcun altro. Ogni qualvolta sono stata convocata a rappresentare chi, come i bambini, ha per strumenti espressivi primari i sogni fatti parole e le immagini che li animano, ho compreso quanto nel diritto sia presente l’uomo, nell’universalità delle manifestazioni della sua anima.

Il diritto serve a coordinare i rapporti umani, tuttavia non si riesce a unirli in modo coerente se non secondo quella giustizia universale e oggettiva che è dell’uomo in quanto animale sociale. L’amore è dappertutto, in tutte le cose umane, perché è attraverso l’amore che l’uomo riesce a conseguire ciò che è importante per sé e i suoi simili. Tutto questo si conquista innanzitutto con l’educazione e l’esempio che impartiscono i genitori.

Con il rispetto delle regole e dei doveri che implica vivere in società e con l’amore per la scuola, inoltre, si esercita il diritto-dovere, costituzionalmente garantito, a crescere istruiti, ottenendo di trasformare i pensieri in parole.

Elio e Sofia sono nati nella fantasia per permettervi di leggere le norme della Costituzione, del Codice Civile e delle Convenzioni internazionali sull’infanzia e sull’adolescenza in un sistema armonioso affinché diventiate cittadini consapevoli che i rapporti personali sono disciplinati dal diritto, nel quale troverete sempre umanità e amore.

Buona avventura.

Introduzione tratta da “Elio, Sofia e il diritto di famiglia” catalogo Sinnos Editrice 2010 © testo e immagini Olga Anastasi – Riproduzione riservata

WE CAN WORK IT OUT – DEAR FRIENDS IN COLLABORATIVE PRACTICE

A mediation and Collaborative training was held at University of Siena by Michele Guillaume – Hofburg and Ronald D. Ousky with the translation of Sihem Djebbi on May 24 and 25. Many lawyers and mediators have joined and been trained in Collaborative practice, unknown for most of them yet.

Still so long path for spreading Collaborative Law in Italy but we can work it out!

#ronousky #collaborativelaw #collaborativedivorce #collaborativepractice #divorziocollaborativo #praticacollaborativa #dirittocollaborativo #negoziazione #negotiation #mediazione #mediation #adr

 

19th ANNUAL NETWORKING AND EDUCATIONAL FORUM COLLABORATIVE CREATIVITY

19th Annual Networking and Educational Forum Collaborative Creativity

October 25–28, 2018

More than 450 lawyers, mental health professionals, financial professionals and other Collaborative practitioners from several countries are expected to attend the Forum at the Westin Seattle, Seattle, WA.

A variety of Sponsorship and Exhibitor opportunities are available.

COLLABORATIVE ACTORS STUDIO: “L’ADDIO” IS COMING #STAYTUNED

Dopo la felice esperienza della rappresentazione “A che gioco giochiamo? Simulazione e mediazione di un conflitto di coppia” con la quale esordì durante la Settimana della famiglia ad Ascoli Piceno nell’estate 2016, il Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa, insieme alla compagnia teatrale i Donattori, ci riprova.

Nella suggestiva cornice del Ristorante Il Portone a Piazza Ventidio Basso di Ascoli Piceno,  lo scorso 9 maggio, la sezione marchigiana dell’associazione ha gettato le basi per il nuovo spettacolo, diretto a coinvolgere la cittadinanza e a far conoscere il metodo a un pubblico di non professionisti. Il debutto previsto per i primi di ottobre a Offida, borgo medievale che vanta lo storico Teatro Serpente Aureo, ove gli attori Alessandra Lazzarini ed Emilio Iuliani si esibiranno insieme al gruppo di professionisti.

Da un’idea di Olga Anastasi, il testo de “L’addio” è di Alessandra Lazzarini, che sarà anche regista e protagonista. Nel cast di avvocati, psicologi e mediatori coinvolti come attori Olga Anastasi, Sarah Perrucci, Eleonora Giorgi, Amelia Laureti, Alisia Laudadio, Cinzia Valenti.

11 maggio 2018 © Riproduzione riservata

LA PENA APPLICABILE PER L’ART. 570 BIS CODICE PENALE

Il legislatore delegato non ha indicato in modo diretto la pena prevista per l’art. 570 bis codice penale, essendosi limitato al richiamo della sanzione applicabile per l’art. 570, secondo la tecnica normativa già impiegata nell’art. 12 sexies legge n. 898 del 1970.

Come noto, questa norma aveva determinato dubbi interpretativi, atteso che l’art. 570 prevede sanzioni differenziate al primo e al secondo comma, sicché non era chiaro quale dei due regimi fosse applicabile all’art. 12 sexies.

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto affermando che “nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12 sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 codice penale, deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione (Sezioni Unite, n. 23866 del 31.1.2013).

Tale conclusione è sicuramente applicabile anche al nuovo art. 570 bis codice penale, atteso che tale norma, avendo integralmente sostituito il previgente art. 12 sexies, ha conservato il medesimo trattamento sanzionatorio.

11 maggio 2018 © Riproduzione riservata

DREAMS WITHOUT GOALS ARE JUST DREAMS – LA PRATICA COLLABORATIVA ALL’UNIVERSITÀ DI SIENA

Eccellenza e modernità del Diritto Collaborativo e delle ADR nell’ateneo italiano che vanta otto secoli di storia. Sono felice e orgogliosa di annunciare l’evento che vedrà Ron Ousky relatore e ospite il 24 e 25 maggio all’università di Siena.

Grazie al Dipartimento di Giurisprudenza, alla professoressa Giuliana Romualdi e al nuovo direttivo del Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa che lo hanno reso possibile.

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AMMISSIBILE LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ

La domanda risarcitoria nel processo penale è motivata dal pregiudizio che la Parte Civile ha subito a causa del comportamento illegittimo dell’imputato, datore di lavoro, imprenditore, che ha commesso gravi “delitti contro la persona”, quali appunto i reati sessuali, oltre che le lesioni aggravate, abusando della sua posizione di autorità e “supremazia” ponendo in essere le condotte illecite in violazione degli articoli 81 cpv., 610 e 609 bis, 582, 585, 576 e 61 n. 2 codice penale.

Egli ha agito, infatti, sul luogo di lavoro e in qualità di datore di lavoro delle vittime, soggiogandole, “riducendole quasi in schiavitù”, stabilendo persino dei turni delle prestazioni sessuali, a cui le sue dipendenti dovevano sottoporsi, pena il licenziamento. Forte di essere “il padrone dell’azienda”, ha trasformato il luogo di lavoro in un vero e proprio calvario per le lavoratrici, che hanno subito non solo discriminazioni, ma turpi violenze di ogni sorta, sia fisiche che psicologiche.

Ebbene, tale comportamento criminoso ha danneggiato, in maniera diretta ed immediata, anche l’attuale Parte Civile. Più precisamente il Consigliere di Parità, che è un Pubblico Ufficiale nello svolgimento delle sue funzioni ed è nominato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, svolge importanti compiti e funzioni diretti a promuovere e a controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro, come è specificamente previsto dal D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196, recante la “Disciplina dell’attività delle consigliere e dei consiglieri di parità”.

Le consigliere e i consiglieri di parità intraprendono ogni utile iniziativa ai fini suddetti, svolgendo una serie di compiti di notevole rilevanza sociale, quali, in particolare, la rilevazione delle situazioni di squilibrio in genere, al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni di cui alla legge n. 125/1991; la promozione dell’attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro; la diffusione della conoscenza e dello scambio di buone prassi e attività di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazione.

Il Consigliere di Parità, dunque, svolge un rilevante ruolo di mediazione tra le lavoratrici e/o i lavoratori e i datori di lavoro, pubblici e privati, avendo, peraltro, l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria per i reati di cui è posto a conoscenza. Inoltre, l’attività di attuazione dei principi di uguaglianza, opportunità e non discriminazione, cui è preposto il Consigliere di Parità, richiede da parte di quest’ultimo una costante opera di informazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso veri e propri sportelli pubblici informativi, cui accedere in caso di difficoltà, per capire se si è oggetto di discriminazione ai sensi della L. 125/1991 e prevenire ogni tipo di violenza, che possa ledere l’integrità fisio-psichica della lavoratrice e del lavoratore. Tutto ciò, tenuto conto del particolare contesto territoriale, economico e sociale, in cui il Consigliere opera, e col quale vi è, di necessità, un collegamento diretto e concreto, come, evidentemente, nel caso di specie. A tal proposito si tenga conto del fatto che la libertà sessuale costituisce un fondamentale e inviolabile diritto della persona umana, non solo come diritto assoluto individuale, ma anche come interesse diffuso che è convertibile in interesse collettivo in favore di quegli enti che presentino uno stabile e preciso collegamento con una zona più o meno circoscritta, nella quale a seguito del verificarsi della concreta lesione, l’interesse medesimo si radica e si localizza territorialmente (criterio della cd. localizzazione territoriale). Alla luce di quanto sopra, è, dunque, evidente che il comportamento criminoso e discriminatorio dell’imputato abbia frustrato e leso in maniera grave proprio lo scopo perseguito dal consigliere di parità e la finalità primaria, cui, in base alla legge citata, è preposta la sua attività e la sua stessa esistenza, e cioè la promozione e l’attuazione dei principi di uguaglianza, opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro, principi, peraltro, costituzionalmente garantiti, e palesemente violati dal datore di lavoro per cui è processo.

La condotta delittuosa del datore di lavoro ha determinato un danno diretto ed immediato al Consigliere di Parità, proprio perché in contrasto con la finalità essenziale suindicata, la cui attuazione non è un mero interesse del Consigliere stesso, ma assurge al rango di un vero e proprio diritto soggettivo, e precisamente un diritto della personalità, riferendosi al patrimonio morale imprescindibile di tale soggetto, che esiste ed agisce proprio in virtù del perseguimento del ridetto scopo (in questo senso cfr. Cass. Pen., sez. III, 7 febbraio 2008 – 26 marzo 2008, n. 12738; Cass. Pen. , sez. V, 17 febbraio 2004 – 23 marzo 2004, n. 13989; Trib. Palermo, 11/1/2001).

Sentenza resa dal Tribunale di Ascoli Piceno il 3 novembre 2010

 

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