Olga

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NEGOZIAZIONE, ISTRUZIONI PER L’USO

Negoziazione, istruzioni per l’uso: comunicazione, tecniche e prassi, deontologia Firenze, 04 Luglio 2017 – Aula Fondazione Forense presso Tribunale di Firenze

SESSIONE MATTUTINA

Introduce e Modera

Avv. Rebecca Rigon

Co-responsabile del settore civile dell’UNCM

Ore 9.00 Accoglienza e Registrazione dei partecipanti

Ore 9.30 Indirizzi di Saluto

Avv. Sergio Paparo, Presidente Ordine Avvocati di Firenze

Avv. Rita Perchiazzi, Presidente UNCM

Avv. Maria Masi , Consigliere e coordinatore della Rete Famiglia CNF

Ore 10.00 Interventi programmati

“Risorse e criticità della negoziazione: prassi e protocolli per garantire l’efficacia e l’effettività dell’accordo” Avv. Elena Zazzeri, Presidente della Camera Minorile di Firenze, Consigliere Ordine Avvocati Firenze

“Non solo parole…: tecniche non verbali attive e passive in mediazione e conciliazione” Prof. Rodolfo de Bernart, medico psichiatra, psicoterapeuta, mediatore familiare, Direttore dell’Istituto di Terapia Familiare di Firenze

“Il ruolo e la condotta dell’avvocato nella negoziazione assistita” Avv. Maria Masi , Consigliere e coordinatore delle Rete Famiglia CNF

Ore 13.00 Chiusura dei lavori della mattina

 SESSIONE POMERIDIANA

LABORATORI TEMATICI PARALLELI

Ore 14.30 Accoglienza e registrazione dei partecipanti

Presentazione dei laboratori ed introduzione alla metodologia

Avv. Erminia Contini e Avv. Olga Anastasi

LABORATORIO TEMATICO 1

“Simulazione della procedura”

Prof. Rodolfo De Bernart, Avv. Monica Malafoglia, Avv. Olga Anastasi, Avv. Alessandra Hopps

  • la relazione con il cliente e con le parti: come presentare la negoziazione e come gestire i rapporti con il cliente e l’altro collega;
  • come affrontare gli incontri di negoziazione: simulazione di una negoziazione;

LABORATORIO TEMATICO 2

“Approfondimento della normativa e criticità”

Avv. Erminia Contini, Avv. Rebecca Rigon, Avv. Paola Lovati, Avv. Carlotta Barbetti

  • i limiti dell’autonomia privata: quale contenuto per validità, efficacia ed esecuzione dell’accordo;
  • La circolazione dell’accordo secondo Reg. 2201/2003 e l’ascolto del minore nella negoziazione assistita

Ore 17.00-17.30 Conclusioni

 COMITATO SCIENTIFICO: Avv. Rebecca Rigon, Avv. Elena Zazzeri, Avv. Erminia Contini,  Avv. Olga Anastasi.

 L’evento è in corso di accreditamento presso l’Ordine degli Avvocati di Firenze.

La partecipazione è gratuita, previa iscrizione tramite la piattaforma Sfera dell’Ordine degli Avvocati di Firenze – gli avvocati fuori foro procederanno alla previa registrazione alla piattaforma (come indicato nella pagina iniziale del sito sotto il tasto “accedi”) e poi all’iscrizione.

 

 

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SULLA NEGOZIAZIONE ASSISTITA

Sezione Settima Civile

Il Presidente,

vista la trasmissione del Pubblico Ministero dell’accordo in oggetto, raggiunto a seguito di negoziazione assistita conclusa dalle parti, ai sensi dell’art. 6 comma 2 L. n. 162/14; preso atto che il Pubblico Ministero ha rilevato che l’accordo non risulta rispondere all’interesse del figlio, maggiorenne ma non economicamente autonomo, giacchè non è previsto alcun contributo per il di lui mantenimento; premesso che alla luce della citata norma il Presidente, entro cinque giorni dalla intervenuta trasmissione, “fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo”, osserva quanto segue. La legge n. 162/14, titolata Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia civile ha, come è noto, introdotto la “Procedura di negoziazione assistita” per diverse ipotesi di controversie, ed in particolare per quanto qui interessa ha introdotto detta procedura al fine di una “soluzione consensuale” per la separazione personale, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio e la modifica delle condizioni di separazione o divorzio. All’art. 6 comma 2 della legge, si prevede che “l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita”, qualora si sia in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, “debba essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza”, mentre, nell’ipotesi in cui ritenga che l’accordo “non risponde all’interesse dei figli”, lo “trasmette , entro cinque cinque giorni, al presidente del tribunale che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo”.

Il comma in oggetto si conclude precisando che “All’accordo autorizzato si applica il comma 3”, vale a dire che esso tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che avrebbero –nel caso si fosse adito l’organo giudiziario‐ definito il procedimento, e che detto accordo deve essere trasmesso dall’avvocato (o, preferibilmente, dagli avvocati, giacchè a dispetto del tenore letterale della norma, la circolare n. 19 del 28.11.2014 del Ministero dell’Interno prevede che “L’Ufficiale dello Stato Civile dovrà ricevere da ciascuno degli avvocati l’accordo autorizzato”) in copia autenticata dallo stesso ed entro 10 giorni, all’ufficiale dello stato civile. Posto che il dettato normativo impone in termini inequivoci, nella ipotesi di mancata autorizzazione dell’accordo da parte del Pm, che quest’ultimo trasmetta detto accordo al Presidente del Tribunale il quale è tenuto a fissare “udienza di comparizione delle parti “ ed a “provvedere”, non pochi dubbi interpretativi sorgono tanto in relazione all’organo avanti al quale detta udienza deve essere fissata, quanto in riferimento alla locuzione “provvede”, sempre riferita al Presidente.

Invero detta disposizione non distingue, una volta intervenuta la trasmissione dell’accordo non autorizzato dal Pubblico ministero al Presidente, tra i diversi generi di accordo che possono essere conclusi a seguito di negoziazione assistita: vale a dire si tratti di soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’art. 3 primo comma numero 2) lettera b) L.n. 898/70 o ancora di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

È ben noto che la procedura, per le diverse fattispecie, non è identica né in punto organo competente né in punto iter: mentre infatti nel caso di separazione personale consensuale è prevista la comparizione personale delle parti avanti al Presidente, diversamente nelle ipotesi di domanda congiunta di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio nonchè di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio l’udienza di comparizione è fissata davanti al Tribunale in composizione collegiale. Va peraltro precisato che, in linea astratta, l’art. 6 comma 2 L. cit. non indica espressamente l’organo avanti al quale l’udienza deve essere fissata, giacchè si afferma solo che il Presidente “fissa…la comparizione delle parti” e peraltro immediatamente dopo aggiunge che lo stesso Presidente “provvede senza ritardo”.

Tuttavia, qualora si volesse affermare che il procedimento, a seguito della mancata autorizzazione del Pubblico ministero, venga per così dire “giurisdizionalizzato” di per sé id est si “tramuti” in un normale procedimento di separazione consensuale o ricorso congiunto per cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio, o ancora ricorso congiunto per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio‐ non si vede comunque come potrebbe ottenersi una pronuncia –decreto di omologa, sentenza di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio o ancora decreto ex art. 710 codice procedura civile ‐ laddove nessuna domanda sia stata formulata dalle parti, che avevano invece intrapreso la via della negoziazione assistita e concluso un accordo.

In altre parole, l’emissione di uno qualsiasi dei sopra citati provvedimenti risulterebbe resa in palese violazione anzitutto del generale “principio della domanda” ex artt. 99 CPC nonché della “corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” ex art. 112 cpc, ed ancora, con particolare riferimento alle specifiche fattispecie, del tenore degli artt. 711 e 710 CPC, nonché 4 comma 16 e 9

Legge 898/70, per i quali, evidentemente e nel rispetto di tali principi, sono previsti un atto introduttivo e l’impulso di parte. Se, al contrario, si ritenesse che la via della negoziazione assistita sia una fattispecie di nuova creazione “integralmente” alternativa al procedimento giurisdizionale, per le menzionate ragioni di assoluta incompatibilità con i principi processuali indicati, dovrebbe affermarsi che, essendo la via dell’autorizzazione dell’accordo (in aderenza all’ultimo periodo dell’art. 6 comma 2 Legge cita: “all’accordo autorizzato si applica il comma 3”) la sola percorribile, il significato da attribuirsi a quel “provvede” sia quello in base al quale il Presidente, convocate le parti, inviti le stessa ad adeguarsi ai rilievi del Pubblico Ministero, e, nel caso di disponibilità in tal senso, autorizzi egli stesso.

Siffatta interpretazione è corroborata dal dato letterale, in quanto la locuzione “provvede” è di ampia portata, e dal rilievo che il Pubblico Ministero ha già formulato il proprio parere sul punto – ritenendo “non autorizzabile” l’accordo per specifiche ragioni da egli stesso indicate, ovviando alle quali l’accordo deve ritenersi , al contrario, autorizzabile.

Qualora peraltro le parti o non intendano aderire pienamente ai rilievi del Pubblico Ministero, o, in conseguenza di detti rilievi, intendano apportare modifiche importanti alle condizioni dell’accordo, è da chiedersi quali conseguenze debbano trarsi, e quale sia la soluzione più consona e ragionevole.

Anzitutto, pare ovvio ritenere che laddove le parti meramente non intendano adeguarsi ai citati rilievi, il Presidente debba limitarsi ad un “non autorizza”, giacchè come detto nessuna “conversione” in altro genere di procedimento risulta ammissibile.

Diversa è l’ipotesi in cui le parti, proprio a seguito di detti rilievi, manifestino la volontà di modificare significativamente l’accordo raggiunto: sostenere, che, se dette modifiche ulteriori e rilevanti appaiano corrette al Presidente, questi possa procedere de plano all’autorizzazione non sembra un’interpretazione corretta.

Invero, su detto “nuovo accordo” modificato in sede di udienza presidenziale difetterà il parere del Pubblico Ministero, e ciò appare in contrasto tanto con la normativa generale ‐ che prevede l’intervento del PM anteriormente al decreto di omologa, o alla sentenza di divorzio congiunto, o ai decreti di modifica ex art. 710 cpc o ex art. 9 L. div, sulle condizioni già esaminate dall’organo giudicante ‐ quanto con la nuova normativa ex DL n. 132/14 convertito con modificazioni dalla L. n. 162/14, che, indubitabilmente vede, quali protagonisti principali della negoziazione assistita e dell’accordo, i legali delle parti ed il Pubblico Ministero.

Pare, per contro, soluzione eccessiva e troppo macchinosa – seppur in astratto aderente all’impostazione del nuovo istituto, che vede il PM quale soggetto “autorizzante”‐ ritenere che l’accordo modificato in maniera significativa in sede di udienza presidenziale debba tornare al Pubblico Ministero per una nuova autorizzazione: il rischio del dilatarsi della tempistica con conseguente svuotamento dei fini cui mira l’istituto di nuova creazione impone la necessità di individuare una diversa soluzione.

Dunque una diversa via, che questo Presidente ritiene utilizzabile, nel rispetto del principio di economia processuale – ratio sottostante, in senso lato, l’emanazione della nuova normativa ‐ è quella secondo cui, trasmesso l’accordo (non autorizzato) dal Procuratore della Repubblica, il Presidente fissi udienza, consentendo peraltro alle parti – qualora ritengano di non aderire pienamente ai rilievi effettuati dal PM unitamente al rigetto della autorizzazione o, in conseguenza di essi, intendano apportare significative modifiche alle clausole dell’accordo ‐ di depositare in tempo utile ricorso per separazione consensuale ovvero ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, o ancora per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

Così procedendo, qualora le parti non depositino alcun ricorso e, comparendo avanti al Presidente, dichiarino di aderire pienamente ai rilievi effettuati dal Pubblico Ministero, l’accordo potrà esser autorizzato dal Presidente (di conseguenza restando nell’alveo della “degiurisdizionalizzazione” di cui alla Legge n. 162/14): la locuzione “provvede” è infatti, come detto, di ampia portata onde consente una interpretazione siffatta e, d’altronde, su detto accordo il Pubblico Ministero ha espresso il proprio parere, individuando in precisi elementi le ragioni ostative alla autorizzazione.

Qualora invece le parti depositino un ricorso ex art. 711 CPC, ovvero ex art. 4 comma 16 L. div. o ancora ex art. 710 CPC, l’ “accordo” raggiunto a seguito di negoziazione assistita dovrà intendersi implicitamente rinunciato (vale a dire che nessuno comparirà all’ udienza, ovvero, alla stessa, le parti dichiareranno di rinunziarvi espressamente) e il relativo fascicolo sarà archiviato a seguito di una pronuncia di “non luogo a provvedere”, mentre un nuovo procedimento, “giurisdizionale”, con le relative domande e regolarmente iscritto al ruolo con nuovo fascicolo consentirà o la fissazione di udienza davanti al Collegio se si tratti di divorzio o procedimento ex art. 710 CPC o art. 9 L. div. ‐ con successiva emissione di una pronuncia da parte di detto organo giudicante ovvero, qualora si tratti di ricorso per separazione personale, che, all’udienza fissata avanti al Presidente ex art. 6 DL n. 132/14 convertito con modificazioni dalla L. n. 162/14, si proceda tanto alla archiviazione dell’accordo quanto, allo svolgimento di udienza ex art. 711 CPC che verrà fissata alla stessa data e stessa ora sulla base del ricorso già presentato .

In tali ipotesi, come corretto, verrà seguita la normale procedura e richiesto il parere obbligatorio del Pubblico Ministero. Infine, evidentemente, qualora le parti non compaiano pur non depositando alcun ricorso, la procedura di negoziazione assistita dovrà intendersi ancora implicitamente rinunciata e dovrà essere archiviata con pronuncia di non luogo a provvedere.

Detta interpretazione della nuova normativa, che si traduce quindi nella fissazione di udienza avanti al Presidente con invito alle parti, qualora non ritengano di aderire pienamente ai rilievi effettuati dal Pubblico Ministero, ma intendano procedere –magari proprio in conseguenza a detti rilievi ‐ ad ulteriori modifiche delle condizioni contenute nell’accordo, a depositare ricorso ad hoc –con esplicita od implicita rinuncia alla via della negoziazione assistita ‐ appare soluzione rispettosa tanto del principio di economia processuale ‐ in senso ampio, id est anche affinchè non venga del tutto vanificata l’opera prestata dai legali sino a quel momento per una soluzione rapida e consensuale della crisi familiare ‐ quanto dei principi vigenti in materia processuale (e, ad oggi, nel settore del diritto di famiglia) che impongono sia la necessità di una domanda delle parti per l’emissione di qualsivoglia provvedimento da parte dell’organo giudicante, sia che il Pubblico Ministero esprima sempre il proprio parere sulle condizioni che regoleranno i rapporti tra le parti, massime qualora dette condizioni riguardino figli minori, maggiorenni non economicamente autonomi o portatori di handicap. Nel caso di specie, pertanto, che concerne un accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita in riferimento a separazione personale dei coniugi, si provvede di conseguenza in dispositivo.

PQM

Il Presidente, FISSA udienza avanti sé ex art. art. 6 DL n. 132/14 convertito con modificazioni dalla L. n. 162/14, all’ 11 febbraio 2015 ore 12, INVITA le parti ed i rispettivi legali, qualora non aderiscano in toto ai rilievi effettuati dal Pubblico Ministero in riferimento all’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita, a depositare, nei 10 giorni prima della udienza, ricorso sottoscritto da entrambe le parti ai sensi dell’art. 711 CPC. Torino, 15 gennaio 2015

Il Presidente Michela Tamagnone

LA PRATICA COLLABORATIVA CONTEMPLATA ANCHE ALL’OCF DI MILANO

La pratica Collaborativa contemplata anche nel regolamento dell’Organismo di Conciliazione Forense di Milano (OCF) per le controversie familiari.

ART. 6 La Pratica Collaborativa è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie famigliari, che prevede la partecipazione attiva di entrambe le parti, ciascuna assistita da un proprio avvocato, e di eventuali altri professionisti (commercialisti, psicologi, mediatori). Tutti i professionisti che partecipano alla pratica collaborativa devono aver ricevuto una formazione specifica, secondo gli standard stabiliti dall’organizzazione internazionale IACP (International Academy of Collaborative Professionals), che riunisce tutti i professionisti collaborativi.

L’Organismo fornirà alle parti che ad esso si rivolgono tutte le informazioni necessarie perconoscere la pratica collaborativa, consegnando a chi ne facesse richiesta anche del materiale descrittivo e i nominativi degli avvocati formati alla pratica collaborativa stessa.

Presso gli spazi dell’Organismo sarà inoltre possibile svolgere sia un primo colloquio conoscitivo con un avvocato formato alla pratica collaborativa sia, qualora le parti e i rispettivi avvocati ne facciano congiuntamente richiesta, l’intero percorso. In quest’ultimo caso, saranno dovute all’Organismo le spese di avvio previste all’art. 7, mentre le parti concorderanno con gli avvocati incaricati il compenso per l’attività dagli stessi prestata.

 

VADEMECUM SULLA NEGOZIAZIONE (estratto)

VADEMECUM SULLA NEGOZIAZIONE OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA CIVILE DI MILANO […estratto] Focus di negoziazione in materia di famiglia, a cura di Debora Ravenna GMN Milano.

3.10.1. La negoziazione assistita e la pratica collaborativa nel diritto di famiglia.

I coniugi possono scegliere la procedura di negoziazione assistita – da almeno un avvocato per parte- al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’art. 3, 1^ comma, n. 2), lett b), della L. n. 898/1970, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Si segnala l’ordinanza in data 25 marzo 2016 del Procuratore della Repubblica Agg. (Bernardo Petralia) di Palermo che ha dichiarato inammissibile la richiesta di autorizzazione perché uno dei coniugi era avvocato e si difendeva in proprio. Il P.M. ha stabilito che entrambe le parti devono essere assistite da un avvocato ed ha indicato esaustivamente i motivi per cui nella procedura di negoziazione assistita in materia di famiglia non è possibile l’assistenza in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c.

L’accordo raggiunto dalle parti con l’assistenza dei propri avvocati produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di divorzio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Gli avvocati certificano l’autografia delle firme e devono trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia autentica dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’art 69, c 1, lett. D-bis) del DPR 396/2000. In caso di violazione è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria. L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di divorzio e di modifica delle relative condizioni. È talmente innovativa e importante tale procedura che è stata definita “giurisdizione forense”.

La procedura si articola in queste fasi:

INFORMATIVA

INVITO

CONVENZIONE DI NEGOZIAZIONE

NEGOZIAZIONE/TRATTATIVA

ACCORDO/VERBALE DI MANCATO ACCORDO

INFORMATIVA È dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell’incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita e, nelle materie che riguardano i rapporti di famiglia, della possibilità di esperire la mediazione familiare; inoltre gli avvocati devono informare le parti dell’importanza per i minori di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori.

INVITO Nella materia della famiglia non è espressamente previsto l’invito all’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, previsto invece, dall’art. 3 DL n. 132/2014, per le materie per le quali la negoziazione è condizione di procedibilità.

CONVENZIONE DI NEGOZIAZIONE Requisiti:

-forma scritta – il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura (non inferiore ad un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti); – l’oggetto della controversia, – l’indicazione dei legali e del mandato – firma delle parti autenticata dagli avvocati – impegno alla riservatezza

Requisiti ulteriori: – metodologia, ad es. invio in mediazione per risolvere parte dei problemi, utilizzo della “pratica collaborativa” se entrambi i legali sono formati, collaborazione con altri professionisti (commercialista, tributarista…) – calendario degli incontri e degli argomenti da trattare – modalità di esibizione/scambio della documentazione

NEGOZIAZIONE La legge prevede che gli avvocati tentino di conciliare le parti, se non vi riescono avviano la negoziazione vera e propria. Diventano protagoniste le parti che, assistite dai propri avvocati, negoziano i termini dell’accordo, in particolare individuano le condizioni che poi verranno trasfuse nell’accordo. Se non raggiungono un risultato positivo, gli avvocati stilano un verbale di mancato accordo.

L’ACCORDO/VERBALE NEGATIVO L’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione/divorzio modifica delle condizioni.

Contenuto: – esplicitare che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti, le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e dell’importanza per i minori di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori; – inserire tutte le condizioni della separazione/divorzio/modifica, ad es: indicare il tipo di affidamento ed il collocamento dei figli (se minori o con handicap) e l’assegnazione dell’abitazione coniugale e dei beni in essa contenuti, nonché regolamentare l’uso di eventuali altri beni immobili (seconde case) e mobili (autovetture/barche…); – indicare i tempi di frequentazione dei figli con il genitore non collocatario; – an e quantum del mantenimento (assegno e spese straordinarie) per il coniuge e per i figli; – sottoscrizione delle parti, autenticazione degli avvocati; – dichiarazione degli avvocati che l’accordo non viola diritti indisponibili e non è contrario a norme di ordine pubblico (art. 5 l. 162/2014).

L’accordo e la documentazione richiesta va trasmessa al Pubblico ministero entro dieci giorni dalla firma per il «nulla osta» se non ci sono figli (controllo solo formale), in presenza di figli l’accordo raggiunto deve essere trasmesso entro dieci giorni al procuratore della repubblica che, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli lo autorizza. In caso contrario lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del Tribunale che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. Per la procedura di negoziazione assistita, a differenza della pratica collaborativa, non è richiesta una specifica formazione per gli avvocati. Questo è un punto critico perché in una materia delicata e complessa come il diritto di famiglia, è assolutamente necessario che la negoziazione sia gestita da professionisti specializzati.

Un accenno alla pratica collaborativa

La pratica collaborativa ha origine negli Stati Uniti, nel 1990, su iniziativa dell’avvocato Stuart G. Webb, che ha creato un metodo per la soluzione delle controversie basato sulla possibilità che gli avvocati risolvano i conflitti in maniera creativa e partecipativa. Si è poi estesa al Canada, all’Europa e, dal 2010, all’Italia. Si tratta di un processo di negoziazione stragiudiziale che coinvolge le parti in maniera diretta nelle trattative, assistite dagli avvocati ed eventualmente da altri professionisti (esperto dell’infanzia, facilitatore, commercialista, consulente del lavoro) con la finalità di trovare un accordo.

Tutti i componenti del team devono essere formati alla pratica collaborativa, perché adottano la stessa metodologia di lavoro, ogni riunione si svolge alla presenza delle parti e dei rispettivi professionisti, ogni aspetto viene trattato congiuntamente, in trasparenza e collaborazione, viene sottoscritto un impegno alla riservatezza; se le parti non forniscono informazioni complete e sincere viene interrotta la procedura. Non è una procedura adatta a tutti i casi, in particolare, perché si possa utilizzare i coniugi non devono essere affetti da problemi di salute mentale o essere dipendenti da sostanze, né devono esservi state nella coppia violenza fisica o abuso emotivo.

La lettera di incarico costituisce un vero e proprio contratto in cui vengono specificate le tappe del procedimento, le norme comportamentali, la possibilità di interrompere in qualsiasi momento la procedura, la quantificazione degli onorari dovuti al legale. Nel caso in cui la pratica collaborativa non dovesse avere esito positivo gli avvocati che hanno partecipato alla procedura devono rinunciare al mandato e non possono assistere i clienti nell’eventuale successivo giudizio contenzioso.

Un volta raggiunto l’accordo viene trasfuso in un ricorso congiunto che viene depositato avanti il Tribunale e segue la normale prassi procedurale. Con l’entrata in vigore della legge del 10 novembre 2014, n. 162 le parti possono strutturare il procedimento collaborativo come negoziazione assistita, in questo caso nella convenzione dovranno richiamare i principi della pratica collaborativa ed entrambi i legali dovranno essere formati. L’accordo raggiunto produrrà gli effetti e terrà luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1 art. 6 legge162/2014, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

 

SEPARAZIONE CONSENSUALE E NEGOZIAZIONE ASSISTITA (segue)

Gli avvocati devono certificare l’autenticità delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Se in virtù dell’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, previsti dall’art. 2643 del Codice civile, la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale per procedere all’adempimento presso i pubblici registri. Nel caso di mancato rispetto delle pattuizioni e di necessità di ricorrere al processo esecutivo l’accordo deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile. L’art. 6 del Decreto Legge n. 134 regola la convenzione di negoziazione assistita da uno o piú avvocati con la quale i coniugi possono raggiungere una soluzione consensuale di separazione, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nel testo del decreto legge erano escluse le separazioni e i divorzi di coppie con figli minorenni. Nella Legge di conversione n. 162 del 10 novembre 2014 si è allargato il raggio di applicabilità e, in accoglimento di emendamenti proposti dalle associazioni specialistiche, si è tenuto conto dell’obbligatorietà della presenza del Pubblico Ministero nella materia matrimoniale e nelle cause che coinvolgono figli minorenni.

Pertanto in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nulla osta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. Tale disciplina costituisce un importante passo avanti verso la diffusione della filosofia Collaborativa; per l’affermazione di una giustizia child friendly e rispettosa dei diritti delle persone e delle relazioni familiari sarà tuttavia fondamentale che nel prosieguo si affermino in materia i requisiti della specializzazione dei professionisti e della multidisciplinarietà nel processo di negoziazione, aspetti entrambi trascurati nel testo approvato.

L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i processi di separazione, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento, di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti, le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare (il tentativo di conciliazione è infatti obbligatorio nell’ordinario procedimento giudiziale) e dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L’avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’Ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu trascritto, copia dell’accordo autenticata dallo stesso. All’avvocato che viola questo obbligo è applicabile una grave sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000. La Legge n. 162 introduce inoltre una procedura di richiesta congiunta per separazione consensuale, cessazione degli effetti civili del matrimonio o modifica delle condizioni che, nella ratio, vuole ulteriormente alleggerire il carico della giurisdizione, demandando al Sindaco la ratificazione di un accordo tra le parti (art. 12). La sostanziale sottrazione all’Avvocatura del precipuo compito di tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della giurisdizione che si attua per effetto di questa norma rende auspicabile che la sua non applicabilità a coppie con figli minori, figli maggiorenni incapaci, figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, figli maggiorenni portatori di handicap grave, insieme al divieto che l’accordo contenga patti di trasferimento patrimoniale, ne limitino di fatto la capillarizzazione.

La definizione diffusa di “divorzio facile” attribuita a tale procedura, infatti, nella quale il ricorso all’ausilio degli avvocati è solo facoltativo, trascura i delicati aspetti emotivi e giuridici che le coppie, da sole, non sono sempre in grado di considerare, espone il coniuge più debole alle manipolazioni del più forte, e aumenta il rischio di accordi frettolosi suscettibili di generare un contenzioso superiore a quello che si intende evitare.

L’ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione di volontà, l’atto contenente l’accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo la ricezione delle dichiarazioni da parte dei coniugi e ha identico valore ed efficacia dei provvedimenti giudiziali che definiscono le cause di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili del matrimonio o modifica. Nei soli casi di separazione personale, ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio secondo condizioni concordate, l’ufficiale dello stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo anche ai fini degli adempimenti di cui al comma 5. La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.

cfr. Decreto Legge n. 132 del 12 settembre 2014 convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10.11.2014

http://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/200991/D.L.+n.+132-2014

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SEPARAZIONE CONSENSUALE E NEGOZIAZIONE ASSISTITA

Scegliere di arrivare all’accordo per una separazione consensuale può apparire privo diconflittualità. Di certo i tempi sono inferiori, mentre per definire una causa giudiziale possono impiegarsi anni, oltre a costi di causa elevati e a un enorme dispendio di energie e di coinvolgimento emotivo. Pervenire a condizioni condivise che dovranno regolare il futuro non esclude il dolore e le difficoltà nella costruzione di un nuovo progetto di vita. In questo caso tuttavia alla coppia sarebbe richiesto di indirizzare le forze verso obiettivi comuni, limitando posizioni antagoniste con un atteggiamento di apertura a soluzioni per questioni riguardanti gli obblighi che residuano dal matrimonio e che non cessano con la separazione.

Le questioni che si modificano per effetto di una separazione consensuale possono riguardare le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, l’affidamento dei figli, il loro mantenimento, il mantenimento del coniuge economicamente più debole o il suo diritto alimentare, l’assegnazione della casa familiare, il regime patrimoniale (comunione o separazione) e la divisione dei beni acquistati durante il matrimonio, oltre ai diritti successori. I rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, e tra genitori e figli, si modificano per effetto della separazione e il modo in cui si decide di regolamentarli si riflette inevitabilmente sulla vita futura della famiglia.

Dal 1970 e per oltre quaranta anni separazioni e divorzi consensuali in Italia si sono ottenuti esclusivamente attraverso il deposito di un ricorso in tribunale a cui segue una udienza nella quale la coppia compare davanti al Presidente per sottoscrivere l’accordo già raggiunto. A conclusione il tribunale emana un provvedimento di approvazione definito decreto di omologazione, dopo un’udienza nella quale il giudice esperisce un tentativo di conciliazione e riceve la conferma dai coniugi sull’irrevocabilità della decisione.

Il Decreto Legge n. 134 del 12 settembre 2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014, haintrodotto nel sistema italiano la convenzione di negoziazione assistita da avvocati che, sebbene auspicata, intervenendo con lo strumento dell’atto normativo provvisorio emanato dal Governo, difetta di un disegno organico che nella materia delle persone e delle relazioni familiari dovrebbe invece ispirarsi a principi irrinunciabili di unitarietà, specializzazione, multidisciplinarietà e formazione.

La legge di conversione, a cui va riconosciuto il tentativo concreto di sottolineare il ruolo di pacificazione sociale che l’avvocatura può svolgere, ha solo in parte recepito gli emendamenti proposti dalle associazioni specialistiche e non ha previsto la negoziazione per l’affidamento di figli nati fuori del matrimonio. Discriminazione ingiustificata visto che la negoziazione è prevista in tutti gli altri casi, la competenza a decidere sulle azioni di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio (art. 316 Codice civile) oggi è comunque del Tribunale ordinario senza previsione di peculiare specializzazione dell’organo, la parificazione dei figli è stata più volte pronunciata anche dal Legislatore almeno sul piano formale.

Nel Capo II del Decreto, intitolato “Procedura di negoziazione assistita da avvocati”, all’art. 2 si definisce la convenzione di negoziazione assistita come l’“accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96”. La convenzione deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità ed è valida solo se conclusa con l’assistenza di un avvocato per parte.

Come nell’etica Collaborativa si specifica che le parti debbano avere tassativamente ciascuna un proprio avvocato, garanzia di fiducia e credibilità del professionista nella negoziazione. Va esperito un previo tentativo di conciliazione che, per la delicatezza dei temi trattati in materia di famiglia e minorenni, non costituisce oggetto di improcedibilità, né si applicano le sanzioni di cui all’art. 4 nel caso di mancata risposta o rifiuto dell’invito a stipulare la convenzione.

La parte che intende promuovere l’azione, tramite il suo avvocato, invita la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L’invito a formalizzare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e avvisare la controparte che, entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito può aderire o meno all’invito oppure rifiutarlo addirittura. L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo ed è valido per iscrivere ipoteca giudiziale.

cfr. Decreto Legge n. 132 del 12 settembre 2014 convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre 2014 http://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/200991/D.L.+n.+132-2014

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NEGOZIAZIONE E PRATICA COLLABORATIVA

La teoria della “negoziazione oggettiva” è nata dalle ricerche di alcuni studiosi dell’Università di Harvard alla fine del 1990. Efficace anche nei grandi conflitti, consiste nell’affrontare e risolvere le controversie in base al contenuto oggettivo, piuttosto che con un processo di contrattazione. Secondo questa tecnica si deve puntare il più possibile al vantaggio reciproco e, laddove gli interessi delle due parti siano in contraddizione, insistere affinché il risultato scaturisca da principi indipendenti dalla volontà delle parti.

I principi basilari di una trattativa di successo secondo la teoria di Harvard sono quattro: a) le parti devono scindere le persone dai problemi; b) ciò che conta sono i bisogni, non le pretese; c) occorre formulare, sia individualmente che con la controparte, alternative valide per entrambi; d) le parti devono accordarsi su criteri oggettivi con i quali misurare il risultato del negoziato.

Gli individui infatti, nell’atto del comunicare, subiscono una trasformazione vicendevole e se la relazione viene improntata alla logica dell’incontro piuttosto che dello scontro, al dialogo piuttosto che alla disputa, il modello di comportamento si rivela efficace. Ciascuno di noi possiede la propria rappresentazione della realtà. La realtà oggettiva e la rappresentazione soggettiva di essa si integrano per creare il reale nel suo complesso: “un’immagine del mondo rappresenta dunque la sintesi più globale e complessa delle miriadi di esperienze, influenze esercitate da altri e di ciò che ne deriva, cioè le interpretazioni […]. Nel senso più vero e immediato essa è il risultato della comunicazione.” Illuminanti a questo proposito sono un aforisma di Epitteto “Non le cose stesse ci disturbano, bensì le opinioni che noi abbiamo delle cose”, sia un passaggio dell’Amleto di William Shakespeare “In sé nessuna cosa è né buona né cattiva; solo il pensiero la fa diventare tale.”

Il successo del metodo della negoziazione attraverso la Pratica Collaborativa è determinato quindi dalle tecniche di comunicazione utilizzate, con cui si impara a mettersi nella prospettiva dell’altro con tolleranza e rispetto. Guardare le situazioni da punti di vista diversi allena all’elasticità mentale, insegna ad assumere un atteggiamento disponibile ed educa al controllo delle reazioni impulsive. Impiegare un linguaggio basato sul dialogo strategico e su immagini evocative migliora se stessi e le relazioni, oltre ad alimentare la creatività nel trovare soluzioni nuove o inattese.

cfr. Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento, Feltrinelli, Milano 2009; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008 Roger Fisher, William Ury, Bruce Putton, Getting to Yes: Negotiating Agreement Without Giving In, Penguin Books, New York 1991.

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I MET OLGA ANASTASI IN 2010, by Ronald D. Ousky

I met Olga Anastasi in 2010, when I was invited to come to Rome to assist in training Italian Attorneys and other professionals about Collaborative Divorce. I was eager to teach this method to them so that Italian people could achieve the great benefits that Collaborative Divorce had brought so many American families. To assist in the training, I provided all of the professionals with a copy of The Collaborative Way to Divorce, the Revolutionary Method That Results in Less Stress, Lower Costs and Happier Kids -Without Going to Court the book I wrote, along with Stu Webb, the founder of Collaborative Law, in 2005. The book has helped many Americans learn about the Collaborative Method and I had hoped it would help my Italian colleagues and their clients as well. Mrs. Anastasi was one of the participants in that first training and was eager to learn how to get Collaborative Divorce started in Italy.

After the training, Mrs. Anastasi agreed to translate our book into Italian so that the book could be published in Italy and make more accessible to Italians wanting to learn about the Collaborative Method. After the translation of our book was completed, it became clear that a translation of our book, while helpful may not be enough to bring Collaborative Divorce to Italy. Italians did not need a translation of an American book; they needed an Italian book on Collaborative Divorce, written by an Italian attorney and author who understood the benefits of this method and who could properly explain it to the Italian people. It was clear from my meetings with Mrs. Anastasi that she had both the enthusiasm and capacity to write such a book, based upon what she had learned from our book and the trainings, as well as her extensive experience as an Italian divorce lawyer.[…] Mrs. Anastasi has captured the universal spirit that is universal to all nations while explaining the specific laws and procedures that apply specifically to the people of Italy. In my communications about Collaborative Divorce with people from all over the world, I have observed how each country and culture brings their own flavour and challenges to divorce law in general, and to Collaborative Divorce in particular. At the same time, I am struck by the many similarities in the way that divorce impacts families all over the world and by the universal human principles that make the Collaborative way to Divorce valuable in a wide range of countries. Millions of people all over the world experience divorce and separation. In all cultures and nations, divorce often brings great pain and a flooding of emotions that make resolution of conflict difficult. In all countries, children are the primary victims of the conflict from divorce. In all countries, the legal system is ill equipped to adequately address the sensitive parenting, communication and economic issues presented by divorce. Therefore, they need for an alternative; a Collaborative alternative is as vital in Italy as anywhere else in the world. I am grateful that Mrs. Anastasi has created a book that will help Collaborative Divorce become available throughout Italy. While there are many outstanding Italian professionals who have been trained in the Collaborative method, the Italian public remains largely unaware of this important alternative. This book will be a major step in raising awareness throughout Italy and in helping Italians understand that there is another way to resolve divorce issues. The people of Italy, like people all over the world, want to find a better way to resolve difficult divorce issues. The time has arrived for Italians to reap the many benefits of Collaborative Divorce. This book can be a crucial tool in helping Italian families find a better way.

Ronald D. Ousky  http://www.ousky.com

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HO CONOSCIUTO OLGA ANASTASI NEL 2010, Ronald D. Ousky

Ho conosciuto Olga Anastasi nel 2010, quando fui invitato a Roma per formare gli avvocati italiani e altri professionisti al metodo del Divorzio Collaborativo. Non vedevo l’ora di insegnarlo affinché gli italiani potessero beneficiarne, come era avvenuto per molte famiglie americane.

Come ausilio allo studio, consegnai a tutti i professionisti una copia de Il Divorzio Collaborativo. Il metodo rivoluzionario che comporta meno stress, minori costi e bambini più felici senza andare in tribunale, il libro che ho scritto nel 2005 con Stuart G. Webb, ideatore del Diritto Collaborativo. Il libro ha aiutato molti americani ad imparare il Metodo Collaborativo e speravo sarebbe stato utile anche ai miei colleghi italiani e ai loro assistiti.

Olga Anastasi era una delle partecipanti a questo primo corso e aveva una gran voglia di capire come introdurre il Divorzio Collaborativo in Italia. Concluso il corso, accettò di tradurre il nostro libro per pubblicarlo in Italia. Ultimato il lavoro di traduzione, ci rendemmo conto che in Italia non c’era bisogno della traduzione di un libro americano sul Metodo Collaborativo, ma di un testo scritto da un avvocato italiano che ne comprendesse i benefici e potesse spiegarli in modo appropriato. Fu subito chiaro dalle nostre conversazioni che Olga Anastasi aveva l’entusiasmo e le capacità per scriverlo, sulla base di ciò che aveva imparato dal nostro libro, dal corso di formazione e dalla sua grande esperienza di avvocato divorzista. Il risultato è questo libro meraviglioso in cui Olga Anastasi illustra il Metodo Collaborativo e ne coglie lo spirito universale comune a tutte le nazioni, e spiega le leggi e le procedure specifiche che si applicano in Italia in caso di divorzio.

Nella corrispondenza con persone di tutto il mondo, ho osservato come ogni paese e ogni cultura arricchiscano con diverse interpretazioni la normativa inerente il divorzio in generale e il Divorzio Collaborativo in particolare. Allo stesso tempo, mi colpisce constatare come se da una parte il divorzio crea il medesimo impatto sulle famiglie di qualsiasi latitudine, dall’altra, grazie all’universalità dei principi umani che lo ispirano, il Divorzio Collaborativo si rivela un metodo valido in generale. Milioni di persone si separano e divorziano. In tutte le culture e in tutte le nazioni il divorzio comporta grandi sofferenze e forti emozioni che rendono difficile la risoluzione dei conflitti. In tutti i paesi i figli sono le prime vittime del conflitto che ne deriva. In tutti i paesi il sistema legislativo non è adeguato ad affrontare i delicati problemi economici, di genitorialità e di comunicazione che il divorzio comporta. Di qui l’esigenza di un’alternativa: il Metodo Collaborativo è essenziale in Italia così come in ogni altra parte del mondo.

Sono grato ad Olga Anastasi per aver scritto un libro che aiuterà a diffondere il Divorzio Collaborativo in Italia, Paese in cui molti professionisti hanno acquisito la formazione necessaria, ma le persone comuni ne ignorano quasi totalmente l’esistenza. Questo libro rappresenta un importante contributo per la diffusione del Metodo in Italia e per aiutare le persone a capire che esiste un modo nuovo e migliore per risolvere le difficoltà legate al divorzio. I tempi sono maturi perché anche in Italia si usufruisca dei benefici del Divorzio Collaborativo e il libro di Olga Anastasi è lo strumento fondamentale perché ciò accada.

Ronald D. Ousky http://www.ousky.com

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ESSERE OGGI AVVOCATO IN UN PROCEDIMENTO DI FAMIGLIA di Paola Lovati

Essere oggi avvocato in un procedimento di famiglia vuol dire assumere un mandato particolare, che comporta gestire con i propri clienti situazioni ad alto grado di complessità e pressione emotiva. Coloro che si rivolgono all’avvocato esperto in diritto di famiglia si trovano infatti ad affrontare scelte rese difficili dalla crisi che stanno vivendo e chiedono al professionista di assumere deleghe relative a questioni delicate, attinenti la propria sfera privata.

La complessità della materia, ancor più faticosa per la molteplicità delle nuove forme di relazioni familiari che si stanno sempre più diffondendo, e per l’alto contenuto degli interessi coinvolti, comporta necessariamente che l’avvocato di famiglia e minorile debba avere una formazione permanente estesa anche ad altre discipline, quali la psicologia, la pedagogia, la sociologia, la criminologia, le tecniche di mediazione. […] Nei procedimenti in cui sono coinvolti minori e, più in generale, nelle controversie familiari, è importante esercitare il dovere etico di evitare conflitti distruttivi. La conflittualità tra le parti, infatti, può aumentare o diminuire a seconda del parere del legale o del comportamento da questi assunto nella gestione della crisi familiare. Sono quindi utili i suggerimenti su come assolvere il mandato evitando l’identificazione con la parte assistita, esercitare nel processo un ruolo interattivo e non di contrapposizione e, non da ultimo, utilizzare gli strumenti che favoriscano il dialogo e la collaborazione. Dialogo e collaborazione rese ancor più necessarie laddove ci siano figli minori. In questo l’avvocato ha il compito di responsabilizzare il cliente, sollecitandolo a rispettare il dovere di leale cooperazione nell’accertamento dei fatti rilevanti ai fini della decisione (sia in ordine alle esigenze personali, di salute ed economiche dei figli, sia all’esatta determinazione delle proprie capacità reddituali e patrimoniali) e ciò in applicazione del principio di responsabilità genitoriale e di tutela del superiore interesse del minore.

Scrive lo psichiatra Francesco Villa in una recente pubblicazione: “Nella modernità liquida del villaggio globale, dove la disconnessione può segnare la fine di una relazione, non si ha più il tempo di dispiacersi per ciò che si perde perché, questo, viene immediatamente sostituito con qualcosa di analogo, di simile, certamente migliore o completamente diverso.”

[…] Tra i compiti dell’avvocato di famiglia c’è anche quello di far comprendere al proprio cliente che la relazione di coppia, in presenza di figli minori, non deve spezzarsi, né può essere semplicemente dimenticata o sostituita, perché il dovere di assistenza morale nei loro confronti, in caso di crisi, è necessariamente anche quello di pensare alla “riparazione”, eventualmente attraverso un percorso di mediazione, per continuare a svolgere il proprio “difficile” ruolo di genitore.

Avvocato Paola Lovati, presidente Unione Nazionale Camere Minorili

tratto da O. Anastasi, Il Divorzio Collaborativo, l’Arte di separarsi con amore – 2014 @ Riproduzione riservata

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