Olga

Articoli nella categoria Diritto minorile, delle persone e delle relazioni familiari

LE LINEE GUIDE SULL’ALLONTANAMENTO DEI MINORI DALLE FAMIGLIE (video)

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https://www.youtube.com/watchv=o0ZaQMesQyg&t=0s&list=UU2x8NkemxvI8nn0itTXBa6A&index=41

Il 13 Novembre 2015 l’Ordine Nazionale Assistenti sociali ha presentato il documento del “Tavolo interistituzionale sui processi di sostegno e tutela dei minorenni e delle loro famiglie” presso la Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Le nuove linee guida per i “Processi di sostengo e tutela dei minorenni e delle loro famiglia”, redatte da un tavolo interistituzionale, coordinato dall’Ordine degli Assistenti Sociali, a cui hanno partecipato Palazzo Chigi, il ministero della Giustizia, il ministero dell’Interno, l’Autorità garante per l’Infanzia e l’adolescenza, rappresentanti istituzionali di avvocati, giornalisti e psicologi insieme con tra gli altri l’Arma dei Carabinieri  e l’Associazione Nazionale Magistrati.

La complessità del sistema di protezione del minore di età e delle famiglie anche per la peculiarità di ogni singolo intervento che sempre costituisce un unicum; la molteplicità delle figure professionali che vi concorrono con responsabilità diverse, ciascuna con il proprio contesto di riferimento culturale; l’aggiornamento del quadro normativo nazionale ed internazionale: sono questi gli elementi dai quali ha preso le mosse l’iniziativa di predisporre nuove linee guida sulla delicata materia dell’allontanamento dei minorenni dalle loro famiglie e sugli interventi di sostegno e protezione volti a restituire il minorenne ad un ambiente familiare adeguato.

L’allontanamento – spiega il Documento che presenta anche una ricca appendice normativa – deve essere realizzato solo come estrema ratio ed agire in senso protettivo; gli interventi effettuati, prima e dopo, debbono essere anche tesi a stimolare nel minorenne un cambiamento del significato che lo stesso attribuisce alla ricostruzione del nucleo familiare d’appartenenza.

Molte sono le indicazioni fornite nel documento. Tra queste, evitare il ricorso alla forza pubblica se non come modalità residuale ed estrema e, comunque, se indispensabile, al fine del mantenimento dell’ordine pubblico o della necessità di salvaguardare la sicurezza pubblica e l’incolumità fisica delle persone anche estranee, da attuarsi con il coinvolgimento di personale in borghese e idoneamente formato; conservare, ove possibile e nell’interesse del minorenne, la relazione figlio/genitori con modalità congrue, disciplinate e costantemente monitorate dall’Autorità giudiziaria durante tutto il periodo di allontanamento; dare continuità alla relazione tra fratelli, prevedendo che questi siano possibilmente accolti nella medesima famiglia affidataria o nella medesima struttura di accoglienza; predisporre, contestualmente da parte dei servizi sociali e sanitari, un dettagliato progetto di sostegno e recupero del rapporto figlio-genitori, anche in questo caso disciplinato e monitorato dall’Autorità giudiziaria e che tale progetto, ove possibile nell’interesse del minorenne, sia partecipato nel suo complesso, negli obiettivi e nelle tappe intermedie al minorenne e ai familiari.

 

VADEMECUM PER I PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO DI COPPIE CON ELEMENTI DI ESTRANEITÀ

Vademecum elaborato dal Tribunale di Verona in collaborazione con l’Università di Verona sui procedimenti di separazione e divorzio di coppie con elementi di estraneità. http://lnx.camereminorili.it/wp-content/uploads/2018/03/VADEMECUM-Diritto-Famiglia-MARZO-2018.pdf

 

LA CONTINUITÀ DEGLI AFFETTI NELL’AFFIDO FAMILIARE

Un documento di studio e di proposta elaborato da un gruppo di lavoro della Consulta delle associazioni e delle organizzazioni, istituita e presieduta dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/affetti-affido-familiare.pdf

Roma, giovedì 22 febbraio 2018

DAL RAPPORTO CONIUGALE UN NUOVO DELITTO CHE TUTELA LA PERSONA IN CASO DI VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE

Il prossimo 6 aprile 2018 entrerà in vigore il decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21 contenente disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103. (18G00046) (GU Serie Generale n.68 del 22-03-2018) che introduce alcune modifiche in materia di tutela della persona. In particolare, dopo l’articolo 570 nel codice penale sarà inserito l’Art. 570-bis dal titolo “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio.” Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

L’AULA CHE SA ASCOLTARE I BAMBINI

“L’aula di audizione protetta – Una giustizia a misura del minore”

Convegno di studiosi, sabato 22 giugno 2013, Sala dei Savi, Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno, a seguire l’inaugurazione dell’aula di audizione protetta presso il Tribunale di Ascoli Piceno, realizzata con il contributo del locale Club Soroptimist.

LA DISCLOSURE DI INFORMAZIONI E DOCUMENTI

Affrontare una causa di separazione è rischioso, soprattutto quando si cerca di dirimere gli aspetti patrimoniali o riguardanti i rapporti con i figli attraverso gli strumenti del contenzioso che implicano una forte contrapposizione e la difficoltà di negoziare. Nessun avvocato può garantire l’esito del processo e nell’espletamento del suo mandato è tenuto a rispettare il dovere di sollecitazione, dissuasione e informazione, rappresentando all’assistito tutte le questioni di fatto e di diritto ostative al raggiungimento del risultato, sconsigliandolo dall’intraprendere un giudizio se l’esito che si profila è sfavorevole. È tenuto inoltre, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendergli noto il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione del mandato.

D’altro canto lo spirito della normativa di separazioni e i divorzi imporrebbe alle parti, sin dall’udienza davanti al presidente, il dovere di fornire al giudice e alla controparte tutte le indicazioni e i documenti utili (dichiarazioni dei redditi, documentazione bancaria, polizze assicurative, etc.) con un obbligo di lealtà più intenso e più pregnante di quello sancito in generale nel processo civile, soprattutto riguardo a notizie sui figli e sulle capacità economiche e patrimoniali dei coniugi. Se questo non accade, le decisioni emesse dal giudice rischiano di non coincidere con le aspettative. Tradimenti, investimenti sbagliati, difficoltà a gestire conflitti o cambiamenti, possono intervenire come elementi che rallentano il processo e un assegno di mantenimento, soprattutto quello stabilito a favore di un ex coniuge, o una relazione genitore-figlio possono essere usati come strumenti vessatori dall’uno o dall’altra. Per non separarsi mai.

In molti ordinamenti comunitari sin dall’inizio del giudizio, i coniugi sono obbligati a rispettare la disclosure, intesa come esibizione a carico delle parti dei documenti riguardanti la propria situazione patrimoniale, e sulla sua base vengono di solito assunti i provvedimenti provvisori.” Gli standard europei rispecchiano un modello culturale ispirato all’assoluta trasparenza nelle relazioni familiari anche al momento della crisi del matrimonio; la prassi in uso nei nostri tribunali tuttavia utilizza ancora poco questo strumento e il risultato sono cause affette da tempi lunghi e da un’istruttoria poco efficace. Un maggiore utilizzo degli obblighi di disclosure, insieme a una formazione specialistica di magistrati e avvocati,[1] permetterebbe di giungere a provvedimenti più adeguati e a giudizi più rapidi e meno dolorosi. Di converso vige la massima applicazione dell’obbligo di disclosure, ossia della completa e piena comunicazione di ogni elemento rilevante per i punti oggetto di discussione, ivi comprese le notizie finanziarie, secondo il modello in uso ormai quasi uniformemente in Europa; il raggiungimento di un accordo sul nuovo assetto familiare, l’assunzione di un piano educativo per i figli, l’impegno economico assunto nel corso della Pratica Collaborativa, sono tutti aspetti che non possono prescindere da una corretta, leale e veritiera consegna delle informazioni economiche

In un caso Collaborativo, se una parte nasconde o travisa consapevolmente informazioni o documenti utili, oppure agisce in modo da trarre indebito e sleale vantaggio e, dopo essere stata informata dei suoi obblighi, persiste nel comportamento, il Professionista Collaborativo rinunzierà al suo mandato. Inoltre, se tale condizione è stata chiaramente indicata nell’Accordo Partecipativo, la condotta comporterà la cessazione del rapporto professionale e del Processo Collaborativo.

È uno degli aspetti del Metodo Collaborativo che presenta maggiori criticità, resistenze con il rischio di reticenza dei coniugi data la sua crucialità. Se una delle parti sospetta che l’altra usi artatamente la Pratica Collaborativa, risulterà più arduo creare un clima di fiducia e le parti, nella convinzione di proteggere i propri interessi, potranno essere riluttanti persino con i propri legali. Gli avvocati sono comunque deontologicamente vincolati al dovere di segretezza, al divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega, oltre che al dovere di astenersi dal deporre su fatti o circostanze di cui siano venuti a conoscenza. Sulle parti, di converso, al di fuori del Processo Collaborativo, non grava il medesimo obbligo, con la conseguenza che, se esse sono venute a conoscenza di informazioni personali riservate, l’eventualità che la Pratica Collaborativa fallisca non le fa sentire tutelate e possono voler mantenere il riserbo per il timore di un eventuale giudizio contenzioso.

Una formazione specialistica di magistrati e avvocati è suggerita anche nelle Linee Guida che il Consiglio d’Europa ha adottato il 17 novembre 2010 e in cui delinea i principi cardine di una giustizia a misura di minore, già patrimonio comune del nostro ordinamento nell’ambito del sistema integrato della tutela dei diritti fondamentali attraverso la CEDU, la Carta di Nizza così come emendata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 2000/C 364/01) e la Convenzione Europea sull’Esercizio dei diritti dei minori adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 (ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge n. 77 del 2003).

Olga Anastasi © Riproduzione riservata

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LA TUTELA DEL PAZIENTE FRAGILE

“La tutela del paziente fragile nei casi di accertamento (ASO) o trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Aspetti giuridici e sanitari: tutela del paziente fragile e degli operatori”, venerdì 15 gennaio 2016, ore 16 presso la Sala Docens di Piazza Roma, Ascoli Piceno.

Un aneddoto. Tempo fa le pagine locali di un quotidiano riportarono un curioso incidente. Una donna psicotica temporaneamente ricoverata al policlinico della città di Grosseto doveva essere trasportata al policlinico della città di Napoli, sua città natale. Non appena i volontari della Croce Rossa si erano avvicinati per caricarla sull’ambulanza in attesa, la donna aveva cominciato rapidamente a scompensarsi. Si era messa a insultare in modo aggressivo e aveva iniziato a spersonalizzarsi, sostenendo di essere qualcun altro, tanto che si dovette ricorrere ai metodi di costrizione fisica. Circa un’ora dopo, sull’autostrada nei pressi di Roma, la polizia intercettò l’ambulanza e la ricondusse a Grosseto. Si era infatti scoperto che la donna in questione non era la “vera paziente” ma una visitatrice andata in ospedale a trovare un amico. Gli studiosi come P. Watzlawitc sono convinti che non sia possibile una conoscenza della realtà che sia del tutto indipendente dalla persona dell’osservatore. Se prestiamo attenzione non è difficile accorgerci di come, nell’atto stesso di osservare il mondo, “selezioniamo” cosa sia importante e cosa no e soprattutto secondo quali parametri decodificare gli eventi. Questa selezione è “guidata” da molti elementi: le nostre personali “teorie”, la disposizione d’animo in cui ci troviamo, il fine che stiamo perseguendo, il genere di relazione che abbiamo con l’oggetto della mia conoscenza e cosi via. Essa inoltre risente fortemente del contesto sociale a cui il soggetto appartiene e con cui condivide (o contro cui condivide) parte del modo di vedere il mondo e decodificare la realtà. Se torniamo al nostro aneddoto ci appare più chiaro ciò che è accaduto. Convinti che la signora indicata fosse psicotica i volontari della croce rossa hanno interpretato ogni suo comportamento sulla base di questo presupposto. Qualunque cosa la malcapitata facesse (del tutto “normale” se si considera che, andata a trovare un’amica, è stata avvicinata e caricata di forza su ambulanza) viene dunque visto come ulteriore elemento che conferma la credenza iniziale.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

In Italia il ricorso al TSO non ha la finalità di prevenire un danno alla persona o ad altri né di “risolvere” problemi di gestione del paziente. Al di là di quanto previsto dalla legge l’applicazione “pratica” dell’istituto risente della complessità e della delicatezza delle situazioni coinvolte.

L’incontro, realizzato dal Comune di Ascoli, in collaborazione con il locale Comando di Polizia Municipale e l’Asur Area Vasta 5, si è posto l’obiettivo di approfondire il delicato tema dell’accertamento sanitario esaminandone tutti gli aspetti: da quello medico-sanitario a quello legale. Le procedure, infatti, avendo a riguardo il trattamento di pazienti fragili in una situazione delicata, necessitano del coinvolgimento di professionalità trasversali. Il programma ha previstoi saluti delle autorità, a partire dal sindaco Guido Castelli, ed è proseguito con l’introduzione della dottoressa Patrizia Celani, Comandante della Polizia Municipale. A seguire gli interventi del dottor Alberto Testa, Responsabile del Centro di Salute Mentale Area Vasta 5, che ha parlato de “La valutazione clinico-diagnostica in ambito Psichiatrico”, del professor Mariano Cingolani, ordinario di Medicina legale dell’Unimc, incentrato sugli “Aspetti medico-legali dell’Aso e del Tso”, dell’avvocato Olga Anastasi (“La tutela del paziente fragile”) e della dottoressa Giuliana Filippello, Giudice Tutelare al Tribunale di Ascoli (“Aspetti giuridici tra necessità di cure e tutela degli operatori”). Ha moderao il dottor Pietro Alessandrini, Direttore UOC Medicina legale Area Vasta 5. L’Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno ha riconosciuto 3 crediti formativi per gli avvocati.

IL DIRITTO D’AMORE

Notte nazionale del liceo classico, Ascoli Piceno il 15 gennaio 2016

 Quale argomento più dibattuto nell’adolescenza dell’amore, nell’età in cui sono maggiori le trasformazioni fisiche che ci conducono all’aspetto fisico che avremo da adulti, le pulsioni emotive e ormonali si manifestano come desiderio, la sessualità tutta da scoprire è al centro dei pensieri con tutti gli interrogativi, i dubbi e le paure che reca con sé, come modo di comunicare fondamentale per l’essere umano, veicolo di sentimenti attraverso la fisicità? Attraverso il rapporto amoroso ci si riconosce, si afferma la propria identità e si attribuisce una cittadinanza.

 Nel Cratilo Platone fa dire a Socrate che il termine eroe viene da eros, desiderio; gli eroi sono semidei, tutti nati da un dio innamorato di un mortale, o da un mortale innamorato di un dio, gli eroi erano coloro che erano capaci di “erotan” (interrogare) da “erein” dire, quindi erano abili retori, bravi a comunicare.

 L’espressione diritto d’amore sembrerebbe dar luogo a una contraddizione in termini, perché il diritto è regola, razionalità, mentre il cuore, come diceva Pascal, ha “ragioni che la ragione non conosce”. Il diritto infatti è nell’accezione che ne dà la teoria generale la situazione soggettiva che indica il potere attribuito dall’ordinamento a un soggetto per la tutela di un proprio interesse meritevole di essere protetto, tutela che è realizzata ponendo a carico di un altro soggetto un corrispondente dovere che impone un sacrificio reso necessario dall’esigenza di realizzazione del diritto tutelato.

L’amore è invece un sentimento, un processo emozionale della psiche umana in cui si riflette il valore attribuito dalla coscienza individuale alla realtà esterna, sia essa realtà naturale (es. amore per gli animali, paura del temporale) sia essa realtà sociale (es. amore per una persona, orrore per la guerra). Tanto il diritto quanto il sentimento si rapportano a un interesse, ma il diritto si rapporta a un interesse di rilevanza superindividuale (come tale suscettibile di essere tutelato dall’ordinamento eventualmente anche mediante coercizione sanzionando le condotte lesive), mentre il sentimento si rapporta a un interesse meramente individuale, come tale giuridicamente irrilevante.

Alla domanda di teoria generale se il sentimento sia un fatto produttivo di effetti giuridici si dà risposta generalmente negativa, sia che il sentimento resti un fatto interno alla psiche, non esteriorizzato, perché in quanto tale non interferisce nemmeno nei rapporti intersoggettivi e dunque non produce alcuna modificazione nella realtà esterna materiale né giuridica. Se il sentimento si traduce in un comportamento che pertanto modifica la realtà esterna, gli effetti giuridici sono da ricondurre al comportamento, piuttosto che al sentimento che l’ha provocato. Così se il sentimento di amore ha determinato un atto di liberalità di una persona a favore di un’altra (es. regalo) ciò che rileva per l’ordinamento non è il sentimento positivo ma l’atto della donazione. Se il sentimento di odio verso una persona mi spinge a danneggiarla ciò che rileva non è l’odio, bensì l’effetto che ne consegue in termini di lesioni, molestie, danni procurati alla stessa.

Anche la dichiarazione d’amore, se non conduce a dei comportamenti previsti dall’ordinamento, non ha per esso rilevanza: se io mi dichiaro al mio fidanzato, lo vincolo con una promessa di matrimonio, acquisto o regalo dei beni in vista di quel matrimonio, oppure dichiarando il mio amore commetto delle molestie perché non riamato, quello è rilevante per l’ordinamento (es. della impiegata che aveva denunziato per molestie il proprio datore di lavoro, molestie che il giudice non aveva ravvisato nemmeno nella forma più blanda di maleducazione, violenza, petulanza, superficialità, che invece il tizio si era limitato a dichiararsi innamorato, dopo averla invitata a cena, averle regalato un anello, durante una trasferta di lavoro, e poi successivamente di nuovo dichiaratosi innamorato con una lettera spedita sul luogo di lavoro).

L’interesse all’amore giuridicamente rilevante non è ravvisabile nemmeno nel rapporto tra i coniugi tra i quali la sussistenza della comunione materiale e spirituale (cd. affectio coniugalis), se certamente fondata sull’amore reciproco, non è tutelata nella sua persistenza mentre addirittura invece il suo venir meno è tutelato dalla facoltà per il coniuge di chiedere la separazione se non ci si vuole più bene. Ma il semplice venir meno dell’amore, il comportamento di freddezza e disamore, non sono nemmeno contemplati come causa di addebito della separazione se non sono accompagnati da sistematica infedeltà, ostentata coltivazione di relazioni extraconiugali, continuato rifiuto di intrattenere rapporti sessuali cioè da comportamenti che integrano illeciti per l’ordinamento.

Innegabilmente si può affermare che sia rilevante per il diritto l’amore, l’eros, non come sentimento, ma per il comportamento di chi al riparo di legami amorosi o affettivi, nell’ambito di un legame legale o di fatto, attivi pratiche sessuali o affettive capaci di provocare danni psicofisici al soggetto destinatario di tali pratiche e con il suo consenso. Il consenso vale a distinguere questi casi da quelli in cui invece si commetta violazione della libertà sessuale o personale usando violenza o minaccia per coartare la volontà della vittima dissenziente. Mi riferisco alle pratiche sessuali tipo bondage, immobilizzazione totale, costrizione delle vie aeree e a tutti quei comportamenti a sfondo erotico in cui si infliggano patimenti al partner: il tema suscita complesse questioni inerenti l’individuazione del punto di equilibrio tra libertà individuale e intervento statuale, del limite all’ingerenza dei pubblici poteri nella sfera intima e personale dei rapporti sessuali, nella distinzione tra sfera della morale e sfera del diritto. All’individuazione dell’incerto e ondeggiante discrimine soccorre in prima battuta l’art. 5 del codice civile che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità della persona e quindi gli atti di sadismo sono vietati anche se c’è il consenso della parte, consenso che – se dalla pratica scaturisce un reato (es. lesioni personali gravi) – non può essere invocato come causa di giustificazione (scriminante) dall’autore perché il consenso dell’avente diritto si applica solo ai diritti dei quali si possa validamente disporre.

Di quelli che Cendon definisce gli eccessi in amore dopo la rottura di un rapporto e, dunque i comportamenti rilevanti per il diritto in cui il sentimento di delusione, odio, rivalsa costituiscono la spinta del processo emotivo interno che li determina, si occupa anche l’art. 660 codice penale prevede che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. Sono di solito i comportamenti diretti a interferire nella vita dell’ex coniuge o fidanzato per indurlo a ripristinare la relazione. Art. 612 bis. Atti persecutori. Stalking. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

E così la casistica di insistenti appuntamenti galanti, messaggi e telefonate ripetute nonostante il contrario avviso del destinatario, pedinamenti insistenti, indiscreti, invadenti, mentre se da una parte due fugaci baci sulla guancia e sul collo, dati fuggevolmente e su zone non considerate chiaramente erogene, integrano il semplice reato di molestie e non la più grave violenza sessuale, la mano infilata nel vestito o nei pantaloni, per toccare una coscia ed eccitare i propri sensi, è atto sessuale vietato ai sensi dell’art. 609 bis codice penale (dai 5 ai 10 anni di reclusione) perché il bene che viene violato non è solo la tranquillità della persona bensì la libertà di disporre del proprio corpo nella sfera sessuale.

Come rileva l’amore tra minorenni per il diritto? Se un maggiorenne ha rapporti sessuali con un minorenne di meno di 14 anni consenziente, questo è reato, così come con un minore di 16 anni se ci sono rapporti di famiglia o affidamento. Nei rapporti tra di voi il sesso è ammesso purché consenziente e, con un adoloscente di meno di 13 anni purché ci siano meno di 3 anni di differenza d’età.

Altro punto di osservazione su diritto può essere tratto dalla lettura degli artt. 2 e 32 della Costituzione: nel primo dove si afferma il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, che non possono essere calpestati o sottratti, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, dunque l’affermazione di un principio in cui l’individuo, anche con i suoi sentimenti, è posto al centro con i suoi bisogni e i suoi desideri. Nel secondo, in materia di tutela del diritto alla salute, nel quale si afferma che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La lettura di quest’ultima norma indica un’ulteriore direzione: è vero che la salute è affidata alle istituzioni pubbliche ma nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario contro la sua volontà e, quindi, poiché nel concetto di salute ormai dobbiamo ricomprendere non solo quella fisica, ma psichica e sociale, il diritto si converte senz’altro in una chiara affermazione del diritto all’autodeterminazione, cioè nel riconoscimento del diritto di governare la propria vita e di costruire liberamente la propria personalità non solo nella dimensione individuale ma anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, dunque in primo luogo in quella evidente formazione sociale che nasce dal rapporto affettivo tra due persone. La negazione del diritto d’amore e la sua sottoposizione a vincoli obbliganti ci mostrerebbero una persona alla quale siano negate insieme libertà e dignità.

Il diritto d’amore s’iscrive così in un orizzonte giuridico che non entra in contraddizione con esso ma trova il suo fondamento nel rispetto pieno dovuto alla persona. L’accostamento tra amore e salute intesa come governo della vita affidato alla persona interessata non è azzardato perché la tutela della salute è esplicitamente associata al rispetto della libertà sessuale dalla stessa Corte costituzionale (sentenza n. 561/1987) che afferma che essendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è sicuramente un diritto soggettivo assoluto, come tale inquadrabile tra i diritti inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Costituzione.

L’associazione forte tra amore e diritti fondamentali si ricava del resto da una considerazione legata a una vicenda culturale. Secondo Rodotà non è un caso che i tre più grandi romanzi psicologici del Settecento (Pamela e Clarissa di Richardson e Giulia di Rousseau), i romanzi epistolari siano stati pubblicati nel periodo immediatamente la nascita dei diritti umani. L’intensità emotiva di una vita ordinaria narrata da quei romanzi avvicinava tra loro le persone perché mostrava la possibilità di creare autonomamente un mondo morale. Gli uomini impararono a pensare agli altri come loro pari, fondamentalmente uguali e con stessi diritti e doveri, attraverso l’identificazione con personaggi comuni, oltrepassando i limiti sociali tra nobili e plebe, padroni e servi, uomini e donne, adulti e bambini. Tenendo presente quest’ultimo assunto, nella logica di affermare l’amore e, contestualmente, il rispetto della persona umana persino di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare (di cui vi consiglio la versione cinematografica in chiave post-moderna di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio, ambientato negli anni novanta a Los Angeles in un sobborgo immaginario chiamato Verona Beach e in cui le fazioni contrapposte sono costituite da magnati d’impresa avversari per ragioni di affari) si può fare una lettura a tre livelli:

a)- superficialmente, come storia di un innamoramento;

b)- come descrizione della ricerca del proprio Sé, della propria individualità, attraverso il riconoscimento da parte dell’altro in una relazione autentica;

c)- come rappresentazione della lotta interna di ciascun individuo per la sopravvivenza del proprio Sé autentico a fronte del rischio di contaminazione o addirittura sopraffazione da parte dell’individualità collusa col gruppo che in termine psicanalitico è anche detta “mente a massa”. I personaggi sono infatti rappresentazione degli affetti e emozioni interne. Romeo e Giulietta sono due nomi propri, ad indicare la ricerca e il bisogno di un’identità personale attraverso il rapporto d’amore. Nell’incontro amoroso con l’altro cerco me stesso. Madonna Montecchi e Madonna Capuleti sono invece raffigurate con il cognome soltanto, a significare l’assenza di un’identità individuale, la dimensione della loro personalità solo in quanto riferita al gruppo. Nell’immaginario collettivo Romeo e Giulietta sono famosi non per il codice affettivo dell’innamoramento bensì per la ricerca e la lotta per l’autenticità del vero Sé, della propria persona, attraverso le proprie emozioni e i propri affetti. Con un’anticipazione di secoli sulla psicanalisi Shakespeare riesce a tratteggiare i principali percorsi distruttivi, gli aspetti perversi della personalità che, nella dimensione del gruppo, dell’assenza di un mondo di relazioni e affetti sano, in cui sia al centro il rispetto della persona, si diventa privi della capacità di vedere l’altro a sua volta come soggetto di diritto titolare di relazioni autentiche. E quindi se da una parte, sempre Shakespeare, allude senza mezzi termini e con eloquio volgare all’amore/sessualità quando nel primo atto la balia dice a Giulietta: “come caschi bocconi? Quando sarai più furba imparerai a cadere supina” e Giulietta risponde di sì, dall’altra un mondo personale deprivato di emozioni e affetti, in cui l’altro sia confinato a un rapporto d’uso narcisistico o ridotto a fatto sessuale è sintomatico di una personalità che non ha saputo affermarsi in maniera autentica e che intende la relazione solo come bisogno di vincere e che si manifesta solo azioni coatte di prevaricazione e sopruso. E allora lo stupro, vagheggiato da Sansone nel primo atto quando dice: “io faccio presto a picchiare quando mi riscaldo, appunto per questo le donne essendo più deboli sono spinte verso il muro… voglio farla da tiranno: dopo essermi battuto con gli uomini sarò spietato con le vergini, toglierò loro l’età…”, lo stupro diventa quindi la proiezione all’esterno di ciò che avviene all’interno dell’individuo quando, vulnerabile, fragile e incompiuto non riesce a incontrare la relazione autentica con sé stesso e con l’altro, violando in primo luogo il suo diritto di affermarsi in maniera piena come individuo e tradendo il dovere cui è tenuto nell’ordinamento e l’aspettativa dell’altro di vedersi riconosciuto portatore di analoghe posizioni giuridiche.

Concludo con il vostro linguaggio con un passaggio da una canzone di Gemitaiz – On the corner: “Il primo bacio, che manco lo sapevo dare, le paranoie: chissà che dovevo fare! Poi l’ho baciata, ho detto meno male, un passo in meno verso l’obiettivo principale! Ciao fraté!”

Note bibliografiche: S. Rodotà, Diritto d’amore, Editori Laterza, 2016; P. Cendon, Il diritto delle relazioni affettive. Nuove responsabilità e nuovi danni, Cedam 2005; Rilke, Lettera a Friedrich; Platone, Cratilo; P. Spaziani, Sulla configurabilità e sui limiti di un diritto soggettivo nell’attuale ordinamento, www.neldiritto.it Ottobre 2014.

 

LEGGE 162 DEL 2014: AL VIA LA PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA

CONVERTITO IN LEGGE IL DECRETO LEGGE 132 DEL 2014: AL VIA LA PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA http://lnx.camereminorili.it/negoziazione-assistita-nelle-materie-famiglia-entra-in-vigore-commento-uncm/

Premessa

La Camera ha approvato in maniera definitiva la riforma della giustizia civile, convertendo in legge il Decreto legge 132/14 nel testo in precedenza licenziato dal Senato.

Infatti, il 23 ottobre 2014, con 161 voti favorevoli e 51 contrari, l’Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando il maxiemendamento interamente sostitutivo del Disegno di legge n. 1612 di conversione del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile.

Le disposizioni del Capo II – articoli da 2 a 11 – approvate nel testo definitivo hanno ad oggetto la disciplina della procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, con la quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili. Sotto numerosi profili esse mutuano soluzioni già sperimentate dal Legislatore con il Decreto legislativo 28/2010 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

La nuova previsione normativa prevede l’applicabilità della negoziazione assistita alle soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, con un preciso dovere deontologico per gli avvocati di informare il cliente, all’atto del conferimento dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione, posto che la mancata informativa costituisce infrazione disciplinare.

  1. Le modifiche apportate in sede di conversione

Sono state recepite solo in parte le osservazioni e proposte che il 30 ottobre erano state presentate dalle associazioni più rappresentative in materia di famiglia e minorenni: AIAF, AMI, Cammino, Osservatorio, UNCM. Le novità, rispetto al testo pubblicato in Gazzetta, riguardano innanzitutto la previsione che la negoziazione sia condotta non da un solo avvocato ma dagli avvocati di entrambe le parti, ove non siano rappresentate dallo stesso difensore.

Il Legislatore ha previsto alcune ipotesi in cui l’esperimento della procedura di negoziazione assistita è obbligatorio in quanto condizione di procedibilità della domanda. In nessun caso, tuttavia, in materia di famiglia e minorenni il mancato esperimento della negoziazione assistita potrebbe costituire motivo di improcedibilità, né dovrebbero applicarsi le sanzioni di cui all’art. 4, ai fini delle spese del giudizio, nel caso di mancata risposta o rifiuto dell’invito a stipulare la convenzione. In caso di relazioni abusanti e/o violente ovvero “squilibrate” sul piano delle posizioni di potere (emotivo e/o economico), dunque non mediabili, la mancata risposta o il rifiuto potrebbero risultare addirittura necessari e la mediazione tale da recare danni alla relazione e alle parti.

La convenzione deve indicare:

il termine concordato dalle parti per la conclusione della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese. Al Senato tale previsione è stata integrata, aggiungendo anche un limite massimo di durata pari a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo delle parti;

l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili né, a seguito di una modifica apportata dal Senato, le cause di lavoro.

L’art. 2 prevede poi che la convenzione sia conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti, fermo restando i citati limiti, e che essa debba essere redatta, a pena di nullità, in forma scritta.

  1. La negoziazione assistita nell’ambito delle controversie familiari

2.1 L’articolo 6 regola una particolare forma di convenzione di negoziazione assistita finalizzata specificamente alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio ovvero di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Il testo approvato dal Governo in via provvisoria vietava il ricorso alla convenzione di negoziazione assistita in presenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

Tuttavia in sede di conversione è stata introdotta la possibilità di raggiungere un accordo anche in tali ipotesi, previa valutazione degli interessi dei figli. L’accordo deve essere trasmesso entro 10 giorni al pubblico ministero presso il tribunale competente. Il PM lo autorizza quando lo ritiene rispondente all’interesse dei figli. In caso contrario, l’accordo deve essere trasmesso entro 5 giorni dal PM al Presidente del Tribunale che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provvede «senza ritardo».

Altra novità rispetto al testo iniziale consiste nel fatto che anche l’accordo concluso in assenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti debba essere trasmesso al PM che, ove non ravvisi irregolarità, concede agli avvocati il nullaosta per la trasmissione dell’accordo stesso agli uffici di stato civile competenti.

La modifica si è resa necessaria in relazione a una serie di disposizioni vigenti, in particolare all’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero in tutte le cause matrimoniali e riguardanti i figli minorenni. Sarebbe stato più opportuno adottare la proposta di emendamenti delle associazioni specialistiche che prevedeva la trasmissione dell’accordo di negoziazione al giudice per l’omologa, previo parere del PM, e conseguente applicazione della previsione di cui 158, co. II, c.c.

Non è fuor di luogo evidenziare che la nuova disciplina rafforza l’ipotesi della necessità di un Tribunale unico, laddove si rende inevitabile individuare il Procuratore competente ad emettere il parere di cui all’art. 6.

La fase di esame non è disciplinata nei tempi di risposta che potranno variare da Ufficio a Ufficio senza alcuna certezza; oltretutto la normativa non impone alle parti di fornire alla Procura anche i documenti su cui esso è fondato, limitando notevolmente il controllo che su tale accordo può essere fatto dal Pubblico Ministero con riferimento ai diritti indisponibili posti a tutela dei minori. Inoltre la verifica da parte del Presidente del Tribunale su rinvio del Procuratore, che dovrebbe avvenire “senza ritardo” e previa comparizione delle parti, non è regolata chiaramente, né in ordine ai destinatari della notifica del decreto di fissazione dell’udienza – se siano le parti personalmente o i propri legali -, né sul rito applicabile all’udienza stessa né infine sul provvedimento con cui essa deve concludersi.

Tenuto conto anche delle modifiche intervenute in tema di termine di durata della separazione, necessario ai fini della domanda di divorzio, ci si chiede se esso, nei casi di diniego di nulla osta da parte del Pubblico Ministero, debba decorrere dalla “data certificata” nell’accordo o da altra, diversa, per esempio quella di comparizione delle parti davanti al Presidente.

Un ulteriore aspetto che merita di essere sottolineato è la mancata previsione dell’istituto in questione per l’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio. In sede di approvazione degli emendamenti, nell’estendere la procedura di negoziazione anche in presenza di figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti, il legislatore avrebbe dovuto tenere conto delle modifiche introdotte al processo civile a seguito della l. 219/12 ed evitare una discriminazione che oggi non ha più ragione di esistere.

L’omesso riferimento al nuovo art. 316 c.c. si pone certamente in contraddizione sia con lo spirito del legislatore del 2012, volto ad eliminare ogni distinzione tra figli, sia con la ratio del Decreto legge 132/14 laddove lascia immutata un procedura che, al pari di quelle in esso disciplinate, avrebbe ben potuto trovare soluzione anche fuori dalle aule del Tribunale.

L’esigenza di rendere più celeri anche le controversie tra genitori non uniti in matrimonio è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza di merito, ribadendo la necessità di ricavare una fase preliminare di tipo conciliativo in analogia a quanto accade nel rito della separazione e del divorzio (cfr. decreto Tribunale di Milano del 31 maggio 2013 e del 4 novembre 2013) e si auspica, pertanto, un ulteriore intervento normativo volto a rimediare questa ulteriore “svista” del legislatore e a eliminare definitivamente ogni distinzione.

2.2 Raggiunto l’accordo, con la sottoscrizione apposta dall’avvocato per l’autenticità delle firme, dovrà essere trasmesso entro il termine di dieci giorni all’ufficiale di stato civile del Comune nel quale il matrimonio fu iscritto o trascritto per l’aggiornamento dei registri. Al fine di renderlo certo e tempestivo è stata prevista, in capo all’avvocato che viola il termine di dieci giorni, una sanzione compresa tra duemila e diecimila euro. Il procedimento di controllo del rispetto dei tempi è delegato al Comune che deve effettuare l’annotazione dell’atto di negoziazione.

A seguito della modifica introdotta dal Senato il 23 ottobre viene precisato che l’accordo dà atto che gli avvocati, anche in assenza di figli, hanno tentato di conciliare le parti, le hanno informate della possibilità di ricorso alla mediazione familiare (il tentativo di conciliazione è obbligatorio nell’ordinario procedimento giudiziale) e le hanno rese edotte dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ognuno dei genitori.

La definizione della convenzione è pienamente sostitutiva e produce quindi gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’art. 5 prevede che, in caso di inadempimento, l’accordo debba essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, del codice di procedura civile, senza tuttavia specificare se l’attestazione di conformità del testo trascritto sia onere dell’avvocato o di altra autorità competente, per esempio l’Ufficiale giudiziario.

Va poi evidenziato che, mentre nella normativa sulla mediazione di cui al D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come modificato dalla Legge n. 98 del 9 agosto 2013, l’art. 11 stabilisce espressamente che l’accordo amichevole venga allegato al processo verbale redatto dal mediatore e, sottoscritto da tutte le parti, resti depositato presso l’organismo di mediazione, in materia di negoziazione al Legislatore è sfuggito che, in assenza di registri o archivi all’uopo preposti, non è chiaro chi sia tenuto alla conservazione dell’originale, con il risultato che la mancata previsione esporrà il cittadino, parte della negoziazione, al rischio di smarrire incolpevolmente o vedere distrutto l’originale consegnatogli dal proprio avvocato.

L’articolo 9, infine, con una norma poco chiara e non rispondente alla funzione della mediazione, individua obblighi di lealtà e riservatezza dei difensori cui è affidata la procedura di negoziazione assistita; il Senato ha aggiunto all’articolo 9 un comma 4-bis con cui la loro violazione viene considerata illecito disciplinare.

  1. La procedura conclusa dinanzi al Sindaco

Nonostante il contrario parere delle associazioni specialistiche, è stata confermata dall’articolo 12 la possibilità di concludere dinanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile (il Senato ha così sostituito il riferimento alla comparizione davanti all’ufficiale dello stato civile) del comune di residenza di uno dei coniugi (ovvero di iscrizione o trascrizione dell’atto di matrimonio) un accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili o, infine, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Il Senato ha previsto l’espresso riferimento all’assistenza facoltativa di un avvocato, con la preclusione dell’applicabilità alle coppie che intendano dirimere tra loro anche questioni patrimoniali e a quelle con figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 104 del 1992 ovvero economicamente non autosufficienti.

Si rileva che in tale ipotesi sia l’assenza del Pubblico Ministero, sia le eventuali pressioni del coniuge forte nei confronti del debole, in uno alla possibilità che accordi raggiunti dalle parti senza l’ausilio dell’avvocato possano non essere coerenti con la normativa e ingenerare ulteriore contenzioso, rendono la previsione dell’art. 12 potenzialmente lesiva di diritti. Al riguardo si rileva che la Convenzione di Instanbul del 11 maggio 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza delle donne e la violenza domestica, all’art. 48 prevede espressamente il divieto di adottare i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti nei casi di violenza alle donne e di violenza domestica comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata, sancendo espressamente che gli Stati devono adottare le misure legislative volte a vietare i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, tra cui la mediazione e la conciliazione, per tutte le forma di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione.

Conclusioni

L’introduzione dell’istituto della negoziazione assistita nel nostro ordinamento mira essenzialmente ad alleggerire il carico dei Tribunali e a rendere più snelle e veloci le procedure consensuali, con un notevole risparmio di costi sia per la Giustizia, sia fondamentalmente per le parti.

Tuttavia, è chiaro che le esigenze deflattive dell’ordinamento debbano essere adeguatamente bilanciate con la garanzia del rispetto di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela minima non può mai essere sacrificata.

Ne consegue che la soluzione suggerita dal legislatore debba muovere da un’effettiva base volontaristica delle parti ed essere condotta da avvocati dotati di alta professionalità e specializzazione, i quali dovranno sempre più assumere il ruolo non del mero difensore, bensì dell’esperto competente e qualificato.

È auspicabile un ulteriore intervento normativo volto sia a garantire l’effettiva e non facoltativa presenza di un esperto anche nell’ipotesi di cui all’art. 12 del Decreto legge, che così come formulata risulta essere la previsione meno garantista dei diritti dei coniugi, sia la previsione della procedura di negoziazione di cui all’art. 6 anche alle ipotesi di affidamento di figli nati fuori dal matrimonio, che allo stato attuale, come sopra detto, crea un’ingiustificata disparità di trattamento assoggettando la famiglia di fatto e quella fondata sul matrimonio a riti e discipline differenti.

Avv. Serena Lombardo


Avv. Rebecca Rigon 
                       Responsabili Nazionali Settore Civile U.N.C.M.

Avv. Olga Anastasi                         Componente del Direttivo U.N.C.M.

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COS’È L’OPEN SPACE TECHNOLOGY? di Stefania Lattuille

Che cos’è l’Open Space Technology, ovvero, usando l’acronimo –più in voga- che cos’è l’OST?  In prima battuta si può definire l’OST come un METODO che consente di gestire incontri e riunioni in modo semplice ed efficace, aumentandone la produttività.

Cosa ha di speciale l’Ost? Tra tutti i vari metodi per facilitare la partecipazione e l’inclusione dei partecipanti nelle decisioni (tra gli altri, il Forum, l’ETM, il World Cafè, l’Action Planning), l’OST è di sicuro quello che ha avuto maggiore diffusione nei cinque continenti.

Negli ultimi trent’anni si è diffuso in tutto il mondo in modo sorprendente, tanto più che inizialmente la diffusione è avvenuta sulla base del principio “chi lo prova lo rifà”.

Ad oggi, milioni di persone hanno lavorato con la metodologia dell’Ost, che è stato adottato per gestire incontri da 5 a 2000 persone, sia in ambito pubblico che aziendale, e per trattare i temi più svariati: dalla progettazione di prodotti a cambiamenti organizzativi, dallo sviluppo di comunità alla riqualificazione ambientale.

Basti vedere il sito www.openspaceworld.org.

Ma come è nato? L’OST nasce negli anni ‘80 dalla constatazione di un antropologo prestato alla consulenza aziendale, Harrison Owen, secondo cui, al termine di una conferenza internazionale con 250 partecipanti, tutti – Owen compreso – concordavano sul fatto che i momenti più utili della conferenza erano stati i coffee break.

Considerata la mole di lavoro che ci vuole per organizzare una conferenza internazionale per 250 persone, la riflessione era di per sé depressiva, ma Owen invece, pare grazie anche ad un paio di Martini, si mise a ragionare sul perché.

Ora, come sappiamo, nelle pause caffè i partecipanti sono liberi di conversare con chi vogliono, per il tempo che ritengono opportuno e su problemi di loro interesse, nonché di scambiarsi biglietti da visita, idee e proposte. Per questo è ritenuto uno spazio vivo e interessante all’interno dei barbosi convegni organizzati in modo classico in cui si ascoltano relatori seduti in file rivolte verso il podio.

Da qui la domanda di Owen: “è possibile organizzare una conferenza con le dinamiche e la vitalità tipiche di un coffee break?”. Risposta: sì riproducendo i meccanismi di base della pausa caffè.

E allora cosa si è inventato Owen?

Anzitutto l’esperienza di antropologo/giornalista di Owen fu molto utile: si ricordò infatti di quando lavorava in Africa ed aveva assistito ai riti di passaggio all’età adulta degli adolescenti dei villaggi con feste articolate in cerimoniali aventi determinate caratteristiche: lo spazio vuoto circolare al centro del villaggio nel quale i danzatori confluivano durante cerimonie gioiose e l’abitudine di sedervisi in cerchio ogni volta c’era un problema da affrontare.

Dall’esperienza africana, Owen utilizzò il concetto di spazio aperto e di cerchio come forma geometrica fondamentale della comunicazione umana paritetica (dice Owen: “non è un caso se si dice un cerchio di amici e quanto sia piacevole rifugiarsi nella propria cerchia familiare”).

Quindi, primo, predisporre delle sedie in cerchio e farvici sedere persone interessate ad un dato tema.

Ma poi, si chiese Owen, come si decide di cosa ognuno può parlare, con chi e per quanto tempo?

E qui gli venne in mente una bacheca vuota da utilizzare per definire i contenuti e il programma dei lavori, come modo semplice ed efficace di rendere visibili le cose che interessano alle persone.

Ognuno può alzarsi, scrivere il titolo del tema che vuole trattare e appenderlo alla bacheca per poi trovarsi con coloro che vogliono condividere quell’interesse.

Per il quando e dove riunirsi, Owen pensò al fervore di un mercato indigeno come luogo in cui gli interessi delle persone si incontrano, dove la gente si incontra, va a bere qualcosa, si mette in un angolo a contrattare o a scambiarsi notizie.

 Ecco che era nato l’OST: sedersi in cerchio, creare una grande bacheca, aprire le trattative per decidere dove e quando trovarsi, iniziare a lavorare insieme suddivisi in gruppi.

I seminari organizzati secondo la metodologia OST non hanno infatti relatori invitati a parlare, non hanno programmi predefiniti o un’organizzazione predeterminata.

Al contrario, i partecipanti, seduti in un ampio cerchio, apprendono nell’arco della prima mezz’ora come faranno a creare il proprio forum. Il facilitatore si limita a presentare il tema da discutere e spiegare che il muro vuoto nella stanza rappresenta il programma del lavoro e che sarà costruito sul momento dai partecipanti stessi.

Chiunque intenda proporre un tema per il quale prova un sincero interesse, si alza in piedi e lo annuncia la gruppo, assumendosi la responsabilità di seguire la discussione e di scriverne un breve resoconto, dopodichè affigge in bacheca il titolo del tema e così via finchè il gruppo riempie la bacheca con tutte le sue proposte.

Quando i temi sono esauriti, tutti potranno osservare i vari argomenti emersi e decidere a quale gruppo unirsi. I gruppi formati si autogestiscono e producono, una volta esauriti gli argomenti di discussione, un report che unito a quello degli altri andrà a formare il cd. Instant Report di fine lavori.

Al termine della giornata è prevista la sessione di chiusura (oppure una sessione di aggiornamento dei lavori se l’OST è suddiviso in più giornate) e di solito l’OST si conclude con un rituale finale che dà la possibilità ai partecipanti di riflettere sull’esperienza fatta. Il tutto basato sui principi dell’informalità e dell’autorganizzazione.

Strumenti come l’OST creano non solo un clima di grande energia ma proprio nuove forme di relazione (che siano i cittadini chiamati a parteciparvi nell’ambito di un processo partecipativo o i partecipanti ad un incontro su un tema che interessa loro) basate su una diversa distribuzione dell’opportunità di parola, sul confronto tra pari, sulla valorizzazione delle diverse esperienze e la condivisione delle informazioni ed esperienze.

 L’OST quindi in realtà non è un metodo fantasioso per animare convegni, ma è molto di più: è un nuovo modo di guardare al lavoro di gruppo, “una sorta di esperimento sociale”! http://milanosservatorio.it/wp-content/uploads/2016/04/OSSERVATORI-ASS-MILANO-REPORT-OST-UDIENZA-CIVILE-DEF.pdf

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