Olga

Articoli nella categoria Diritto minorile, delle persone e delle relazioni familiari

SEPARAZIONE CONSENSUALE E NEGOZIAZIONE ASSISTITA

Scegliere di arrivare all’accordo per una separazione consensuale può apparire privo diconflittualità. Di certo i tempi sono inferiori, mentre per definire una causa giudiziale possono impiegarsi anni, oltre a costi di causa elevati e a un enorme dispendio di energie e di coinvolgimento emotivo. Pervenire a condizioni condivise che dovranno regolare il futuro non esclude il dolore e le difficoltà nella costruzione di un nuovo progetto di vita. In questo caso tuttavia alla coppia sarebbe richiesto di indirizzare le forze verso obiettivi comuni, limitando posizioni antagoniste con un atteggiamento di apertura a soluzioni per questioni riguardanti gli obblighi che residuano dal matrimonio e che non cessano con la separazione.

Le questioni che si modificano per effetto di una separazione consensuale possono riguardare le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, l’affidamento dei figli, il loro mantenimento, il mantenimento del coniuge economicamente più debole o il suo diritto alimentare, l’assegnazione della casa familiare, il regime patrimoniale (comunione o separazione) e la divisione dei beni acquistati durante il matrimonio, oltre ai diritti successori. I rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, e tra genitori e figli, si modificano per effetto della separazione e il modo in cui si decide di regolamentarli si riflette inevitabilmente sulla vita futura della famiglia.

Dal 1970 e per oltre quaranta anni separazioni e divorzi consensuali in Italia si sono ottenuti esclusivamente attraverso il deposito di un ricorso in tribunale a cui segue una udienza nella quale la coppia compare davanti al Presidente per sottoscrivere l’accordo già raggiunto. A conclusione il tribunale emana un provvedimento di approvazione definito decreto di omologazione, dopo un’udienza nella quale il giudice esperisce un tentativo di conciliazione e riceve la conferma dai coniugi sull’irrevocabilità della decisione.

Il Decreto Legge n. 134 del 12 settembre 2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014, haintrodotto nel sistema italiano la convenzione di negoziazione assistita da avvocati che, sebbene auspicata, intervenendo con lo strumento dell’atto normativo provvisorio emanato dal Governo, difetta di un disegno organico che nella materia delle persone e delle relazioni familiari dovrebbe invece ispirarsi a principi irrinunciabili di unitarietà, specializzazione, multidisciplinarietà e formazione.

La legge di conversione, a cui va riconosciuto il tentativo concreto di sottolineare il ruolo di pacificazione sociale che l’avvocatura può svolgere, ha solo in parte recepito gli emendamenti proposti dalle associazioni specialistiche e non ha previsto la negoziazione per l’affidamento di figli nati fuori del matrimonio. Discriminazione ingiustificata visto che la negoziazione è prevista in tutti gli altri casi, la competenza a decidere sulle azioni di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio (art. 316 Codice civile) oggi è comunque del Tribunale ordinario senza previsione di peculiare specializzazione dell’organo, la parificazione dei figli è stata più volte pronunciata anche dal Legislatore almeno sul piano formale.

Nel Capo II del Decreto, intitolato “Procedura di negoziazione assistita da avvocati”, all’art. 2 si definisce la convenzione di negoziazione assistita come l’“accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96”. La convenzione deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità ed è valida solo se conclusa con l’assistenza di un avvocato per parte.

Come nell’etica Collaborativa si specifica che le parti debbano avere tassativamente ciascuna un proprio avvocato, garanzia di fiducia e credibilità del professionista nella negoziazione. Va esperito un previo tentativo di conciliazione che, per la delicatezza dei temi trattati in materia di famiglia e minorenni, non costituisce oggetto di improcedibilità, né si applicano le sanzioni di cui all’art. 4 nel caso di mancata risposta o rifiuto dell’invito a stipulare la convenzione.

La parte che intende promuovere l’azione, tramite il suo avvocato, invita la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L’invito a formalizzare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e avvisare la controparte che, entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito può aderire o meno all’invito oppure rifiutarlo addirittura. L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo ed è valido per iscrivere ipoteca giudiziale.

cfr. Decreto Legge n. 132 del 12 settembre 2014 convertito con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre 2014 http://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/200991/D.L.+n.+132-2014

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NEGOZIAZIONE E PRATICA COLLABORATIVA

La teoria della “negoziazione oggettiva” è nata dalle ricerche di alcuni studiosi dell’Università di Harvard alla fine del 1990. Efficace anche nei grandi conflitti, consiste nell’affrontare e risolvere le controversie in base al contenuto oggettivo, piuttosto che con un processo di contrattazione. Secondo questa tecnica si deve puntare il più possibile al vantaggio reciproco e, laddove gli interessi delle due parti siano in contraddizione, insistere affinché il risultato scaturisca da principi indipendenti dalla volontà delle parti.

I principi basilari di una trattativa di successo secondo la teoria di Harvard sono quattro: a) le parti devono scindere le persone dai problemi; b) ciò che conta sono i bisogni, non le pretese; c) occorre formulare, sia individualmente che con la controparte, alternative valide per entrambi; d) le parti devono accordarsi su criteri oggettivi con i quali misurare il risultato del negoziato.

Gli individui infatti, nell’atto del comunicare, subiscono una trasformazione vicendevole e se la relazione viene improntata alla logica dell’incontro piuttosto che dello scontro, al dialogo piuttosto che alla disputa, il modello di comportamento si rivela efficace. Ciascuno di noi possiede la propria rappresentazione della realtà. La realtà oggettiva e la rappresentazione soggettiva di essa si integrano per creare il reale nel suo complesso: “un’immagine del mondo rappresenta dunque la sintesi più globale e complessa delle miriadi di esperienze, influenze esercitate da altri e di ciò che ne deriva, cioè le interpretazioni […]. Nel senso più vero e immediato essa è il risultato della comunicazione.” Illuminanti a questo proposito sono un aforisma di Epitteto “Non le cose stesse ci disturbano, bensì le opinioni che noi abbiamo delle cose”, sia un passaggio dell’Amleto di William Shakespeare “In sé nessuna cosa è né buona né cattiva; solo il pensiero la fa diventare tale.”

Il successo del metodo della negoziazione attraverso la Pratica Collaborativa è determinato quindi dalle tecniche di comunicazione utilizzate, con cui si impara a mettersi nella prospettiva dell’altro con tolleranza e rispetto. Guardare le situazioni da punti di vista diversi allena all’elasticità mentale, insegna ad assumere un atteggiamento disponibile ed educa al controllo delle reazioni impulsive. Impiegare un linguaggio basato sul dialogo strategico e su immagini evocative migliora se stessi e le relazioni, oltre ad alimentare la creatività nel trovare soluzioni nuove o inattese.

cfr. Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento, Feltrinelli, Milano 2009; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008 Roger Fisher, William Ury, Bruce Putton, Getting to Yes: Negotiating Agreement Without Giving In, Penguin Books, New York 1991.

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I MET OLGA ANASTASI IN 2010, by Ronald D. Ousky

I met Olga Anastasi in 2010, when I was invited to come to Rome to assist in training Italian Attorneys and other professionals about Collaborative Divorce. I was eager to teach this method to them so that Italian people could achieve the great benefits that Collaborative Divorce had brought so many American families. To assist in the training, I provided all of the professionals with a copy of The Collaborative Way to Divorce, the Revolutionary Method That Results in Less Stress, Lower Costs and Happier Kids -Without Going to Court the book I wrote, along with Stu Webb, the founder of Collaborative Law, in 2005. The book has helped many Americans learn about the Collaborative Method and I had hoped it would help my Italian colleagues and their clients as well. Mrs. Anastasi was one of the participants in that first training and was eager to learn how to get Collaborative Divorce started in Italy.

After the training, Mrs. Anastasi agreed to translate our book into Italian so that the book could be published in Italy and make more accessible to Italians wanting to learn about the Collaborative Method. After the translation of our book was completed, it became clear that a translation of our book, while helpful may not be enough to bring Collaborative Divorce to Italy. Italians did not need a translation of an American book; they needed an Italian book on Collaborative Divorce, written by an Italian attorney and author who understood the benefits of this method and who could properly explain it to the Italian people. It was clear from my meetings with Mrs. Anastasi that she had both the enthusiasm and capacity to write such a book, based upon what she had learned from our book and the trainings, as well as her extensive experience as an Italian divorce lawyer.[…] Mrs. Anastasi has captured the universal spirit that is universal to all nations while explaining the specific laws and procedures that apply specifically to the people of Italy. In my communications about Collaborative Divorce with people from all over the world, I have observed how each country and culture brings their own flavour and challenges to divorce law in general, and to Collaborative Divorce in particular. At the same time, I am struck by the many similarities in the way that divorce impacts families all over the world and by the universal human principles that make the Collaborative way to Divorce valuable in a wide range of countries. Millions of people all over the world experience divorce and separation. In all cultures and nations, divorce often brings great pain and a flooding of emotions that make resolution of conflict difficult. In all countries, children are the primary victims of the conflict from divorce. In all countries, the legal system is ill equipped to adequately address the sensitive parenting, communication and economic issues presented by divorce. Therefore, they need for an alternative; a Collaborative alternative is as vital in Italy as anywhere else in the world. I am grateful that Mrs. Anastasi has created a book that will help Collaborative Divorce become available throughout Italy. While there are many outstanding Italian professionals who have been trained in the Collaborative method, the Italian public remains largely unaware of this important alternative. This book will be a major step in raising awareness throughout Italy and in helping Italians understand that there is another way to resolve divorce issues. The people of Italy, like people all over the world, want to find a better way to resolve difficult divorce issues. The time has arrived for Italians to reap the many benefits of Collaborative Divorce. This book can be a crucial tool in helping Italian families find a better way.

Ronald D. Ousky  http://www.ousky.com

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HO CONOSCIUTO OLGA ANASTASI NEL 2010, Ronald D. Ousky

Ho conosciuto Olga Anastasi nel 2010, quando fui invitato a Roma per formare gli avvocati italiani e altri professionisti al metodo del Divorzio Collaborativo. Non vedevo l’ora di insegnarlo affinché gli italiani potessero beneficiarne, come era avvenuto per molte famiglie americane.

Come ausilio allo studio, consegnai a tutti i professionisti una copia de Il Divorzio Collaborativo. Il metodo rivoluzionario che comporta meno stress, minori costi e bambini più felici senza andare in tribunale, il libro che ho scritto nel 2005 con Stuart G. Webb, ideatore del Diritto Collaborativo. Il libro ha aiutato molti americani ad imparare il Metodo Collaborativo e speravo sarebbe stato utile anche ai miei colleghi italiani e ai loro assistiti.

Olga Anastasi era una delle partecipanti a questo primo corso e aveva una gran voglia di capire come introdurre il Divorzio Collaborativo in Italia. Concluso il corso, accettò di tradurre il nostro libro per pubblicarlo in Italia. Ultimato il lavoro di traduzione, ci rendemmo conto che in Italia non c’era bisogno della traduzione di un libro americano sul Metodo Collaborativo, ma di un testo scritto da un avvocato italiano che ne comprendesse i benefici e potesse spiegarli in modo appropriato. Fu subito chiaro dalle nostre conversazioni che Olga Anastasi aveva l’entusiasmo e le capacità per scriverlo, sulla base di ciò che aveva imparato dal nostro libro, dal corso di formazione e dalla sua grande esperienza di avvocato divorzista. Il risultato è questo libro meraviglioso in cui Olga Anastasi illustra il Metodo Collaborativo e ne coglie lo spirito universale comune a tutte le nazioni, e spiega le leggi e le procedure specifiche che si applicano in Italia in caso di divorzio.

Nella corrispondenza con persone di tutto il mondo, ho osservato come ogni paese e ogni cultura arricchiscano con diverse interpretazioni la normativa inerente il divorzio in generale e il Divorzio Collaborativo in particolare. Allo stesso tempo, mi colpisce constatare come se da una parte il divorzio crea il medesimo impatto sulle famiglie di qualsiasi latitudine, dall’altra, grazie all’universalità dei principi umani che lo ispirano, il Divorzio Collaborativo si rivela un metodo valido in generale. Milioni di persone si separano e divorziano. In tutte le culture e in tutte le nazioni il divorzio comporta grandi sofferenze e forti emozioni che rendono difficile la risoluzione dei conflitti. In tutti i paesi i figli sono le prime vittime del conflitto che ne deriva. In tutti i paesi il sistema legislativo non è adeguato ad affrontare i delicati problemi economici, di genitorialità e di comunicazione che il divorzio comporta. Di qui l’esigenza di un’alternativa: il Metodo Collaborativo è essenziale in Italia così come in ogni altra parte del mondo.

Sono grato ad Olga Anastasi per aver scritto un libro che aiuterà a diffondere il Divorzio Collaborativo in Italia, Paese in cui molti professionisti hanno acquisito la formazione necessaria, ma le persone comuni ne ignorano quasi totalmente l’esistenza. Questo libro rappresenta un importante contributo per la diffusione del Metodo in Italia e per aiutare le persone a capire che esiste un modo nuovo e migliore per risolvere le difficoltà legate al divorzio. I tempi sono maturi perché anche in Italia si usufruisca dei benefici del Divorzio Collaborativo e il libro di Olga Anastasi è lo strumento fondamentale perché ciò accada.

Ronald D. Ousky http://www.ousky.com

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ESSERE OGGI AVVOCATO IN UN PROCEDIMENTO DI FAMIGLIA di Paola Lovati

Essere oggi avvocato in un procedimento di famiglia vuol dire assumere un mandato particolare, che comporta gestire con i propri clienti situazioni ad alto grado di complessità e pressione emotiva. Coloro che si rivolgono all’avvocato esperto in diritto di famiglia si trovano infatti ad affrontare scelte rese difficili dalla crisi che stanno vivendo e chiedono al professionista di assumere deleghe relative a questioni delicate, attinenti la propria sfera privata.

La complessità della materia, ancor più faticosa per la molteplicità delle nuove forme di relazioni familiari che si stanno sempre più diffondendo, e per l’alto contenuto degli interessi coinvolti, comporta necessariamente che l’avvocato di famiglia e minorile debba avere una formazione permanente estesa anche ad altre discipline, quali la psicologia, la pedagogia, la sociologia, la criminologia, le tecniche di mediazione. […] Nei procedimenti in cui sono coinvolti minori e, più in generale, nelle controversie familiari, è importante esercitare il dovere etico di evitare conflitti distruttivi. La conflittualità tra le parti, infatti, può aumentare o diminuire a seconda del parere del legale o del comportamento da questi assunto nella gestione della crisi familiare. Sono quindi utili i suggerimenti su come assolvere il mandato evitando l’identificazione con la parte assistita, esercitare nel processo un ruolo interattivo e non di contrapposizione e, non da ultimo, utilizzare gli strumenti che favoriscano il dialogo e la collaborazione. Dialogo e collaborazione rese ancor più necessarie laddove ci siano figli minori. In questo l’avvocato ha il compito di responsabilizzare il cliente, sollecitandolo a rispettare il dovere di leale cooperazione nell’accertamento dei fatti rilevanti ai fini della decisione (sia in ordine alle esigenze personali, di salute ed economiche dei figli, sia all’esatta determinazione delle proprie capacità reddituali e patrimoniali) e ciò in applicazione del principio di responsabilità genitoriale e di tutela del superiore interesse del minore.

Scrive lo psichiatra Francesco Villa in una recente pubblicazione: “Nella modernità liquida del villaggio globale, dove la disconnessione può segnare la fine di una relazione, non si ha più il tempo di dispiacersi per ciò che si perde perché, questo, viene immediatamente sostituito con qualcosa di analogo, di simile, certamente migliore o completamente diverso.”

[…] Tra i compiti dell’avvocato di famiglia c’è anche quello di far comprendere al proprio cliente che la relazione di coppia, in presenza di figli minori, non deve spezzarsi, né può essere semplicemente dimenticata o sostituita, perché il dovere di assistenza morale nei loro confronti, in caso di crisi, è necessariamente anche quello di pensare alla “riparazione”, eventualmente attraverso un percorso di mediazione, per continuare a svolgere il proprio “difficile” ruolo di genitore.

Avvocato Paola Lovati, presidente Unione Nazionale Camere Minorili

tratto da O. Anastasi, Il Divorzio Collaborativo, l’Arte di separarsi con amore – 2014 @ Riproduzione riservata

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EMPATIA

Un forte indicatore di successo del Metodo Collaborativo, che si rivela vincente in ogni relazione, è la capacità di sintonizzarsi con gli stati d’animo dell’altro, la cosiddetta empatia, ovvero l’attitudine all’ascolto e alla comprensione dei bisogni altrui. Nelle relazioni la fiducia nell’altro non è mai totale né completamente assente: può affievolirsi o aumentare nella misura in cui si mantengano o disattendano le promesse e la separazione, per quanto possa apparire paradossale, rappresenta un’occasione per accrescere la fiducia nelle qualità dell’altro partner, talvolta disconosciute o nascoste dalle dinamiche del menage coniugale.

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QU’EST-CE QUE LE PROCESSUS DE DROIT COLLABORATIF

Le processus de droit collaboratif fait partie des modes amiables de résolution des conflits : il consiste à prévoir au terme d’un contrat, signé par les parties et leurs avocats respectifs formés au droit collaboratif, l’engagement – contractuel – de négocier en toute transparence et en toute bonne foi, avant toute saisine judiciaire, selon un procédé couvert par une confidentialité renforcée. Au terme du contrat collaboratif, les parties prennent l’engagement de ne pas saisir le juge pendant la durée du processus.
La négociation en droit collaboratif se déroule en plusieurs étapes, prédéfinies au terme du contrat, les avocats signataires ayant le rôle d’encadrer les étapes de la négociation. La négociation dans le processus de droit collaboratif  consiste à trouver en transparence et de bonne foi une solution dégagée par les parties à l’aide de leurs avocats respectifs, lors de rencontre de règlements à quatre qui soit acceptable pour les deux parties et pérenne. L’équipe peut s’adjoindre, en cas de besoin, les services d’un tiers sachant, par exemple un expert pour éclairer les parties dans leur prise de décision – cet expert est également soumis à une confidentialité renforcée.

LE ROLE DES AVOCATS Les avocats praticiens du droit collaboratif s’engagent à être formés au processus collaboratif avant d’utiliser le processus. Les avocats formés au processus travaillent avec leurs clients sur leurs priorités et recherchent avec eux les options qui seraient acceptables pour l’une et l’autre des parties. Il s’agit de rechercher une solution globale à tous les points de différend.  Ce processus répondra à votre au souhait de parvenir à trouver des accords pérennes, dans un cadre sécurisé et apaisé, et dont vous restez maitres, la solution ne vous étant plus imposée par le juge.  Vous pourrez trouver la liste des avocats formés au droit collaboratif dès 2018.

QUE SE PASSE-T-IL EN CAS D’ACCORD Les parties peuvent, ou non, décider de faire homologuer leur accord.

QUE SE PASSE-T-IL EN CAS D’ECHEC Les avocats s’engagent contractuellement à se retirer de la défense de leurs clients au contentieux. Cette obligation contractuelle peut apparaître comme un obstacle, mais fait au contraire tout son succès, les avocats étant autant engagés que vous. Tous les intervenants ont donc intérêt à ce que la négociation aboutisse. Sachez toutefois que le taux de réussite des négociations menées selon le processus collaboratif est de près de 98%. Les avocats le pratiquant s’assurent que tant l’autre partie que leur client sont prêts et désireux à négocier de bonne foi, en transparence et afin de trouver une solution globale acceptable pour l’une et l’autre des parties.

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“THE BIG PICTURE” LA GRANDE IMMAGINE DEL DIRITTO COLLABORATIVO

“E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’Oceano, il corso degli astri, e non pensano a se stessi, non si maravigliano che mentre io nomino tutte codeste cose non le vedo con gli occhi, ma che non potrei nominarle se i monti, i flutti, i fiumi, le stelle che conosco per averle viste, l’oceano di cui ho sentito parlare non li vedessi nella mia memoria così smisurati nello spazio come se li vedessi lì davanti. Eppure non le ho tratte dentro quando le guardai con gli occhi, non sono qui vicine, esse, bensì le loro immagini: e so anche quale senso del corpo me ne ha stampato dentro l’impressione” (Sant’Agostino, Le Confessioni, Libro X, capitolo VIII “Gli ampi ricettacoli della memoria” – traduzione C. Vitali, 1998 RCS Libri Milano).

“Così a quello che ho letto io aveva mi tenni contento, e tacendo mi feci considerare la stoltezza dei mortali, che la parte più nobile della natura disprezzando, si perdono in mille e vane speculazioni, e quel che dentro se stessi trovar potrebbero van cercando al di fuori” (Petrarca, Epistole, IV, I, ivi).

“Nel Diritto Collaborativo ci si riferisce al concetto di “The Big Picture”, ovvero i valori che attengono alla propria visione dell’esistenza, quelli importanti su cui concentrarsi e sui quali far convergere tempo e risorse per la vita a venire. La coscienza del potere che le immagini del mondo hanno sugli individui è uno dei punti rilevanti dell’impianto filosofico di Nietzsche che nei suoi scritti afferma che chi ha un perché per vivere sopporta quasi ogni come. La metodologia da usare è quella tipica della riflessione umanistico-filosofica che impegna l’essere umano a riflettere sulla propria ontologia e sul mondo, sul senso dell’esistenza e degli oggetti della natura, educato all’ascolto e alla esplicitazione dell’altro, con il fine di comprendere, interpretare e sciogliere i conflitti.”

Olga Anastasi, Il Divorzio Collaborativo, 2014 @ Riproduzione riservata https://www.amazon.it/divorzio-collaborativo-Larte-separarsi-amore-ebook/dp/B00UTCNIBM

TRIBUNALE DI ROMA, SEZ. I CIV., SENTENZA 21 luglio 2017 (Pres. Mangano, rel. Pratesi)

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Massima segnalata dal Dott. Giuseppe Buffone (riproduzione riservata) su http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/18826

In virtù dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 10/05/2017 n. 11504, nel giudizio diretto al riconoscimento dell’assegno divorzile, occorre in via preliminare accertare (prescindendo dunque da qualsiasi comparazione con le condizioni dell’altro coniuge e con il pregresso tenore di vita) se il coniuge richiedente versi o meno in una condizione di obiettiva indipendenza economica, desunta – salvi casi specifici – da indicatori quali il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), le capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), la stabile disponibilità di una casa di abitazione. Una volta escluso che il coniuge, all’esito del giudizio di cui sopra, operato sulla base del principio di autoresponsabilità economica, si trovi (in atto o in potenza) in una simile condizione di indipendenza, ed abbia quindi in linea astratta diritto a percepire l’assegno divorzile, occorre fare riferimento, sulla base del concorrente principio della solidarietà postconiugale, ai criteri di commisurazione indicati dall’art. 5 l div. (“(….) condizioni dei coniugi, (….) ragioni della decisione, (….) contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrim onio di cias cuno o di quell o comune, (….) reddit o di entrambi (….)”), e “valutare” “tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio” al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di divorzio. Questi principi devono però essere integrati dagli elementi in fatto emergenti dal caso concreto: infatti, nel considerare le esigenze minime che possono e devono essere salvaguardate in virtù della solidarietà p o s t c o n i u g a l e , o c c o r r e a v e r e r i g u ar d o a n c h e a l l a p o s i z i o n e sociale dell’avente diritto (elemento cui fanno richiamo persino le disposizioni che regolano l’obbligo agli alimenti – v. art. 438 c.c.).

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Tra le parti del presente giudizio è già intervenuta sentenza non definitiva di scioglimento del vincolo matrimoniale; la causa perviene dunque oggi alla decisione del collegio sull’unico tema controverso costituito dalla domanda formulata dalla resistente di vedersi attribuire un consistente assegno divorzile in ragione del notevole divario reddituale dal coniuge, neurochirurgo di fama internazionale.

La richiesta è avversata dal ricorrente, il quale sostiene da un lato che la moglie goda di ampia autonomia, in quanto percettrice di adeguati redditi (lavora presso una organizzazione internazionale con contratti a termine), dall’altro che le proprie risorse si sarebbero sensibilmente ridimensionate rispetto al tempo della separazione, sia in ragione della contrazione della sua attività lavorativa, sia della nascita di un figlio avvenuta nel 2012, sia della ingente esposizione maturata nei confronti del fisco (oltre 500mila euro), in corso di ripianamento attraverso una onerosa rateazione.

E’ noto che nella materia, sino a poco tempo fa oggetto di letture giurisprudenziali pressoché univoche, è intervenuto un recentissimo arresto della Corte di Cassazione, la cui sezione prima, con la sentenza 10/05/2017 n° 11504, ha ampiamente rimesso in discussione quello che da taluni era definito “il dogma” della conservazione del tenore di vita matrimoniale.

Dato per presupposto che il giudizio sulla spettanza dell’assegno doveva essere orientato dal c.d. criterio assistenziale, il significato ed il contenuto unanimemente attribuito a tale espressione era quello di legittimare l’imposizione di un contributo al coniuge più abbiente laddove i mezzi dell’altro si rivelassero insufficienti a mantenere un tenore di vita comparabile con quello tenuto in costanza di matrimonio; l’assegno, in tale accezione, veniva dunque a riparare e riequilibrare “l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni e c o n o m i ch e ” .

Nella innovativa visione della Cassazione, al contrario, occorre in via preliminare accertare (prescindendo dunque da qualsiasi comparazione con le condizioni dell’altro coniuge e con il pregresso tenore di vita) se il coniuge richiedente versi o meno in una condizione di obiettiva indipendenza economica, desunta – salvi casi specifici – da indicatori quali il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), le capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Una volta escluso che il coniuge, all’esito del giudizio di cui sopra, operato sulla base del principio di autoresponsabilità economica, si trovi (in atto o in potenza) in una simile condizione di indipendenza, ed abbia quindi in linea astratta diritto a percepire l’assegno divorzile, occorre fare riferi ment o, sulla base del concorrente principio della solidarietà postconiugale, ai criteri di commisurazione indicati dall’art. 5 l div. (“(….)condizioni dei coniugi, (….) ragioni della decisione, (….) contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, (….) reddito di entrambi (….)”), e “valutare” “tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio” al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di divorzio.

La sentenza rimarca dunque la distanza tra i doveri di assistenza che presiedono il rapporto di coniugio dai più attenuati doveri di solidarietà postconiugale.

Ora, ad una prima lettura, la situazione dei coniugi Yyyy – Xxxx sembra rientrare nel novero dei casi che – alla luce dei criteri ermeneutici proposti dalla Cassazione – dovrebbero condurre alla reiezione della domanda di assegno divorzile; la resistente infatti lavora per un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite (…..) con contratti a termine (sin qui costantemente rinnovati) e redditi netti annui che si attestano mediamente intorno ai 35.000 euro; nessun accostamento è possibile pertanto tra la persona di Xxxx Xxxx e l’immagine di un coniuge in condizioni di necessità o bisogno.

E tuttavia a parere del collegio è opportuno integrare i principi pur condivisibili da cui muove la sentenza in commento (in particolare la resistenza a soluzioni che determinano nei fatti una sorta di rendita di posizione, inconciliabili con la stessa evoluzione sociale del matrimonio), con ulteriori considerazioni che consentano un effettivo adattamento dell’istituto dell’assegno divorzile alle peculiarità delle diverse realtà familiari.

La ricostruzione della storia della coppia, come emerge dagli atti e dalle testimonianze, restituisce l’immagine di una donna che consapevolmente ha lasciato per diversi anni il proprio lavoro presso …… (ove era inquadrata a tempo indeterminato) per seguire il marito in … dove egli svolgeva la propria attività ….; tutti i testimoni hanno riferito dell’attenzione che la Xxxx ha manifestato verso il coniuge, intessendo una fitta rete di relazioni sociali che hanno in qualche modo agevolato la brillantissima carriera di lui; si evince poi che solo una volta ristabilita prevalente residenza a Roma la donna abbia ripreso (a far data dal 2000) la propria attività presso ….., ma senza essere più inquadrata stabilmente, bensì unicamente con contratti a tempo determinato.

Altra vicenda che appare significativa nella ricostruzione della vita familiare è quella che attiene alla casa familiare (prestigioso appartamento in zona centrale …), acquistata dal marito e da questi intestata alla moglie in concomitanza con il matrimonio (circostanza non contestata) e quindi dalla moglie stessa conferita in una società immobiliare (……srl) costituita nel 2005 (circa un anno prima dell’avvio della separazione) di cui la maggioranza delle quote era detenuta dalla madre di Yyyy, che ne era anche amministratrice; poco dopo la Xxxx aveva ceduto le proprie quote della ….. ad una ulteriore società (intestazione cui ella aveva attribuito natura fiduciaria e che le era stata suggerita per conseguire vantaggi fiscali); di tali passaggi è dato conto nella sentenza che nel maggio 2013 ha accolto la domanda di rilascio dell’immobile, formulata dalla ….in danno della Xxxx, la quale dunque, in seguito ad una serie di operazioni immobiliari da cui non ha palesemente tratto alcun tipo di vantaggio, si è trovata improvvisamente priva dell’abitazione di cui sino ad alcuni anni prima era titolare esclusiva.

Poste queste premesse “storiche”, va altresì considerato che i redditi fiscalmente emersi dell’odierno ricorrente si attestano intorno ai 26.000,00 euro netti mensili, ma che il susseguirsi di accertamenti fiscali nei suoi confronti, qui ostentato al fine di rappresentare una condizione di minore forza economica, evidenzia in realtà la produzione di ben maggiori introiti; il tenore di vita che traspare dalle testimonianze e dalla documentazione prodotta è comunque elevatissimo. Ora è vero che la rilevanza ermeneutica dello stile di vita pregresso, come si è detto, è destinata ad essere fortemente se non del tutto ridimensionata nella valutazione del diritto all’assegno; resta però il fatto che nel considerare le esigenze minime che possono e devono essere salvaguardate in virtù della solidarietà postconiugale, occorre avere riguardo anche alla posizione sociale dell’avente diritto (elemento cui fanno richiamo persino le disposizioni che regolano l’obbligo agli alimenti – v. art. 438 c.c.).

Nel caso dei coniugi Xxxx – Yyyy, in particolare, risulta innegabile che la moglie – lungi dall’essersi adagiata sul tenore di vita offertole dal marito – si sia adoperata, non appena ritrovata una stabilità residenziale, per mettere a frutto per quanto possibile le competenze professionali in passato acquisite, ma che abbia comunque scontato in qualche modo gli anni in cui, per seguire le esigenze di carriera del marito, si era trovata nella necessità di lasciare il proprio posto di lavoro: se non altro in termini di minore sicurezza della attuale posizione lavorativa, che si articola oggi in una serie di contratti a tempo determinato anziché come in precedenza in uno stabile inquadramento. Tale minore certezza riveste tanto maggiore rilievo in quanto ad oggi ella si trova nella necessità di prendere in locazione un immobile, essendo del tutto prova di beni patrimoniali, a seguito del conferimento della sua abitazione nella società amministrata dalla madre del marito, nella quale la Xxxx non ha conservato alcuna partecipazione.

Non si tratta dunque di intervenire in funzione equilibratrice di una condizione personale indubbiamente disallineata, né di ricondurre il tenore di vita dell’ex moglie agli standards di cui aveva in precedenza beneficiato, quanto di evitare che ella – ad onta del contributo obiettivamente fornito al menage coniugale (se non altro col rendersi disponibile ad una vita itinerante in funzione degli interessi professionali del coniuge) possa trovarsi oggi – ad esempio – nella difficoltà di mantenere una soluzione abitativa adeguata al proprio livello professionale e sociale.

In tale contesto, pare al collegio che (ferme per il passato le misure adottate in via provvisoria) l’attribuzione di un assegno divorzile di € 1.600,00 mensili, sia soluzione adeguata ad assicurare un giusto assetto post – matrimoniale, sì da garantire alla moglie una prospettiva di stabilità abitativa nonostante la mancanza di beni patrimoniali, e sotto questo profilo liberarla da una potenziale condizione di incertezza legata alla non prevedibilità del suo futuro lavorativo. Tale soluzione, pur nel rispetto delle linee guida tracciate dal giudice di legittimità (posto che ben altra commisurazione si sarebbe avuta nel tentativo di equilibrare le due economie), consente dunque di adeguarne l’applicazione alla particolarità del caso concreto.

Le spese di lite vengono compensate in presenza di margini di soccombenza reciproca.

p.q.m.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle condizioni del divorzio

tra i coniugi

– Fermi per il passato i provvedimenti vigenti, a far data dal mese successivo alla presente pronuncia pone a carico del ricorrente Yyyy Yyyy l’obbligo di corrispondere a Xxxx Xxxx un assegno divorzile di € 1.600,00 mensili, da corrispondere al domicilio dell’avente diritto entro il giorno 5 di ogni mese, soggetto a rivalutazione istat.

Compensa le spese di lite tra le parti. Così deciso in Roma, in data 21/07/2017

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ASSEGNI DIVORZILI: RICHIESTA DEL CONIUGE E MANTENIMENTO DEL FIGLIO NON ECONOMICAMENTE INDIPENDENTE

#Tribunale di Como, 15 novembre 2017. Pres. est. Donatella Montanari 

#Divorzio – Coniuge separato avente diritto ad #assegno di mantenimento – Necessità di specifica richiesta di assegno divorzile – Sussiste

#Mantenimento del #figlio #maggiorenne – Che abbia svolto lavori precari – Indipendenza economica – Non sussiste – Onere del beneficiario di informazione sulla propria situazione reddituale e lavorativa – Sussiste

L’assegno di mantenimento conseguente a separazione consensuale è prestazione ben diversa dall’assegno divorzile, soggetto a specifica disciplina circa l’an ed il quantum debeatur, ed è subordinato a condizioni il cui presupposto (persistenza dello status di separazione) ovviamente viene meno una volta caducati gli effetti civili del vincolo matrimoniale.

Non potendo ritenersi che il figlio abbia conseguito la autosufficienza economica per il sol fatto di avere svolto alcuni lavori precari, va confermare il contributo economico già concordato tra i genitori con gli accordi separativi. Tuttavia il soggetto alimentando è tenuto a fornire le informazioni relative alle proprie condizioni reddituali e lavorative, onde evitare al debitore dell’assegno i pregiudizi economici che potrebbero derivargli, sul piano fiscale, ove egli per ignoranza incolpevole richiedesse le detrazioni fiscali (per carichi familiari) relativamente al soggetto beneficiario dello assegno, che va quindi onerato della informazione, trimestrale, circa la propria situazione reddituale e lavorativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso depositato in data 16-4-2015 XX adiva il Tribunale di Como chiedendo che fosse dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato con YY il 31-7-1993 in Roma, assumendo che i coniugi si erano separati da oltre un triennio come da documentazione prodotta in giudizio e che dall’unione erano nate le figlie WW il 9-8-1994 e QQ il 28-9-1996; chiedeva quindi revocarsi, stante le nuove condizioni economiche di moglie e figlie, il contributo di mantenimento già posto a proprio carico nonché la assegnazione della casa familiare; costituitasi ritualmente, la parte convenuta non si opponeva alla domanda di divorzio ma contestava le avversarie deduzioni sotto il profilo economico, chiedendo confermarsi, in parte qua, le vigenti condizioni di separazione

All’udienza presidenziale 12-11-2015 il Presidente esperiva infruttuosamente il tentativo di conciliazione e quindi, previa adozione dei provvedimenti provvisori, rimetteva le parti innanzi al designato Giudice Istruttore per la prosecuzione del giudizio. A seguito degli adempimenti di cui all’art. 183 cpc, la causa veniva istruita mediante produzioni documentali; indi le parti precisavano le rispettive conclusioni all’udienza del 12-7-2017 sicchè la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione ex art. 275 cpc.

Ad avviso del Collegio, la domanda principale attorea risulta quindi meritevole di accoglimento; il divorzio è stato invero richiesto sull’accertato ed incontestato presupposto che la separazione dei coniugi risalga ad oltre un triennio (secondo la normativa vigente pro tempore) anteriore al deposito del ricorso introduttivo; devesi quindi escludere, tenuto conto del tempo trascorso e del contegno processuale delle parti, che possa essere ripristinata la comunione coniugale. Quanto alle questioni accessorie, in primo luogo si osserva che nella fase presidenziale la resistente non ha richiesto lo assegno divorzile, bensì la conferma, sotto il profilo economico, delle vigenti condizioni di separazione consensuale (che prevedevano, tra l’altro, lo assegno di mantenimento a suo favore, prestazione ben diversa dallo assegno divorzile, soggetto a specifica disciplina circa l’an ed il quantum debeatur) condizioni il cui presupposto (persistenza dello status di separazione) ovviamente viene meno, per effetto del presente provvedimento, una volta caducati gli effetti civili del vincolo; in ogni caso, anche ove detta domanda dovesse essere intesa quale richiesta di assegno divorzile ai sensi dello art. 5 L 898/70, dalla stessa la convenuta è decaduta non avendo depositato la memoria integrativa ai sensi dello art. 709 3°co c.p.c, quindi non avendo allegato entro i termini di rito la sussistenza degli specifici presupposti dello assegno divorzile.

In secondo luogo, circa la sorte delle figlie, entrambe maggiorenni e conviventi WW con la madre e QQ con il padre, solo quest’ultima risulta attualmente economicamente autosufficiente, siccome riferito nelle difese conclusive dell’attore, mentre WW, a seguito di alcuni impieghi precari e comunque a tempo determinato, è rimasta disoccupata dal 31- 8-2017 (vedasi certificato del Centro per l’Impiego 5-7-2017 e altra documentazione prodotta alla udienza di precisazione delle conclusioni); non potendo quindi ritenersi che la giovane abbia conseguito la #autosufficienza economica per il sol fatto di avere svolto alcuni lavori precari dal 2015 in avanti, devesi confermare (essendo rimaste sostanzialmente invariate le condizioni reddituali del padre, anzi migliorate per effetto della estinzione del mutuo, una volta alienata la casa coniugale) il contributo economico paterno già concordato tra i genitori con gli accordi separativi; va però rilevato che, come evincesi dal citato certificato del Centro per lo Impiego, la ragazza per più mesi ha lavorato con contratti di lavoro a full time, seppure a termine, lucrando quindi retribuzioni adeguate, almeno nei siffatti periodi, al suo personale mantenimento, benché ricevesse ugualmente lo assegno del #padre, rimasto ignaro delle sue vicende lavorative a causa della carenza di comunicazione padre-figlia e fra gli stessi genitori; detta omissione di informazione (foriera di motivi di litigiosità) va censurata posto che anche le obbligazioni alimentari, come le obbligazioni in genere, debbono essere eseguite secondo correttezza e buona fede ex art. 1175 cc, talchè il soggetto alimentando, seppure non intenda coltivare, sul piano affettivo, la relazione parentale, è pur sempre tenuto a fornire le informazioni relative alle proprie condizioni reddituali e lavorative, onde prevenire occasioni di contrasto e litigiosità tra gli ex coniugi legate agli adempimenti economici e evitare al debitore dello assegno i pregiudizi economici che potrebbero derivargli, sul piano fiscale, ove egli per ignoranza incolpevole richiedesse le detrazi oni fiscali ( per carichi familiari) relativamente al soggetto beneficiario dello assegno; la convenuta (o per essa la figlia WW con lei convivente) va quindi onerata della informazione, trimestrale, circa la situazione reddituale e lavorativa di quest’ultima, onere al cui corretto assolvimento risulta subordinato il #credito allo assegno di mantenimento.

Attesa la parziale reciproca soccombenza delle parti circa i profili economici del contenzioso, sussistono giusti motivi ai fini della compensazione delle spese di lite tra le parti.

PQM
Il #Tribunale di Como pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da XX e YY il 31-7-1993 in #Roma, trascritto negli atti di stato civile del Comune stesso, parte 2, serie A, numero 25, ordinando all’ufficiale di stato civile dello stesso Comune di provvedere alla relativa annotazione; pone a carico del padre il contributo di mantenimento per la figlia WW pari ad euro 350,00 mensili, rivalutabili annualmente secondo indici istat a far tempo da novembre 2018, con onere di informazione trimestrale di cui in motivazione; compensa le spese di lite.

Cosi deciso in Como in camera di consiglio, addì 15-11-2017
Il Presidente relatore estensore dott.ssa Donatella Montanari.

Redazione IL CASO.it http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/18974

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