Olga

Articoli nella categoria Diritto penale

HOW DID WE LOOSE IT, BABY?

Francesco De Prezzo, Null drapp. Olio e smalto su tela, 70x50 cm, 2017«Don’t need anymore apologies/I don’t know what to do with them/They don’t open doors/Or bring the sun back»: non ho bisogno di scuse, non so cosa farmene, non aprono porte né riportano luce. Tantomeno amore. Cassazione penale 27.3.2019 n. 13407 conferma la condanna per esercizio arbitrario delle proprie ragioni a un ex marito il quale, non più obbligato al pagamento delle bollette della casa familiare, rimasta all’ex moglie, dopo averle intimato inutilmente la voltura, si è sentito in diritto di staccare l’utenza. Nel nulla di De Prezzo, fuori dal tunnel della settimana, scivolo come Alice finalmente nel bianco dei flussi positivi, delle meraviglie, del mio mondo a rovescia “dove le cose, insomma, non sono mai quello che sono” (Massimo Donà).

In foto Francesco De Prezzo, Null drapp. Olio e smalto su tela, 2017. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.

Cass. penale Sez. VI n. 13407 -27.03.2019

NULLI SAPERE CASU OBTIGIT

Maurizio L'Altrella, Natività in utero. Olio su tela, 2017«A nessuno è toccato essere saggio per caso» (Seneca, Ad Lucilium IX, 76, 6) è la mia chiosa, «I bambini non si vendono e neppure si regalano» quella del giudice Marra a Cassazione penale n. 2173 del 17.1.2019 che conferma la condanna a 4 imputati. Una coppia dà € 30.000 al ginecologo per un nascituro; la partoriente, appena maggiorenne, se ne disfa, con intesa ad alterare l’atto di nascita, far risultare il bimbo figlio dei due. La puerpera si difende: non avrebbe violato la legge sull’adozione, non ha avuto corrispettivo. L’articolo 71 L. 184/83 punisce con la reclusione da 1 a 3 anni chi affida in via definitiva un minore, indipendentemente dal compenso ricevuto, condizione di punibilità solo per chi lo prende in consegna illecitamente.

Maurizio L’Altrella, Natività in utero. Olio su tela, 2017. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.

Cassazione penale 17 gennaio 2019 n. 2173

RITRATTO DI UN’IDEA

Lorenzo Puglisi, Ritratto 010316. Olio su tela, 2016

Carissima Olga, ricordi quando noi, amici di Arte Contemporanea Picena, ti chiedemmo una presentazione improvvisata de “Il Divorzio Collaborativo”, appena pubblicata la prima edizione? Tornavamo dalla visita a una collezione e tu, col fascino che ti è proprio, ci raccontasti dell’idea del potere unificante dell’arte, della sua forza comunicativa applicata al tuo lavoro. Adottare un linguaggio visionario, comprensibile attraverso canali emotivi prima che razionali, proprio della pratica artistica, abbatte barriere altrimenti insuperabili. Affidarsi a codici espressivi alternativi modifica rapporti e toni incompresi. Non vediamo l’ora di ammirare la traduzione pratica della tua bellissima intuizione. Grazie (e perdona l’estemporaneità). 03012015, Sabrina Pecci.

In foto Lorenzo Puglisi, Ritratto 010316. Olio su tela, 2016. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.

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I MURI HANNO BOCCHE PER PARLARE

Adriano Annino, Walls have mouths to tell. Acrilico su tela, 2015

Se i muri avessero bocche per parlare racconterebbero una verità diversa da quella processuale. Direbbero se Nina è stata stuprata dall’amico e da chi faceva il palo, non che consentiva perché brutta o scaltra come sostenuto dai giudici di appello. In attesa di avere la sentenza della Cassazione che ha annullato con rinvio, leggo la n. 948-2015: in una violenza sessuale ai danni di un sedicenne è correità dell’anziano che, messa a disposizione casa sua, aveva solo assistito mentre un suo complice commetteva l’abuso sul ragazzo. Perché sia reato non è richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano gli atti di violenza, ma che abbiano contribuito all’esecuzione e siano presenti sul luogo del delitto.

In foto Adriano Annino, Walls have mouths to tell. Acrilico su tela, 2015. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.

Riferimenti: Sentenza 7 ottobre 2014 – 13 gennaio 2015, n. 948 

L’ORIZZONTE E IL FARO

Pietro Capogrosso, Orizzonte. Olio su tela, 2017Da quando lessi nell’Elogio dell’Amore di Alain Badiou che «L’arte è ciò che nell’ordine del pensiero rende completa giustizia all’evento» cercavo di visualizzare il segno, il Symballein che da cui sono avvinta: finalmente di fronte al faro e agli orizzonti che dipinge Capogrosso l’ho trovato. La giustizia è armonia se ci fa luce, superando i dualismi col diritto, la dicotomia dettata dall’urgenza di rispetto della legalità; se, come l’arte e con l’arte, trascende il linguaggio e crea legami, assecondando la tensione al bello, propria dell’orizzonte umano.

In foto Pietro Capogrosso, Orizzonte. Olio su tela, 2017. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.

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È TUTTORA REATO NON MANTENERE I PROPRI FIGLI

GIULIA HUOBER-L'ORA DELLA CENA 2017Parrebbe un assioma essere tenuti ad assicurare ai propri figli il sostentamento, per la loro condizione di persone non in grado di badare a se stesse e dunque bisognose, invece il dibattito giuridico è ancora vivo e aperto, rintuzzato dalla recente proposta contenuta nel disegno di legge n. S 735 (DDL Pillon) di abrogare l’art. 570bis del codice penale. La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 22 novembre 2018, ha pertanto dovuto ristabilire un’armonia: la minore età dei figli costituisce essa stessa, in via presuntiva, uno stato di bisogno, cui consegue l’obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza, “obbligo che non viene meno neppure qualora al sostentamento del minore provveda l’altro genitore o un terzo”, con ciò richiamando un principio già espresso nel 2015, con la sentenza n. 18749. Confermata pertanto la condanna a due mesi di reclusione e 200 euro di multa per il genitore inadempiente, oltre al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila euro in favore della cassa delle ammende.

In allegato Corte di Cassazione, Sezione VI penale – 22 novembre 2018, n. 52663

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – SENTENZA 22 novembre 2018, n.52663

In foto Giulia HuoberL’ora della cena. Tempera su carta intelata, 2017.

Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it

 

RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE L’INTEGRAZIONE DELL’ART. 600 TER, COMMA 1, N. 1 CODICE PENALE

L’Ufficio del Massimario n. 20/2018 segnala la rimessione alle Sezioni Unite penali della seguente questione:

“Se, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 600 ter, comma 1, n. 1, cod. pen., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, sia ancora necessaria, stante la formulazione introdotta dalla legge 6/2/2006, n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale, come richiesto dalla sentenza n. 13 del 31/05/2000 delle Sezioni unite”.

CORTE CASSAZIONE 10167-2018

RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE LA DEPENALIZZAZIONE DELLA FALSITÀ IN SCRITTURA PRIVATA

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 7 marzo – 9 maggio 2018, n. 20456

Presidente Prestipino – Relatore Di Pisa

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza in data 06/07/2016 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avezzano ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a F.S., imputato del reato di ricettazione (capo a.) e falsificazione di un assegno bancario (capo b.), la pena concordata fra le parti di mesi tre di reclusione ed Euro trecento di multa, ritenuta l’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., valutata corretta la qualificazione giuridica dei fatti contestati, aumentata la pena ex art. 99 comma 4 cod. pen., unificati i reati sotto il vincolo della continuazione ed operata la diminuzione per la scelta del rito.
  2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo difensore, F.S. , che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di un unico motivo, deducendo violazione di legge in quanto il giudice avrebbe dovuto disattendere l’accordo ex art. 444 cod. proc. pen. dal momento che il fatto di cui al capo b) (artt. 61 n.2, 485 e 491 cod. pen.) era stato, alla data della pronunzia, depenalizzato in forza della legge n. 7 del 15/01/2016.

2.1. La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Gabriele Mazzotta, ha depositato requisitoria scritta in data 20/11/2017 con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso rilevando che sulla scorta della giurisprudenza di legittimità maggiormente condivisibile, la fattispecie della falsificazione dell’assegno bancario, ancorché non trasferibile, non risultava fosse stata depenalizzata.

Considerato in diritto

  1. Osserva il Collegio che posto che in forza della impugnata sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. è stata applicata al F. la pena concordata fra le parti anche in relazione al reato di cui al capo b) (falsificazione di assegno non trasferibile dell’importo di Euro 10.000,00) la questione da affrontare in questa sede riguarda il quesito di diritto se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di “non trasferibilità” rientri nella fattispecie descritta dall’art. 485 cod. pen. (rubricato “Falsità in scrittura privata” ed oggi depenalizzata, a seguito dell’intervento del D.Lgs. n. 7 del 2016) e non in quella – differente della “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito” (di cui all’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo D.Lgs. n. 7 del 2016 già citato).

1.1. Occorre, infatti, considerare che in caso di patteggiamento per una pluralità di reati, qualora nel corso del giudizio il reato base o una delle violazioni “satellite” vengano depenalizzati, il venir meno di uno dei termini essenziali del contenuto dell’accordo che ha portato al patteggiamento travolge l’intero provvedimento e impone l’annullamento della sentenza per una nuova valutazione delle parti, poiché l’abolizione incide in modo significativo in ordine sia alla determinazione dell’aumento in continuazione, che alla valutazione complessiva della condotta contestata. (Fattispecie relativa al reato previsto dell’art. 116 cod. strada, depenalizzato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8). (Sez. 2, n. 40259 del 14/07/2017 – dep. 05/09/2017, Ndiaye, Rv. 27103501).

  1. Va, quindi, evidenziato che sulla tematica relativa alla depenalizzazione della falsità in assegno bancario contenente la clausola di non trasferibilità, si registrano, come evidenziato dal Sostituto Procuratore Generale nella requisitoria in atti, due diversi orientamenti all’interno delle Sezioni Semplici della Suprema Corte.
  2. Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla Quinta Sezione Penale, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell’art. 491 cod. pen. ad opera del D.Lgs. n. 7 del 2016, la condotta di falsificazione di assegno bancario avente clausola di non trasferibilità non rientra più tra quelle soggette a sanzione penale mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata (vedi Sez. 5, n. 11999 del 17/01/2017 Rv. 269710; nello stesso senso Sez. 5, n. 32972 del 04/04/2017 – dep. 06/07/2017, P.M. in proc. Valentini, Rv. 27067701 ed, ancora, Sez. 5. n. 56562/2017; n. 13047/2017 e n. 3422/2017, non massimate).

In seno a dette pronunzie si è osservato che sebbene il legislatore con il D. Lgs n. 7/2016, nel depenalizzare il delitto di cui all’art. 485 cod. pen., abbia mantenuto la rilevanza penale dei falsi riguardanti i titoli di credito trasmissibili per girata, che sono sempre punibili a norma dell’art. 491 cod. pen., tuttavia la falsificazione di un assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità non è sussumibile nella fattispecie di reato residuata dopo l’intervento di depenalizzazione.

Tale soluzione è stata adotta sulla scorta della risalente pronunzia (S.U. n. 4 del 20/02/1971, Rv. 118012), “mai contraddetta prima dell’intervento di depenalizzazione del 2016 da arresti successivi” la quale ha affermato, dirimendo il contrasto insorto all’interno delle Sezioni Semplici, che la falsità commessa in assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art. 491 cod. pen. ma a norma dell’art. 485 cod. pen.

Le S.U. hanno, in particolare, espresso il principio di diritto, pienamente condiviso dal citato orientamento, secondo cui: “La ragione della più rigorosa tutela accordata dall’alt 491 cod. pen. ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata, nella equiparazione quoad poenam di tali titoli agli atti pubblici, non risiede nella loro natura giuridica né nella loro attitudine alla circolazione illimitata, che è comune a tutti i titoli di credito, ma è determinata dal maggiore pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi.

Ne deriva, secondo la sentenza in commento, che la circolabilità propria dei titoli presi in considerazione dalla norma citata deve esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l’inquadramento dell’illecito nella norma stessa, il che comporta che non si possa prescindere dalle clausole che in concreto ostacolino la circolazione dei titoli anzidetti. La clausola di non trasferibilità apponibile all’assegno bancario o all’assegno circolare (artt. 43 e 86 RD 21 12 1933, n 1736), immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, tale non potendo considerarsi la girata ad un banchiere per l’incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed e priva di effetti traslativi dei diritti inerenti al titolo. Pertanto la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art 491 bensì a norma dell’art 485 cod. pen. (Sez. U, n. 4 del 20/02/1971 – dep. 17/05/1971, GUARRACINO, Rv. 11801201)”.

Nella citata pronunzia, Sez. 5 n. 11999/2017 cit., richiamati i principi indicati si è sottolineato, in parte motiva, che la girata per incasso viene considerata una girata “impropria”” evidenziandosi, altresì, come non possa sussistere dubbio alcuno che: “…il ragionamento allora svolto dal Supremo Collegio in una fattispecie in cui ad un assegno bancario era stata apposta la clausola di trasferibilità deve essere al giorno d’oggi esteso a tutti gli assegni bancari o postali – come quelli per cui è procedimento – aventi un importo superiore a Euro 1.000,00, atteso che, a norma dell’art. 49 comma 5 e 6 dlgs. n. 231/2007, tutti gli assegni bancari e postali emessi per un importo superiore a quello sopra indicato devono recare la clausola di non trasferibilità e possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.”.

Sempre nel solco di tale approccio ermeneutico si è, ancora, sostenuto che: “Poiché la clausola di non trasferibilità apposta all’assegno bancario o all’assegno circolare (artt. 43 r.d. 21/12/1933, n. 1736), dal punto di vista civilistico, ne determina la perdita della qualità di titolo trasferibile mediante girata (art. 17 r.d. 1736/1933), la trasposizione degli esposti principi nel nuovo contesto normativo modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, caratterizzato dall’abrogazione del reato di cui all’art.485 cod. pen., dal punto di vista penalistico esclude la riconducibilità del fatto alla fattispecie dell’art.491 cod. pen. e lo espunge conseguentemente dall’area della rilevanza penale. Una diversa conclusione non è consentita dalla rigorosa applicazione del principio di legalità” (v. in parte motiva Sez. 5, n. 32972 del 04/04/2017, cit.).

  1. All’indirizzo sopra menzionato se ne contrappone altro fatto proprio dalla Seconda Sezione Penale, che in alcune sentenze ha rilevato come in tema di falso in scrittura privata, nonostante l’abrogazione dell’art. 485 cod. pen. e la nuova formulazione dell’art. 491 cod. pen. ad opera del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è, comunque, girabile per l’incasso (cd. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato (vedi Sez. 2, n. 36670 del 22/06/2017 – dep. 24/07/2017, Milani, Rv. 27111101; in senso conforme Sez. 2 n. 52218/2016; n. 39093/2017; n. 8063/2018 nonché n. 8065/2018, non massimate).

In tale ultima pronunzia è stato, in particolare, precisato: “… la nuova disposizione dell’art. 491 cod. pen., per effetto del D. Lgs. n. 7 del 2016, non distingue tra un tipo di girata ed un’altra, né nei lavori preparatori al citato testo normativo si trova traccia della volontà del legislatore di depenalizzare per le vie di fatto la maggior parte dei più gravi falsi in assegni, tenuto conto che, a seguito della Legge di Stabilità del 2016 (legge n. 208 del 28/12/2015), tutti gli assegni per un importo superiore ad Euro 1000 devono obbligatoriamente essere dotati di clausola di non trasferibilità. Con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente a voler seguire l’opposta tesi, la falsificazione di un titolo di credito di importo inferiore a mille Euro, non dotato di clausola di non trasferibilità, sarebbe un fatto ancora penalmente perseguibile ai sensi del nuovo art. 491 cod. pen., al contrario della stessa falsificazione apposta su un assegno di importo maggiore e, per questo, espressione di un maggior disvalore della condotta e di possibili maggiori effetti dannosi sulla vittima (l’impiegato di banca che dà seguito all’operazione e l’istituto bancario).

Né dirimenti orientamenti in senso contrario è possibile trarre in proposito da quanto affermato da Sez. U, n. 4 del 20/02/1971, Guarracino, decisione intervenuta su un assetto normativo nel quale tutte le falsificazioni su assegni erano comunque penalmente rilevanti, ai sensi dell’art. 485 cod. pen., oggi abrogato, o ai sensi dell’art. 491 stesso codice “(v. sent. cit. in parte motiva).

Nello stesso senso va, pure, richiamata da ultimo Cass. Sez. Seconda n. 12599/2018 (non massimata) che ha anche evidenziato come “a voler seguire la soluzione opposta (quella della irrilevanza penale n.d.r.), potendo la clausola di non trasferibilità essere apposta anche su un assegno che al momento della emissione ne fosse privo (comma 4 dell’art. 43 citato: “La stessa clausola può essere apposta da un girante con i medesimi effetti”), si arriverebbe al risultato paradossale di far dipendere la sussistenza o meno del reato dall’iniziativa dell’autore dello stesso, il quale potrebbe falsificare l’assegno”.

  1. Al fine di inquadrare la problematica in esame deve, invero, considerarsi che, relativamente all’assetto normativo vigente allorquando sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la citata pronunzia del 20 Febbraio 1971, il sistema della circolazione degli assegni bancari è radicalmente mutato e nell’esperienza pratica la falsificazione degli assegni “non trasferibili” incide proprio sull’area di maggior impiego dei pagamenti a mezzo assegno bancario, posto che, a partire dal decreto legislativo n. 231/07 (art. 49), l’assegno non trasferibile è diventato la regola, e quello “libero” è stato nel tempo consentito solo per importi “soglia” via via variabili, e lo è oggi solo per importi inferiori a mille Euro (va detto, per inciso, che le continue modifiche delle condizioni di trasferibilità per girata dei titoli di credito, con il progressivo abbassamento degli importi soglia, pongono astrattamente un problema di successione di leggi penali nel tempo, che va risolto, ad avviso del collegio, cristallizzando la valutazione dell’illiceità penale del fatto secondo la legge del tempo, a seconda che essa consentisse o meno la trasmissibilità per girata).

Rispetto al principio di fondo della citata pronunzia a SS.UU. secondo cui, nel caso in cui ad essere falsificato sia un assegno liberamente trasferibile, il pericolo di una sua manomissione o alterazione è maggiore (ed il reato è idoneo a costituire un pericolo maggiore, dunque maggiormente offensivo dei beni giuridici tutelati) e viceversa, quando l’assegno sia, per espressa dicitura impressa sul titolo “non trasferibile” il pericolo di una sua alterazione ha una portata decisamente minore proprio in virtù della sua non trasferibilità ad altro soggetto (e va da sé che l’illecito, in tale prospettiva, si verifica, evidentemente, con minor frequenza) occorre, oggi, muovere dal dato oggettivo per cui la negoziazione di assegni non trasferibili costituisce, come detto, l’ipotesi di gran lunga più diffusa e ricorrente, essendo intervenuta una radicale modifica nelle forme di pagamento a mezzo assegni bancari.

4.1. Merita, per altro verso, riflessione l’affermazione secondo cui la mera apposizione della clausola di “non trasferibilità” implicherebbe un effetto “radicalmente impeditivo” in ordine alla funzione circolatoria degli assegni.

A parte il cennato profilo relativo alla circostanza che trattasi, comunque, di titolo suscettibile di “girata”, non pare possa trascurarsi la circostanza per cui l’assegno bancario, pur munito della detta clausola di non trasferibilità, mantenga una, sia pure sua ridotta, “circolabilità” e possa, comunque, essere potenzialmente negoziato e messo in “circolazione” in vario modo, anche, in definitiva, a mezzo “girate” irregolari.

La giurisprudenza di legittimità, nell’ammettere che l’assegno non trasferibile possa nella realtà fattuale essere girato a soggetto diverso da un banchiere, ha precisato, ad esempio, che nel caso di girata di un assegno bancario non trasferibile a persona che non sia il banchiere per l’incasso, la responsabilità, a norma dell’art. 43 R.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, nei confronti del traente, della banca trattaria (e di quella che abbia pagato), per il pagamento al detto illegittimo giratario, viene meno allorquando non ne derivi pregiudizio per il traente non avendo il legittimo prenditore dell’assegno reclamato il suo ulteriore pagamento. (Sez. 1, Sentenza n. 9267 del 14/12/1987, Rv. 456450 – 01).

Si è, pure, rilevato che l’assegno contenente la clausola di non trasferibilità può essere girato “in bianco” potendo in tal caso il giratario far valere la girata come promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ., ove provi che il girante abbia inteso trasmettergli i diritti provenienti dal titolo e, quindi, dimostri la materiale “traditio” oppure altra modalità di trasmissione coerente con l’intento del girante (Sez. 1, Sentenza n. 17193 del 29/07/2014, Rv. 631938 – 01).

Per quel che più conta ai fini della ricostruzione del nuovo assetto normativo determinato dall’ultima legge di depenalizzazione, è evidente poi che la girata in bianco, non inusuale nella prassi dei rapporti “cartolari”, consentirebbe una facile quanto ingiustificata elusione della normativa di riferimento sulla trasferibilità dei titoli di credito, assicurando la circolazione del titolo tra più soggetti prima della finale girata per l’incasso nonostante qualunque divieto di legge. Non sembra quindi illogico ritenere, con interpretazione semplicemente estensiva (e, quindi, compatibile con il principio di legalità), che la nozione di trasmissibilità per girata scolpita nell’art. 491 cod. pen., comprenda, nella misura in cui la norma non le esclude espressamente, anche tali anomale forme di circolazione del titolo tra soggetti ulteriori rispetto all’emittente e al prenditore.

Sotto altro profilo deve tenersi conto che proprio la falsificazione dell’assegno può avere un incidenza pratica sulla “effettiva” circolazione di tale titolo di credito anche attraverso la eliminazione della clausola stessa di non trasferibilità (che, talvolta, può essere “abrasa” senza visibilità alcuna), con rilevanti conseguenze in tema di responsabilità degli istituti di credito e dei loro dipendenti, potenzialmente pregiudicati dall’affidamento sugli elementi apparenti del titolo.

In proposito è stato, in particolare, osservato che la banca “cui sia presentato per l’incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l’eventuale irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all’attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione” (Cass., sez. 1, 19 maggio 2000, n. 6524, m. 536704).

Va, del resto, considerato che la tutela penale predisposta dall’art. 491 cod. pen. in relazione alla falsità in titoli di credito, ha per oggetto anzitutto la fede pubblica, che rispetto alla norma si pone come interesse primario ed ha anche come oggetto il diritto di credito che nel titolo è incorporato, con la conseguenza che la lesione di tale diritto patrimoniale deve ritenersi ricompresa nell’ambito della previsione normativa.

Può, dunque, fondatamente dubitarsi che l’assegno sprovvisto di trasferibilità nelle forme di legge (in quanto gravato da una clausola “non trasferibile”, che ne ostacola ex lege la circolazione e, dunque, astrattamente lo “immobilizza” nelle mani del prenditore) possa essere ritenuto tout court “non trasmissibile” e, conseguentemente, equiparato, per quanto attiene all’accertamento di profili di responsabilità penale, ad una qualsiasi scrittura privata, non potendosi, peraltro, trascurare la funzione economico-sociale che gli è propria.

Occorrerebbe, pertanto, chiedersi se non sia la possibile circolazione “di fatto” (ma, comunque, pur sempre ipotizzabile e realizzabile nella pratica degli affari) dei titoli contemplati dalla norma citata il requisito essenziale condizionante la sussumibilità della condotta illecita nella fattispecie di cui all’art. 491 cod. pen., specie alla luce del rinnovato quadro normativo (il quale ha inciso, fortemente, come detto sul regime della circolazione degli assegni bancari nelle transazioni commerciali) e tenuto conto della configurabilità di detto reato quale mero reato di pericolo astratto che ha per oggetto la mera possibilità della lesione giuridica dell’oggetto della tutela penale.

In questa prospettiva potrebbe, quindi, ritenersi che non siano venute meno quelle esigenze che giustificano la tutela privilegiata che la legge penale ha inteso accordare, ab origine, in vista appunto della tipica destinazione e funzione dei titoli in esame (sempre e comunque “titoli di credito” ai quali resta applicabile la relativa precipua disciplina) e ciò anche non volendo ritenere determinante la tesi, pure sostenuta da certa dottrina, secondo cui la legge regolatrice dell’assegno bancario qualificando come “girata” il negozio giuridico con cui si trasmette per l’incasso il titolo “non trasferibile” ad un banchiere qualificato come “giratario” comprende, automaticamente, anche i titoli muniti di clausola di non trasferibilità.

Sotto altro profilo va rilevato che la clausola “non trasferibile” ha uno scopo di sicurezza che può venire frustrata da una semplice girata per l’incasso falsificata, apparendo illogico che in ipotesi di assegni di rilevantissimo importo muniti di una simile clausola non operi alcuna tutela penale, viceversa configurabile in presenza di assegni di modesto importo, per legge liberamente trasferibili per girata.

  1. Occorre anche sottolineare che parte della dottrina, favorevole alla tesi della depenalizzazione del falso in assegno contenente una clausola di non trasferibilità, ritiene che possano pur sempre ipotizzarsi residui ambiti di operatività della norma penale in questione (art. 491 cod. pen.) anche in ipotesi di assegno “non trasferibile”, apparendo, così, il sistema ancora più incongruo.

Premesso che l’art. 49, 4 comma D.L.vo n. 231 del 2007, oggetto di recente modifica per effetto dell’entrata in vigore del D. L.vo. N. 90/2017, prevede la possibilità del correntista di ottenere il rilascio di moduli “in forma libera” – per importi superiori a quelli che via via sono stati modificati nel tempo sino a raggiungere l’attuale limite di 1.000,00 Euro – ossia moduli senza l’ordinaria stampigliatura della clausola di non trasferibilità, stabilendosi in ipotesi di violazione l’applicazione di sanzioni amministrative, si è ritenuto che tali previsioni comportino, nel caso di loro violazione, solo conseguenze sul piano sanzionatorio amministrativo e che, quindi, il titolo di importo pari o superiore a mille Euro (che non contenga la stampigliatura “non trasferibile”) rimanga trasmissibile per girata (con il conseguente obbligo della banca di provvedere al pagamento, salva la segnalazione della violazione), dovendosi in tale ipotesi ricadere nell’ambito dell’art. 491 cod. pen. pur in presenza di assegno ex lege “non trasferibile”.

  1. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, in ragione del contrasto giurisprudenziale verificatosi sulla portata della depenalizzazione del fatto punito dall’art. 485 cod. pen., si rende, dunque, opportuna la rimessione degli atti alle Sezioni Unite di questa Corte, ex art. 618 cod. proc. pen., in relazione al seguente quesito diritto: “Se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di “non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall’art. 485 cod. pen. (rubricato “Falsità in scrittura privata” ed oggi depenalizzata, a seguito dell’intervento del D.Lgs. n. 7 del 2016) e non in quella – differente della “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito” (di cui all’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo D.Lgs. n. 7 del 2016)”.

P.Q.M.

Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.

 

 

LA N0MINA DEL DIFENSORE DI FIDUCIA PER IL GIUDIZIO DI COGNIZIONE VALE SOLO PER TALE FASE

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 – 27 marzo 2018, n. 14177

Presidente Di Tomassi – Relatore Bonito

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

  1. Con provvedimento adottato in data 23 febbraio 2017 il Tribunale di Napoli, su richiesta del P.M., revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso ad O.P. con sentenza dello stesso tribunale partenopeo del 17 aprile 2009, divenuta irrevocabile il 13 maggio successivo, sentenza che lo riconosceva colpevole del reato di furto con strappo commesso in (omissis).

Il tribunale motivava la decisione valorizzando la sentenza con la quale, nel quinquennio successivo alla evocata pronuncia, l’interessato era stato condannato, ancora dal Tribunale di Napoli, alla pena di anni due, mesi tre di reclusione ed Euro 400,00 di multa perché riconosciuto colpevole del reato di tentata rapina aggravata, consumata il giorno (omissis). Di qui le ragioni della revoca in applicazione della disciplina di cui all’art. 168, co. 1 n. 1 c.p..

  1. Avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione ricorre per cassazione O.P. , assistito dal difensore di fiducia, domandandone l’annullamento perché, a suo avviso, adottata in violazione degli artt. 671 c.p.p., 97 co. 3, 179 co. 1 lett. c) c.p.p. e 6 co. 3 lett. c) CEDU, sul rilievo che il provvedimento impugnato risulta reso all’esito di udienza camerale in relazione alla quale era stato omesso l’avviso al difensore di fiducia, nominato anche per la fase successiva al giudizio di cognizione con atto del 5 ottobre 2009 (nomina allegata al ricorso).
  2. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli, in quanto condivise le ragioni difensive.
  3. Il ricorso è infondato.

4.1 La nomina del difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 96 co. 2 c.p.p., ha effetto solo nel procedimento al quale si riferisce e non si estende ad altri successivi giudizi, dovendo l’atto di nomina essere riferito ad un procedimento specifico, risultando altrimenti inefficace in quanto privo di oggetto e di causa (cfr.: Sez. 1, Sentenza n. 8824 del 19/01/2017, Rv. 269366; Sez. 6, Sentenza n. 15854 del 16/03/2016, Rv. 268028; Sez. 3, Sentenza n. 48977 del 25/09/2014, Rv. 261158). Tanto, peraltro, risulta coerente col dettato normativo, in particolare col disposto del secondo comma dell’art. 96 c.p.p., ai sensi del quale “la nomina (del difensore di fiducia) è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore…”.

4.2 Nel caso in esame l’eccezione processuale affidata al motivo di ricorso è stata sostenuta dal difensore ricorrente col richiamo alla dichiarazione con la quale l’interessato, il 5.10.2009, nominò il difensore di fiducia nell’ambito del procedimento penale iscritto sub n. 40803/09, procedimento per il quale venne poi disposto giudizio immediato a suo carico dal GIP del Tribunale di Napoli con decreto del 22.12.2009.

Ad avviso del difensore tale nomina avrebbe esteso la sua efficacia “anche alla successiva fase esecutiva del procedimento”, come esplicitamente riportato nell’evocata nomina fiduciaria del 5.10.2009, e pertanto anche all’incidente di esecuzione provocato dalla istanza del Pubblico Ministero diretta alla revoca della sospensione condizionale della pena, in particolare alla revoca del beneficio riconosciuto all’imputato in un procedimento penale precedente a quello per il quale è intervenuta la nomina fiduciaria che si assume pretermessa in executivis.

4.3 La tesi difensiva non può trovare ingresso.

L’incidente di esecuzione per il quale è causa fa riferimento ad un procedimento antecedente, di cognizione, in relazione al quale non risulta operata, da parte dell’interessato, la nomina dell’avvocato, designato fiduciariamente soltanto in occasione del procedimento penale iscritto al n. 40803/2009, all’esito del quale è stata inflitta la condanna a cagione della quale il P.M. ha domandato la revoca del beneficio concesso in precedenza, con distinto provvedimento giurisdizionale.

Detto incidente di esecuzione, pertanto, non può ritenersi compreso nella fase esecutiva relativa alla seconda sentenza, posto che la sospensione condizionale revocata, giova ribadirlo, venne decisa in altro procedimento penale, anteriore alla nomina dedotta in questa sede, non assimilabile né riconducibile al procedimento penale per il quale, specificamente, è intervenuta la nomina fiduciaria dell’avvocato.

Osserva inoltre la corte che la nomina del difensore di fiducia nel procedimento penale ha carattere speciale, dappoiché finalizzata ad assicurare la difesa in un determinato e specifico procedimento, di guisa che l’inciso “anche alla successiva fase esecutiva del procedimento” con il quale tale nomina, nel caso concreto, risulta completata, per la sua genericità ed in quanto riferita ad un procedimento giurisdizionale meramente eventuale, non può avere effetto al di fuori dei casi nei quali l’ordinamento consente al difensore della fase di merito di mantenere il rapporto fiduciario anche per quella esecutiva, fattispecie contemplata esclusivamente nella ipotesi di cui all’art. 656 c.p.p..

  1. Il ricorso va, pertanto, rigettato in applicazione del seguente principio di diritto: “la nomina del difensore di fiducia per il giudizio di cognizione ha effetto esclusivamente per tale fase processuale e non estende i suoi effetti, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, ad eventuali procedimenti esecutivi successivi. Non è pertanto viziata da inosservanza delle norme processuali in materia di contraddittorio l’udienza camerale di cui all’art. 666 c.p.p. per la quale sia stato omesso l’avviso al difensore di fiducia nominato per la fase di cognizione, ancorché contemplata in tale nomina, genericamente, la eventuale, successiva fase di esecuzione”.

Al rigetto, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorre al pagamento delle spese processuali.

 

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