Olga

Articoli nella categoria Arte e diritto, psicosociale

E NON SEMBRAVA FIGLIO D’UOMO MORTALE, MA D’UN DIO

Venti regole per ridurre le resistenze in un incontro di Pratica Collaborativa

E non sembrava figlio d’uomo mortale, ma d’un dio” (Omero, Iliade, XXIV, 258-259)

Pare quindi: che l’autocontrollo e la sopportazione paziente siano cose eccellenti e lodevoli, mentre la mancanza di autocontrollo e la mollezza siano cose ignobili e biasimevoli; che chi è capace di dominarsi e chi sa tenere fermo il suo ragionamento è la stessa persona, e ciò vale anche per chi non si domina e devia dal suo ragionamento” (Aristotele, Etica Nicomachea, VII, 2)

  1. Inizia valutando te stesso in modo onesto e oggettivo.
  2. Evita di coinvolgerti come se le posizioni dell’altro fossero accuse nei tuoi confronti.
  3. Prova ad anticipare le ragioni che induconoa resistere, prevedi delle soluzioni nella tua proposta.
  4. Cerca di capire perché l’altra parte considera la tua proposta inaccettabile e cosa la renderebbe più trattabile.
  5. Chiedi quali sono le preoccupazioni, ascoltale, riconoscile.
  6. Ricerca i problemi sottostanti e le motivazioni.
  7. Offri concessioni senza aspettarti niente in cambio.
  8. Condividi i risultati e gli sforzi per arrivarci.
  9. Sii disponibile a riconsiderare e riformulare la tua proposta.
  10. Procedi a piccoli passi per risolvere un problema complesso.
  11. Crea tentativi di accordo, proponi esperimenti.
  12. Chiedi un riscontro, mostra come riceverlo, offrine uno tuo.
  13. Ringrazia l’altra parte, complimentati per le sue idee.
  14. Mettiti nei suoi panni, poi cerca una via d’uscita.
  15. Sii sincero, di’ la verità e anche l’indicibile.
  16. Fa emergere comportamenti celati in modo da poterli discutere, a tua volta manifesta i tuoi.
  17. Perfeziona la comunicazione, agevola le dinamiche, migliora i rapporti.
  18. Ricerca modalità che consentano all’altra parte di soddisfare i propri interessi senza che si senta umiliata.
  19. Va’ piano, senza forzare la conclusione.
  20. Rinuncia, con la capacità di ricominciare da capo.

Olga Anastasi © Riproduzione riservata

THE BIG PICTURE OF THE COLLABORATIVE LAW – ART AND LAW

Art and Law are still concerned with questions that establish human existence in its totality. Thus, where the law concerns the aspects of regulation, construction and consolidation of the principles necessary for the creation of social harmony between individuals, Art admirably performs the task of preserving, enhancing and educating the most important part of human beings, the imaginative and creative capacity, both in power and in action.

Artistic phenomenology and juridical phenomenology overlap, inevitably, since both involve both the individual and private sphere and the social and public bonds and, above all, preserve the humanistic privilege of containing in itself the double nature of theory and practice, inseparable, in the dual identity of speculation and application.

In this sense, the complex of works of art and writings define the literature we call Art History and Art Criticism, as well as the juridical corpus of the norms that regulate the life of a community refer to Law as a doctrine, constituting the heritage of the civil assembly of which we are a part. Art is the symbol of the genius of the individual, as well as of the cultural and social context, the right of the ability to adapt to the rules; in linguistics, then, Law is synonymous with the rule, Art of creative ability. Art and Law are in the background as the maximum parameters of evaluation of things and relationships, in their abstractness of noumeni that from the onset of humanity guide individuals and communities, even in the magnificent personifications of Justice and Beauty, Dike and Aphrodite, women proud and aware of their own vitality, capable of changing the course of events.

O. Anastasi, “Il Divorzio Collaborativo, l’Arte di separarsi con amore” 2014© All rights reserved

LA TUTELA DEL PAZIENTE FRAGILE

“La tutela del paziente fragile nei casi di accertamento (ASO) o trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Aspetti giuridici e sanitari: tutela del paziente fragile e degli operatori”, venerdì 15 gennaio 2016, ore 16 presso la Sala Docens di Piazza Roma, Ascoli Piceno.

Un aneddoto. Tempo fa le pagine locali di un quotidiano riportarono un curioso incidente. Una donna psicotica temporaneamente ricoverata al policlinico della città di Grosseto doveva essere trasportata al policlinico della città di Napoli, sua città natale. Non appena i volontari della Croce Rossa si erano avvicinati per caricarla sull’ambulanza in attesa, la donna aveva cominciato rapidamente a scompensarsi. Si era messa a insultare in modo aggressivo e aveva iniziato a spersonalizzarsi, sostenendo di essere qualcun altro, tanto che si dovette ricorrere ai metodi di costrizione fisica. Circa un’ora dopo, sull’autostrada nei pressi di Roma, la polizia intercettò l’ambulanza e la ricondusse a Grosseto. Si era infatti scoperto che la donna in questione non era la “vera paziente” ma una visitatrice andata in ospedale a trovare un amico. Gli studiosi come P. Watzlawitc sono convinti che non sia possibile una conoscenza della realtà che sia del tutto indipendente dalla persona dell’osservatore. Se prestiamo attenzione non è difficile accorgerci di come, nell’atto stesso di osservare il mondo, “selezioniamo” cosa sia importante e cosa no e soprattutto secondo quali parametri decodificare gli eventi. Questa selezione è “guidata” da molti elementi: le nostre personali “teorie”, la disposizione d’animo in cui ci troviamo, il fine che stiamo perseguendo, il genere di relazione che abbiamo con l’oggetto della mia conoscenza e cosi via. Essa inoltre risente fortemente del contesto sociale a cui il soggetto appartiene e con cui condivide (o contro cui condivide) parte del modo di vedere il mondo e decodificare la realtà. Se torniamo al nostro aneddoto ci appare più chiaro ciò che è accaduto. Convinti che la signora indicata fosse psicotica i volontari della croce rossa hanno interpretato ogni suo comportamento sulla base di questo presupposto. Qualunque cosa la malcapitata facesse (del tutto “normale” se si considera che, andata a trovare un’amica, è stata avvicinata e caricata di forza su ambulanza) viene dunque visto come ulteriore elemento che conferma la credenza iniziale.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

In Italia il ricorso al TSO non ha la finalità di prevenire un danno alla persona o ad altri né di “risolvere” problemi di gestione del paziente. Al di là di quanto previsto dalla legge l’applicazione “pratica” dell’istituto risente della complessità e della delicatezza delle situazioni coinvolte.

L’incontro, realizzato dal Comune di Ascoli, in collaborazione con il locale Comando di Polizia Municipale e l’Asur Area Vasta 5, si è posto l’obiettivo di approfondire il delicato tema dell’accertamento sanitario esaminandone tutti gli aspetti: da quello medico-sanitario a quello legale. Le procedure, infatti, avendo a riguardo il trattamento di pazienti fragili in una situazione delicata, necessitano del coinvolgimento di professionalità trasversali. Il programma ha previstoi saluti delle autorità, a partire dal sindaco Guido Castelli, ed è proseguito con l’introduzione della dottoressa Patrizia Celani, Comandante della Polizia Municipale. A seguire gli interventi del dottor Alberto Testa, Responsabile del Centro di Salute Mentale Area Vasta 5, che ha parlato de “La valutazione clinico-diagnostica in ambito Psichiatrico”, del professor Mariano Cingolani, ordinario di Medicina legale dell’Unimc, incentrato sugli “Aspetti medico-legali dell’Aso e del Tso”, dell’avvocato Olga Anastasi (“La tutela del paziente fragile”) e della dottoressa Giuliana Filippello, Giudice Tutelare al Tribunale di Ascoli (“Aspetti giuridici tra necessità di cure e tutela degli operatori”). Ha moderao il dottor Pietro Alessandrini, Direttore UOC Medicina legale Area Vasta 5. L’Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno ha riconosciuto 3 crediti formativi per gli avvocati.

IL DIRITTO D’AMORE

Notte nazionale del liceo classico, Ascoli Piceno il 15 gennaio 2016

 Quale argomento più dibattuto nell’adolescenza dell’amore, nell’età in cui sono maggiori le trasformazioni fisiche che ci conducono all’aspetto fisico che avremo da adulti, le pulsioni emotive e ormonali si manifestano come desiderio, la sessualità tutta da scoprire è al centro dei pensieri con tutti gli interrogativi, i dubbi e le paure che reca con sé, come modo di comunicare fondamentale per l’essere umano, veicolo di sentimenti attraverso la fisicità? Attraverso il rapporto amoroso ci si riconosce, si afferma la propria identità e si attribuisce una cittadinanza.

 Nel Cratilo Platone fa dire a Socrate che il termine eroe viene da eros, desiderio; gli eroi sono semidei, tutti nati da un dio innamorato di un mortale, o da un mortale innamorato di un dio, gli eroi erano coloro che erano capaci di “erotan” (interrogare) da “erein” dire, quindi erano abili retori, bravi a comunicare.

 L’espressione diritto d’amore sembrerebbe dar luogo a una contraddizione in termini, perché il diritto è regola, razionalità, mentre il cuore, come diceva Pascal, ha “ragioni che la ragione non conosce”. Il diritto infatti è nell’accezione che ne dà la teoria generale la situazione soggettiva che indica il potere attribuito dall’ordinamento a un soggetto per la tutela di un proprio interesse meritevole di essere protetto, tutela che è realizzata ponendo a carico di un altro soggetto un corrispondente dovere che impone un sacrificio reso necessario dall’esigenza di realizzazione del diritto tutelato.

L’amore è invece un sentimento, un processo emozionale della psiche umana in cui si riflette il valore attribuito dalla coscienza individuale alla realtà esterna, sia essa realtà naturale (es. amore per gli animali, paura del temporale) sia essa realtà sociale (es. amore per una persona, orrore per la guerra). Tanto il diritto quanto il sentimento si rapportano a un interesse, ma il diritto si rapporta a un interesse di rilevanza superindividuale (come tale suscettibile di essere tutelato dall’ordinamento eventualmente anche mediante coercizione sanzionando le condotte lesive), mentre il sentimento si rapporta a un interesse meramente individuale, come tale giuridicamente irrilevante.

Alla domanda di teoria generale se il sentimento sia un fatto produttivo di effetti giuridici si dà risposta generalmente negativa, sia che il sentimento resti un fatto interno alla psiche, non esteriorizzato, perché in quanto tale non interferisce nemmeno nei rapporti intersoggettivi e dunque non produce alcuna modificazione nella realtà esterna materiale né giuridica. Se il sentimento si traduce in un comportamento che pertanto modifica la realtà esterna, gli effetti giuridici sono da ricondurre al comportamento, piuttosto che al sentimento che l’ha provocato. Così se il sentimento di amore ha determinato un atto di liberalità di una persona a favore di un’altra (es. regalo) ciò che rileva per l’ordinamento non è il sentimento positivo ma l’atto della donazione. Se il sentimento di odio verso una persona mi spinge a danneggiarla ciò che rileva non è l’odio, bensì l’effetto che ne consegue in termini di lesioni, molestie, danni procurati alla stessa.

Anche la dichiarazione d’amore, se non conduce a dei comportamenti previsti dall’ordinamento, non ha per esso rilevanza: se io mi dichiaro al mio fidanzato, lo vincolo con una promessa di matrimonio, acquisto o regalo dei beni in vista di quel matrimonio, oppure dichiarando il mio amore commetto delle molestie perché non riamato, quello è rilevante per l’ordinamento (es. della impiegata che aveva denunziato per molestie il proprio datore di lavoro, molestie che il giudice non aveva ravvisato nemmeno nella forma più blanda di maleducazione, violenza, petulanza, superficialità, che invece il tizio si era limitato a dichiararsi innamorato, dopo averla invitata a cena, averle regalato un anello, durante una trasferta di lavoro, e poi successivamente di nuovo dichiaratosi innamorato con una lettera spedita sul luogo di lavoro).

L’interesse all’amore giuridicamente rilevante non è ravvisabile nemmeno nel rapporto tra i coniugi tra i quali la sussistenza della comunione materiale e spirituale (cd. affectio coniugalis), se certamente fondata sull’amore reciproco, non è tutelata nella sua persistenza mentre addirittura invece il suo venir meno è tutelato dalla facoltà per il coniuge di chiedere la separazione se non ci si vuole più bene. Ma il semplice venir meno dell’amore, il comportamento di freddezza e disamore, non sono nemmeno contemplati come causa di addebito della separazione se non sono accompagnati da sistematica infedeltà, ostentata coltivazione di relazioni extraconiugali, continuato rifiuto di intrattenere rapporti sessuali cioè da comportamenti che integrano illeciti per l’ordinamento.

Innegabilmente si può affermare che sia rilevante per il diritto l’amore, l’eros, non come sentimento, ma per il comportamento di chi al riparo di legami amorosi o affettivi, nell’ambito di un legame legale o di fatto, attivi pratiche sessuali o affettive capaci di provocare danni psicofisici al soggetto destinatario di tali pratiche e con il suo consenso. Il consenso vale a distinguere questi casi da quelli in cui invece si commetta violazione della libertà sessuale o personale usando violenza o minaccia per coartare la volontà della vittima dissenziente. Mi riferisco alle pratiche sessuali tipo bondage, immobilizzazione totale, costrizione delle vie aeree e a tutti quei comportamenti a sfondo erotico in cui si infliggano patimenti al partner: il tema suscita complesse questioni inerenti l’individuazione del punto di equilibrio tra libertà individuale e intervento statuale, del limite all’ingerenza dei pubblici poteri nella sfera intima e personale dei rapporti sessuali, nella distinzione tra sfera della morale e sfera del diritto. All’individuazione dell’incerto e ondeggiante discrimine soccorre in prima battuta l’art. 5 del codice civile che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità della persona e quindi gli atti di sadismo sono vietati anche se c’è il consenso della parte, consenso che – se dalla pratica scaturisce un reato (es. lesioni personali gravi) – non può essere invocato come causa di giustificazione (scriminante) dall’autore perché il consenso dell’avente diritto si applica solo ai diritti dei quali si possa validamente disporre.

Di quelli che Cendon definisce gli eccessi in amore dopo la rottura di un rapporto e, dunque i comportamenti rilevanti per il diritto in cui il sentimento di delusione, odio, rivalsa costituiscono la spinta del processo emotivo interno che li determina, si occupa anche l’art. 660 codice penale prevede che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. Sono di solito i comportamenti diretti a interferire nella vita dell’ex coniuge o fidanzato per indurlo a ripristinare la relazione. Art. 612 bis. Atti persecutori. Stalking. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

E così la casistica di insistenti appuntamenti galanti, messaggi e telefonate ripetute nonostante il contrario avviso del destinatario, pedinamenti insistenti, indiscreti, invadenti, mentre se da una parte due fugaci baci sulla guancia e sul collo, dati fuggevolmente e su zone non considerate chiaramente erogene, integrano il semplice reato di molestie e non la più grave violenza sessuale, la mano infilata nel vestito o nei pantaloni, per toccare una coscia ed eccitare i propri sensi, è atto sessuale vietato ai sensi dell’art. 609 bis codice penale (dai 5 ai 10 anni di reclusione) perché il bene che viene violato non è solo la tranquillità della persona bensì la libertà di disporre del proprio corpo nella sfera sessuale.

Come rileva l’amore tra minorenni per il diritto? Se un maggiorenne ha rapporti sessuali con un minorenne di meno di 14 anni consenziente, questo è reato, così come con un minore di 16 anni se ci sono rapporti di famiglia o affidamento. Nei rapporti tra di voi il sesso è ammesso purché consenziente e, con un adoloscente di meno di 13 anni purché ci siano meno di 3 anni di differenza d’età.

Altro punto di osservazione su diritto può essere tratto dalla lettura degli artt. 2 e 32 della Costituzione: nel primo dove si afferma il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, che non possono essere calpestati o sottratti, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, dunque l’affermazione di un principio in cui l’individuo, anche con i suoi sentimenti, è posto al centro con i suoi bisogni e i suoi desideri. Nel secondo, in materia di tutela del diritto alla salute, nel quale si afferma che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La lettura di quest’ultima norma indica un’ulteriore direzione: è vero che la salute è affidata alle istituzioni pubbliche ma nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario contro la sua volontà e, quindi, poiché nel concetto di salute ormai dobbiamo ricomprendere non solo quella fisica, ma psichica e sociale, il diritto si converte senz’altro in una chiara affermazione del diritto all’autodeterminazione, cioè nel riconoscimento del diritto di governare la propria vita e di costruire liberamente la propria personalità non solo nella dimensione individuale ma anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, dunque in primo luogo in quella evidente formazione sociale che nasce dal rapporto affettivo tra due persone. La negazione del diritto d’amore e la sua sottoposizione a vincoli obbliganti ci mostrerebbero una persona alla quale siano negate insieme libertà e dignità.

Il diritto d’amore s’iscrive così in un orizzonte giuridico che non entra in contraddizione con esso ma trova il suo fondamento nel rispetto pieno dovuto alla persona. L’accostamento tra amore e salute intesa come governo della vita affidato alla persona interessata non è azzardato perché la tutela della salute è esplicitamente associata al rispetto della libertà sessuale dalla stessa Corte costituzionale (sentenza n. 561/1987) che afferma che essendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è sicuramente un diritto soggettivo assoluto, come tale inquadrabile tra i diritti inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Costituzione.

L’associazione forte tra amore e diritti fondamentali si ricava del resto da una considerazione legata a una vicenda culturale. Secondo Rodotà non è un caso che i tre più grandi romanzi psicologici del Settecento (Pamela e Clarissa di Richardson e Giulia di Rousseau), i romanzi epistolari siano stati pubblicati nel periodo immediatamente la nascita dei diritti umani. L’intensità emotiva di una vita ordinaria narrata da quei romanzi avvicinava tra loro le persone perché mostrava la possibilità di creare autonomamente un mondo morale. Gli uomini impararono a pensare agli altri come loro pari, fondamentalmente uguali e con stessi diritti e doveri, attraverso l’identificazione con personaggi comuni, oltrepassando i limiti sociali tra nobili e plebe, padroni e servi, uomini e donne, adulti e bambini. Tenendo presente quest’ultimo assunto, nella logica di affermare l’amore e, contestualmente, il rispetto della persona umana persino di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare (di cui vi consiglio la versione cinematografica in chiave post-moderna di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio, ambientato negli anni novanta a Los Angeles in un sobborgo immaginario chiamato Verona Beach e in cui le fazioni contrapposte sono costituite da magnati d’impresa avversari per ragioni di affari) si può fare una lettura a tre livelli:

a)- superficialmente, come storia di un innamoramento;

b)- come descrizione della ricerca del proprio Sé, della propria individualità, attraverso il riconoscimento da parte dell’altro in una relazione autentica;

c)- come rappresentazione della lotta interna di ciascun individuo per la sopravvivenza del proprio Sé autentico a fronte del rischio di contaminazione o addirittura sopraffazione da parte dell’individualità collusa col gruppo che in termine psicanalitico è anche detta “mente a massa”. I personaggi sono infatti rappresentazione degli affetti e emozioni interne. Romeo e Giulietta sono due nomi propri, ad indicare la ricerca e il bisogno di un’identità personale attraverso il rapporto d’amore. Nell’incontro amoroso con l’altro cerco me stesso. Madonna Montecchi e Madonna Capuleti sono invece raffigurate con il cognome soltanto, a significare l’assenza di un’identità individuale, la dimensione della loro personalità solo in quanto riferita al gruppo. Nell’immaginario collettivo Romeo e Giulietta sono famosi non per il codice affettivo dell’innamoramento bensì per la ricerca e la lotta per l’autenticità del vero Sé, della propria persona, attraverso le proprie emozioni e i propri affetti. Con un’anticipazione di secoli sulla psicanalisi Shakespeare riesce a tratteggiare i principali percorsi distruttivi, gli aspetti perversi della personalità che, nella dimensione del gruppo, dell’assenza di un mondo di relazioni e affetti sano, in cui sia al centro il rispetto della persona, si diventa privi della capacità di vedere l’altro a sua volta come soggetto di diritto titolare di relazioni autentiche. E quindi se da una parte, sempre Shakespeare, allude senza mezzi termini e con eloquio volgare all’amore/sessualità quando nel primo atto la balia dice a Giulietta: “come caschi bocconi? Quando sarai più furba imparerai a cadere supina” e Giulietta risponde di sì, dall’altra un mondo personale deprivato di emozioni e affetti, in cui l’altro sia confinato a un rapporto d’uso narcisistico o ridotto a fatto sessuale è sintomatico di una personalità che non ha saputo affermarsi in maniera autentica e che intende la relazione solo come bisogno di vincere e che si manifesta solo azioni coatte di prevaricazione e sopruso. E allora lo stupro, vagheggiato da Sansone nel primo atto quando dice: “io faccio presto a picchiare quando mi riscaldo, appunto per questo le donne essendo più deboli sono spinte verso il muro… voglio farla da tiranno: dopo essermi battuto con gli uomini sarò spietato con le vergini, toglierò loro l’età…”, lo stupro diventa quindi la proiezione all’esterno di ciò che avviene all’interno dell’individuo quando, vulnerabile, fragile e incompiuto non riesce a incontrare la relazione autentica con sé stesso e con l’altro, violando in primo luogo il suo diritto di affermarsi in maniera piena come individuo e tradendo il dovere cui è tenuto nell’ordinamento e l’aspettativa dell’altro di vedersi riconosciuto portatore di analoghe posizioni giuridiche.

Concludo con il vostro linguaggio con un passaggio da una canzone di Gemitaiz – On the corner: “Il primo bacio, che manco lo sapevo dare, le paranoie: chissà che dovevo fare! Poi l’ho baciata, ho detto meno male, un passo in meno verso l’obiettivo principale! Ciao fraté!”

Note bibliografiche: S. Rodotà, Diritto d’amore, Editori Laterza, 2016; P. Cendon, Il diritto delle relazioni affettive. Nuove responsabilità e nuovi danni, Cedam 2005; Rilke, Lettera a Friedrich; Platone, Cratilo; P. Spaziani, Sulla configurabilità e sui limiti di un diritto soggettivo nell’attuale ordinamento, www.neldiritto.it Ottobre 2014.

 

IL RUOLO DI PACIFICATORE SOCIALE DELL’AVVOCATO

Da più parti si constata che l’avvocato che si occupa di famiglia e minorenni riveste un fondamentale ruolo sociale di pacificazione, di mediazione, e di cura nel percorso che chi è coinvolto in un procedimento inerente i diritti delle persone, come la separazione o il divorzio, è costretto ad affrontare. L’essere umano si trova nella condizione innata di proiettarsi in avanti, di gettarsi nel mondo e nel tempo, attraverso progetti mediante i quali realizza e incontra il suo divenire. In questo processo la propria Weltanshauung, cioè la rappresentazione della realtà e la visualizzazione di ciò che ci si aspetta da se stessi e dagli altri, muta completamente: nel demolire un disegno esistenziale fallito e ricostruirne uno nuovo, completamente diverso, è fondamentale decidere cosa salvaguardare del patrimonio costituito dal vissuto precedente.

Sono profondamente convinta che l’avvocato (dal latino ad-vocatus “chiamato vicino a”) nel processo di ermeneutica e traduzione (dal latino trans-ducere “condurre al di là”) delle richieste della parte verso l’istituzione giudiziaria, sia un vettore nelle due direzioni, dal cittadino verso l’istituzione e viceversa, nonché il protagonista che interpreta concretamente, con un linguaggio e una comunicazione adeguati, le disposizioni legislative o giurisprudenziali applicabili alla fattispecie del proprio assistito. Quando la vicenda processuale ha ad oggetto le relazioni personali è essenziale che l’avvocato utilizzi regole che tutelino il cliente e salvaguardino i legami familiari, alleggerendo l’impatto con le norme e alleviando il peso del giudizio che ne deriva; è altrettanto importante che adotti un linguaggio modulato sulle emozioni e sui sentimenti che i propri assistiti stanno vivendo, utilizzando buone tecniche di comunicazione.

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EMPATIA

Un forte indicatore di successo del Metodo Collaborativo, che si rivela vincente in ogni relazione, è la capacità di sintonizzarsi con gli stati d’animo dell’altro, la cosiddetta empatia, ovvero l’attitudine all’ascolto e alla comprensione dei bisogni altrui. Nelle relazioni la fiducia nell’altro non è mai totale né completamente assente: può affievolirsi o aumentare nella misura in cui si mantengano o disattendano le promesse e la separazione, per quanto possa apparire paradossale, rappresenta un’occasione per accrescere la fiducia nelle qualità dell’altro partner, talvolta disconosciute o nascoste dalle dinamiche del menage coniugale.

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LOVE WILL (NOT) TEAR US APART di Sabrina Pecci

“Carissima Olga, ricordi quando noi, amici di Arte Contemporanea Picena, ti chiedemmo una presentazione improvvisata del tuo “Il Divorzio Collaborativo”, di cui avevi appena pubblicato la prima edizione?

Eravamo di ritorno da una visita a una qualche collezione di arte contemporanea e tu, con quel modo fascinoso ed empatico che ti è proprio, oltre alle motivazioni personali e professionali che ti avevano spinta a praticare e diffondere un percorso innovativo per l’avvocatura italiana, ci raccontasti di come lungo questa strada ti eri fatta accompagnare dall’idea del potere unificante dell’arte e della sua forza comunicativa, idea maturata grazie anche alla frequentazione e condivisione dei nostri cosiddetti “viaggi d’arte”.

Adottare un linguaggio nuovo, visionario, comprensibile attraverso i canali emotivi prima che razionali, un linguaggio che è proprio della pratica artistica, può abbattere barriere altrimenti difficili da superare, così come di fronte al cortocircuito del dialogo affidarsi a codici espressivi alternativi allo scontro e rivolti alla responsabilizzazione dell’individuo e delle proprie scelte può modificare toni e rapporti deteriorati dall’incomprensione.

Sono sicura che molti di noi associati stasera saremo con te, non vediamo l’ora di ascoltare la traduzione critica di questa tua bellissima intuizione.

Grazie (e perdona l’estemporaneità).”

3 gennaio 2015, Sabrina Pecci

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“THE BIG PICTURE” LA GRANDE IMMAGINE DEL DIRITTO COLLABORATIVO

“E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’Oceano, il corso degli astri, e non pensano a se stessi, non si maravigliano che mentre io nomino tutte codeste cose non le vedo con gli occhi, ma che non potrei nominarle se i monti, i flutti, i fiumi, le stelle che conosco per averle viste, l’oceano di cui ho sentito parlare non li vedessi nella mia memoria così smisurati nello spazio come se li vedessi lì davanti. Eppure non le ho tratte dentro quando le guardai con gli occhi, non sono qui vicine, esse, bensì le loro immagini: e so anche quale senso del corpo me ne ha stampato dentro l’impressione” (Sant’Agostino, Le Confessioni, Libro X, capitolo VIII “Gli ampi ricettacoli della memoria” – traduzione C. Vitali, 1998 RCS Libri Milano).

“Così a quello che ho letto io aveva mi tenni contento, e tacendo mi feci considerare la stoltezza dei mortali, che la parte più nobile della natura disprezzando, si perdono in mille e vane speculazioni, e quel che dentro se stessi trovar potrebbero van cercando al di fuori” (Petrarca, Epistole, IV, I, ivi).

“Nel Diritto Collaborativo ci si riferisce al concetto di “The Big Picture”, ovvero i valori che attengono alla propria visione dell’esistenza, quelli importanti su cui concentrarsi e sui quali far convergere tempo e risorse per la vita a venire. La coscienza del potere che le immagini del mondo hanno sugli individui è uno dei punti rilevanti dell’impianto filosofico di Nietzsche che nei suoi scritti afferma che chi ha un perché per vivere sopporta quasi ogni come. La metodologia da usare è quella tipica della riflessione umanistico-filosofica che impegna l’essere umano a riflettere sulla propria ontologia e sul mondo, sul senso dell’esistenza e degli oggetti della natura, educato all’ascolto e alla esplicitazione dell’altro, con il fine di comprendere, interpretare e sciogliere i conflitti.”

Olga Anastasi, Il Divorzio Collaborativo, 2014 @ Riproduzione riservata https://www.amazon.it/divorzio-collaborativo-Larte-separarsi-amore-ebook/dp/B00UTCNIBM

A ROMA “LAWYERS AS PEACE MAKERS – LAWYERS AS CHANGE MAKERS”

Il Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa ha incontrato a Roma, presso il Teatro Ar.Ma., J. Kim Wright, avvocato, coach ed esperta di ADR, autrice, fondatrice dell’Integrative Law Movement.

 

 

LAWYERS AS PEACE MAKERS – LAWYERS AS CHANGE MAKERS

Il 13 Novembre 2017 dalle ore 11:00 alle 16:00 il Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa ospita a Roma presso il teatro AR. MA, via Ruggero di Lauria n. 22, il seminario di J. Kim Wright, avvocato, coach ed esperta di ADR – dal titolo “Lawyers as Peace Makers – Lawyers as Change Makers”. a colloquio con la psicologa psicoterapeuta Daniela Cerboni, coach e formatore.

Traduzione italiana di Marco Calabrese, avvocato

Testo originale di J. Kim Wright a seguire

“AVVOCATI COME PACIFICATORI E AUTORI DEL CAMBIAMENTO”locandina

presenta un nuovo modo di guardare alla pratican legale e al sistema normativo. Nell’ultima generazione di avvocati le ADR (sistema alternativo di risoluzione delle controversie) hanno rappresentato un nuovo e differente approccio alla legge. Alla fine del secolo scorso, nuovi modelli hanno iniziato a evolvere e emergere da tali radici. Questi nuovi modelli formano ciò che potrebbe rappresentare l’inizio di un nuovo approccio al diritto e al sistema legale: il diritto integrativo.

L’American Bar Association si è chiesta se tali approcci non possano rappresentare la prossima e grande “nouvelle vague” della professione; tuttavia le innovazioni non sono limitate agli Stati Uniti.

Kim Wright viaggia intorno al mondo da circa dieci anni scoprendo, dimostrando e scrivendo dei pionieri che aprono le nuove piste della legge.

In questo seminario i partecipanti verranno a conoscenza dei più innovativi sviluppi del diritto. Tali sviluppi includono nuove maniere di rapportarsi ai clienti, nuovi modelli e nuovi approcci alla pratica legale che riflettono i mutamenti del commercio, della salute, delle risorse umane, dell’economia e dei media. Esploreremo le qualità necessarie a un avvocato del ventunesimo secolo, vi mostreremo l’opera di alcuni degli avvocati europei che stanno spianando la strada. I partecipanti vedranno i collegamenti tra fini personali, valori e innovazione legale. Vedranno le nuove possibilità di soddisfazione nella carriera legale e il nuovo apprezzamento del ruolo degli avvocati come autori del cambiamento della società. Potranno trarne ispirazione per esplorare gli approcci alternativi alla pratica forense, più in linea con i propri valori e finalità.

J Kim Wright – Ottobre 2017.

Docenti: J. Kim Wright, Avvocato e Formatore1c05fda

Durata del seminario Ore 4, in lingua inglese.

La intervisterà e faciliterà la traduzione la psicologa psicoterapeuta Dott.ssa Daniela Cerboni, coach e formatore.

 

ORIGINALE INGLESE

Lawyers as Peacemakers and Changemakers introduces a new way of looking at law practice and the legal system. In the last generation of lawyers, ADR was the new and different approach. At the end of the last century, new models began to evolve and emerge from those roots. These new models form what could be the beginning of a new approach to law and the legal system, integrative law. The American Bar Association has asked whether these new approaches are the “next big wave” in the profession, though the innovations are not limited to the United States. J. Kim Wright has been traveling around the world for nearly a decade,

discovering, showcasing, and writing about the pioneers who are blazing new trails in law. In this workshop:

Participants will learn about cutting-edge developments in law. These developments include new ways of engaging with clients, new models, and new approaches to law which reflect the shifts in business, health care, human resources, economics, and media. We will explore the skills needed for a 21st Century lawyer and showcase some of the European lawyers who are leading the way.

Participants will see the connection between personal purpose, values, and legal innovation. They will see new possibilities for satisfaction in a legal career and new appreciation for the role of lawyers as changemakers in society.

Participants will be inspired to explore alternative approaches to legal practice that align with their purpose and values.

J. Kim Wright, October 2017

 

Olga Anastasi avvocato

presidente del Gruppo Italiano di Pratica Collaborativa

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