Olga

IL CIRCOLO VIRTUOSO

Se si è in possesso di una forza dell’intelletto tanto completa, articolata e matura da trasformare una antica disciplina in un mezzo valido per comprendere la realtà contemporanea, allora può accadere davvero qualcosa di straordinario e duraturo. Quando nel 1960 H. G. Gadamer diede alle stampe Verità e Metodo, il filosofo colpì al cuore l’antica tradizione dell’interpretazione dei testi, nata in ambito religioso con lo scopo di trovare e spiegare il corretto significato dei testi sacri, e in seguito adottata per la spiegazione dei testi giuridici.[1]

Ermeneutica – dal greco hermeneúein “interpretare, tradurre” – deriva dalla stessa radice etimologica del nome del dio Hermes, il Nunzio messaggero degli dei, collegata al termine latino sermo, “discorso”. L’etimologia chiarisce il significato di spiegazione, interpretazione, processo grazie al quale si attua la comprensione di: la complessità di un testo, l’oscurità di un oracolo, la difficoltà di una norma giuridica, l’impenetrabilità di un passo della Bibbia. Gadamer attribuisce all’ermeneutica una valenza attuale e la disciplina antica si trasforma da metodologia interpretativa in riflessione filosofica. La centralità attribuita all’interprete, che nell’incontrare l’opera o la norma giuridica la ricrea e la arricchisce di nuovi significati, è propriamente il nucleo di quella che Gadamer chiama “integrazione ermeneutica” che si attua nella “fusione degli orizzonti”, poiché il dialogo tra oggetto e interprete è un confronto tra mondi diversi che genera nuove idee. Il centro filosofico dell’ermeneutica non si trova nell’atto dell’interpretare ma del COMPRENDERE. Perché questo accada, è necessario porsi in atteggiamento di profonda ricezione, consapevoli che la nuova interpretazione avverrà considerando le conoscenze che su quell’opera o su quella legge possediamo già come parte del nostro patrimonio culturale, a sua volta eredità del sapere che ci ha preceduto, formando una nuova tradizione. Nell’interpretazione dell’opera d’arte o del testo giuridico dunque, si attua un processo di trasformazione e integrazione, purché ci si muova in un orizzonte comune di senso entro cui è davvero possibile comunicare e comprendere. Il circolo costituito da fruizione, comprensione e interpretazione si mostra così nella sua vera natura di CIRCOLO VIRTUOSO che accoglie il senso, lo anticipa e lo rigenera.

Come l’interprete dell’opera d’arte, il giurista è immerso nella tradizione della propria disciplina, partecipando creativamente alla produzione del Diritto: interpreta e rielabora le norme già codificate e genera senso nuovo accrescendo la tradizione, attraverso l’anticipazione di idee future. Le norme giuridiche diventano rappresentazioni di senso nell’atto di interpretare di volta in volta un caso concreto, sintesi perfetta di teoria e prassi, di studio e applicazione, col “fine ultimo di conoscere per operare e operare conoscendo” perché “l’esperienza umana non è fatta di stati di coscienza atomistici e puntuali, ma di connessioni di significato che implicano un incessante riordinamento retrospettivo e prospettico” che si attua per gradi, aggiustamenti e rinvii successivi. Ciò che Gadamer intende per esperienza ermeneutica, e che identifica esemplarmente nell’incontro con l’opera d’arte, si rintraccia quindi anche in altri ambiti delle relazioni e attività umane, prima fra tutte quella giuridica. Scrive il filosofo: “Il giudice non applica solo in concreto la legge, ma con la sentenza che pronuncia porta uno sviluppo del diritto”, a convinzione della tesi secondo cui l’interpretazione non è atto passivo, ma genesi creativa di ulteriori aspetti e significati. Un appuntamento da non mancare, un incontro con la verità di noi stessi, delle cose e dell’altro.

[1] Hans Georg Gadamer, Verità e Metodo. Lineamenti di un’ermeneutica filosofica, Milano 2001. In questa raccolta di dodici saggi scritti tra il 1968 e il 1998, il filosofo tedesco riflette sulla comprensione dell’essere umano nella sua totalità e rende manifesto il carattere universale del fenomeno del comprendere, rintracciandone le condizioni di possibilità, ossia le strutture trascendentali che ne rendono sempre di nuovo possibile la genesi nel pensiero umano.

Paola Pallotta, “Arte e Diritto, la bellezza delle relazioni umane” in O. Anastasi, IL DIVORZIO COLLABORATIVO, l’arte di separarsi con amore”, 2014 © Riproduzione riservata

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