Notte nazionale del liceo classico, Ascoli Piceno il 15 gennaio 2016
Quale argomento più dibattuto nell’adolescenza dell’amore, nell’età in cui sono maggiori le trasformazioni fisiche che ci conducono all’aspetto fisico che avremo da adulti, le pulsioni emotive e ormonali si manifestano come desiderio, la sessualità tutta da scoprire è al centro dei pensieri con tutti gli interrogativi, i dubbi e le paure che reca con sé, come modo di comunicare fondamentale per l’essere umano, veicolo di sentimenti attraverso la fisicità? Attraverso il rapporto amoroso ci si riconosce, si afferma la propria identità e si attribuisce una cittadinanza.
Nel Cratilo Platone fa dire a Socrate che il termine eroe viene da eros, desiderio; gli eroi sono semidei, tutti nati da un dio innamorato di un mortale, o da un mortale innamorato di un dio, gli eroi erano coloro che erano capaci di “erotan” (interrogare) da “erein” dire, quindi erano abili retori, bravi a comunicare.
L’espressione diritto d’amore sembrerebbe dar luogo a una contraddizione in termini, perché il diritto è regola, razionalità, mentre il cuore, come diceva Pascal, ha “ragioni che la ragione non conosce”. Il diritto infatti è nell’accezione che ne dà la teoria generale la situazione soggettiva che indica il potere attribuito dall’ordinamento a un soggetto per la tutela di un proprio interesse meritevole di essere protetto, tutela che è realizzata ponendo a carico di un altro soggetto un corrispondente dovere che impone un sacrificio reso necessario dall’esigenza di realizzazione del diritto tutelato.
L’amore è invece un sentimento, un processo emozionale della psiche umana in cui si riflette il valore attribuito dalla coscienza individuale alla realtà esterna, sia essa realtà naturale (es. amore per gli animali, paura del temporale) sia essa realtà sociale (es. amore per una persona, orrore per la guerra). Tanto il diritto quanto il sentimento si rapportano a un interesse, ma il diritto si rapporta a un interesse di rilevanza superindividuale (come tale suscettibile di essere tutelato dall’ordinamento eventualmente anche mediante coercizione sanzionando le condotte lesive), mentre il sentimento si rapporta a un interesse meramente individuale, come tale giuridicamente irrilevante.
Alla domanda di teoria generale se il sentimento sia un fatto produttivo di effetti giuridici si dà risposta generalmente negativa, sia che il sentimento resti un fatto interno alla psiche, non esteriorizzato, perché in quanto tale non interferisce nemmeno nei rapporti intersoggettivi e dunque non produce alcuna modificazione nella realtà esterna materiale né giuridica. Se il sentimento si traduce in un comportamento che pertanto modifica la realtà esterna, gli effetti giuridici sono da ricondurre al comportamento, piuttosto che al sentimento che l’ha provocato. Così se il sentimento di amore ha determinato un atto di liberalità di una persona a favore di un’altra (es. regalo) ciò che rileva per l’ordinamento non è il sentimento positivo ma l’atto della donazione. Se il sentimento di odio verso una persona mi spinge a danneggiarla ciò che rileva non è l’odio, bensì l’effetto che ne consegue in termini di lesioni, molestie, danni procurati alla stessa.
Anche la dichiarazione d’amore, se non conduce a dei comportamenti previsti dall’ordinamento, non ha per esso rilevanza: se io mi dichiaro al mio fidanzato, lo vincolo con una promessa di matrimonio, acquisto o regalo dei beni in vista di quel matrimonio, oppure dichiarando il mio amore commetto delle molestie perché non riamato, quello è rilevante per l’ordinamento (es. della impiegata che aveva denunziato per molestie il proprio datore di lavoro, molestie che il giudice non aveva ravvisato nemmeno nella forma più blanda di maleducazione, violenza, petulanza, superficialità, che invece il tizio si era limitato a dichiararsi innamorato, dopo averla invitata a cena, averle regalato un anello, durante una trasferta di lavoro, e poi successivamente di nuovo dichiaratosi innamorato con una lettera spedita sul luogo di lavoro).
L’interesse all’amore giuridicamente rilevante non è ravvisabile nemmeno nel rapporto tra i coniugi tra i quali la sussistenza della comunione materiale e spirituale (cd. affectio coniugalis), se certamente fondata sull’amore reciproco, non è tutelata nella sua persistenza mentre addirittura invece il suo venir meno è tutelato dalla facoltà per il coniuge di chiedere la separazione se non ci si vuole più bene. Ma il semplice venir meno dell’amore, il comportamento di freddezza e disamore, non sono nemmeno contemplati come causa di addebito della separazione se non sono accompagnati da sistematica infedeltà, ostentata coltivazione di relazioni extraconiugali, continuato rifiuto di intrattenere rapporti sessuali cioè da comportamenti che integrano illeciti per l’ordinamento.
Innegabilmente si può affermare che sia rilevante per il diritto l’amore, l’eros, non come sentimento, ma per il comportamento di chi al riparo di legami amorosi o affettivi, nell’ambito di un legame legale o di fatto, attivi pratiche sessuali o affettive capaci di provocare danni psicofisici al soggetto destinatario di tali pratiche e con il suo consenso. Il consenso vale a distinguere questi casi da quelli in cui invece si commetta violazione della libertà sessuale o personale usando violenza o minaccia per coartare la volontà della vittima dissenziente. Mi riferisco alle pratiche sessuali tipo bondage, immobilizzazione totale, costrizione delle vie aeree e a tutti quei comportamenti a sfondo erotico in cui si infliggano patimenti al partner: il tema suscita complesse questioni inerenti l’individuazione del punto di equilibrio tra libertà individuale e intervento statuale, del limite all’ingerenza dei pubblici poteri nella sfera intima e personale dei rapporti sessuali, nella distinzione tra sfera della morale e sfera del diritto. All’individuazione dell’incerto e ondeggiante discrimine soccorre in prima battuta l’art. 5 del codice civile che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità della persona e quindi gli atti di sadismo sono vietati anche se c’è il consenso della parte, consenso che – se dalla pratica scaturisce un reato (es. lesioni personali gravi) – non può essere invocato come causa di giustificazione (scriminante) dall’autore perché il consenso dell’avente diritto si applica solo ai diritti dei quali si possa validamente disporre.
Di quelli che Cendon definisce gli eccessi in amore dopo la rottura di un rapporto e, dunque i comportamenti rilevanti per il diritto in cui il sentimento di delusione, odio, rivalsa costituiscono la spinta del processo emotivo interno che li determina, si occupa anche l’art. 660 codice penale prevede che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. Sono di solito i comportamenti diretti a interferire nella vita dell’ex coniuge o fidanzato per indurlo a ripristinare la relazione. Art. 612 bis. Atti persecutori. Stalking. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
E così la casistica di insistenti appuntamenti galanti, messaggi e telefonate ripetute nonostante il contrario avviso del destinatario, pedinamenti insistenti, indiscreti, invadenti, mentre se da una parte due fugaci baci sulla guancia e sul collo, dati fuggevolmente e su zone non considerate chiaramente erogene, integrano il semplice reato di molestie e non la più grave violenza sessuale, la mano infilata nel vestito o nei pantaloni, per toccare una coscia ed eccitare i propri sensi, è atto sessuale vietato ai sensi dell’art. 609 bis codice penale (dai 5 ai 10 anni di reclusione) perché il bene che viene violato non è solo la tranquillità della persona bensì la libertà di disporre del proprio corpo nella sfera sessuale.
Come rileva l’amore tra minorenni per il diritto? Se un maggiorenne ha rapporti sessuali con un minorenne di meno di 14 anni consenziente, questo è reato, così come con un minore di 16 anni se ci sono rapporti di famiglia o affidamento. Nei rapporti tra di voi il sesso è ammesso purché consenziente e, con un adoloscente di meno di 13 anni purché ci siano meno di 3 anni di differenza d’età.
Altro punto di osservazione su diritto può essere tratto dalla lettura degli artt. 2 e 32 della Costituzione: nel primo dove si afferma il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, che non possono essere calpestati o sottratti, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, dunque l’affermazione di un principio in cui l’individuo, anche con i suoi sentimenti, è posto al centro con i suoi bisogni e i suoi desideri. Nel secondo, in materia di tutela del diritto alla salute, nel quale si afferma che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La lettura di quest’ultima norma indica un’ulteriore direzione: è vero che la salute è affidata alle istituzioni pubbliche ma nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario contro la sua volontà e, quindi, poiché nel concetto di salute ormai dobbiamo ricomprendere non solo quella fisica, ma psichica e sociale, il diritto si converte senz’altro in una chiara affermazione del diritto all’autodeterminazione, cioè nel riconoscimento del diritto di governare la propria vita e di costruire liberamente la propria personalità non solo nella dimensione individuale ma anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, dunque in primo luogo in quella evidente formazione sociale che nasce dal rapporto affettivo tra due persone. La negazione del diritto d’amore e la sua sottoposizione a vincoli obbliganti ci mostrerebbero una persona alla quale siano negate insieme libertà e dignità.
Il diritto d’amore s’iscrive così in un orizzonte giuridico che non entra in contraddizione con esso ma trova il suo fondamento nel rispetto pieno dovuto alla persona. L’accostamento tra amore e salute intesa come governo della vita affidato alla persona interessata non è azzardato perché la tutela della salute è esplicitamente associata al rispetto della libertà sessuale dalla stessa Corte costituzionale (sentenza n. 561/1987) che afferma che essendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è sicuramente un diritto soggettivo assoluto, come tale inquadrabile tra i diritti inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Costituzione.
L’associazione forte tra amore e diritti fondamentali si ricava del resto da una considerazione legata a una vicenda culturale. Secondo Rodotà non è un caso che i tre più grandi romanzi psicologici del Settecento (Pamela e Clarissa di Richardson e Giulia di Rousseau), i romanzi epistolari siano stati pubblicati nel periodo immediatamente la nascita dei diritti umani. L’intensità emotiva di una vita ordinaria narrata da quei romanzi avvicinava tra loro le persone perché mostrava la possibilità di creare autonomamente un mondo morale. Gli uomini impararono a pensare agli altri come loro pari, fondamentalmente uguali e con stessi diritti e doveri, attraverso l’identificazione con personaggi comuni, oltrepassando i limiti sociali tra nobili e plebe, padroni e servi, uomini e donne, adulti e bambini. Tenendo presente quest’ultimo assunto, nella logica di affermare l’amore e, contestualmente, il rispetto della persona umana persino di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare (di cui vi consiglio la versione cinematografica in chiave post-moderna di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio, ambientato negli anni novanta a Los Angeles in un sobborgo immaginario chiamato Verona Beach e in cui le fazioni contrapposte sono costituite da magnati d’impresa avversari per ragioni di affari) si può fare una lettura a tre livelli:
a)- superficialmente, come storia di un innamoramento;
b)- come descrizione della ricerca del proprio Sé, della propria individualità, attraverso il riconoscimento da parte dell’altro in una relazione autentica;
c)- come rappresentazione della lotta interna di ciascun individuo per la sopravvivenza del proprio Sé autentico a fronte del rischio di contaminazione o addirittura sopraffazione da parte dell’individualità collusa col gruppo che in termine psicanalitico è anche detta “mente a massa”. I personaggi sono infatti rappresentazione degli affetti e emozioni interne. Romeo e Giulietta sono due nomi propri, ad indicare la ricerca e il bisogno di un’identità personale attraverso il rapporto d’amore. Nell’incontro amoroso con l’altro cerco me stesso. Madonna Montecchi e Madonna Capuleti sono invece raffigurate con il cognome soltanto, a significare l’assenza di un’identità individuale, la dimensione della loro personalità solo in quanto riferita al gruppo. Nell’immaginario collettivo Romeo e Giulietta sono famosi non per il codice affettivo dell’innamoramento bensì per la ricerca e la lotta per l’autenticità del vero Sé, della propria persona, attraverso le proprie emozioni e i propri affetti. Con un’anticipazione di secoli sulla psicanalisi Shakespeare riesce a tratteggiare i principali percorsi distruttivi, gli aspetti perversi della personalità che, nella dimensione del gruppo, dell’assenza di un mondo di relazioni e affetti sano, in cui sia al centro il rispetto della persona, si diventa privi della capacità di vedere l’altro a sua volta come soggetto di diritto titolare di relazioni autentiche. E quindi se da una parte, sempre Shakespeare, allude senza mezzi termini e con eloquio volgare all’amore/sessualità quando nel primo atto la balia dice a Giulietta: “come caschi bocconi? Quando sarai più furba imparerai a cadere supina” e Giulietta risponde di sì, dall’altra un mondo personale deprivato di emozioni e affetti, in cui l’altro sia confinato a un rapporto d’uso narcisistico o ridotto a fatto sessuale è sintomatico di una personalità che non ha saputo affermarsi in maniera autentica e che intende la relazione solo come bisogno di vincere e che si manifesta solo azioni coatte di prevaricazione e sopruso. E allora lo stupro, vagheggiato da Sansone nel primo atto quando dice: “io faccio presto a picchiare quando mi riscaldo, appunto per questo le donne essendo più deboli sono spinte verso il muro… voglio farla da tiranno: dopo essermi battuto con gli uomini sarò spietato con le vergini, toglierò loro l’età…”, lo stupro diventa quindi la proiezione all’esterno di ciò che avviene all’interno dell’individuo quando, vulnerabile, fragile e incompiuto non riesce a incontrare la relazione autentica con sé stesso e con l’altro, violando in primo luogo il suo diritto di affermarsi in maniera piena come individuo e tradendo il dovere cui è tenuto nell’ordinamento e l’aspettativa dell’altro di vedersi riconosciuto portatore di analoghe posizioni giuridiche.
Concludo con il vostro linguaggio con un passaggio da una canzone di Gemitaiz – On the corner: “Il primo bacio, che manco lo sapevo dare, le paranoie: chissà che dovevo fare! Poi l’ho baciata, ho detto meno male, un passo in meno verso l’obiettivo principale! Ciao fraté!”
Note bibliografiche: S. Rodotà, Diritto d’amore, Editori Laterza, 2016; P. Cendon, Il diritto delle relazioni affettive. Nuove responsabilità e nuovi danni, Cedam 2005; Rilke, Lettera a Friedrich; Platone, Cratilo; P. Spaziani, Sulla configurabilità e sui limiti di un diritto soggettivo nell’attuale ordinamento, www.neldiritto.it Ottobre 2014.