La teoria della “negoziazione oggettiva” è nata dalle ricerche di alcuni studiosi dell’Università di Harvard alla fine del 1990. Efficace anche nei grandi conflitti, consiste nell’affrontare e risolvere le controversie in base al contenuto oggettivo, piuttosto che con un processo di contrattazione. Secondo questa tecnica si deve puntare il più possibile al vantaggio reciproco e, laddove gli interessi delle due parti siano in contraddizione, insistere affinché il risultato scaturisca da principi indipendenti dalla volontà delle parti.
I principi basilari di una trattativa di successo secondo la teoria di Harvard sono quattro: a) le parti devono scindere le persone dai problemi; b) ciò che conta sono i bisogni, non le pretese; c) occorre formulare, sia individualmente che con la controparte, alternative valide per entrambi; d) le parti devono accordarsi su criteri oggettivi con i quali misurare il risultato del negoziato.
Gli individui infatti, nell’atto del comunicare, subiscono una trasformazione vicendevole e se la relazione viene improntata alla logica dell’incontro piuttosto che dello scontro, al dialogo piuttosto che alla disputa, il modello di comportamento si rivela efficace. Ciascuno di noi possiede la propria rappresentazione della realtà. La realtà oggettiva e la rappresentazione soggettiva di essa si integrano per creare il reale nel suo complesso: “un’immagine del mondo rappresenta dunque la sintesi più globale e complessa delle miriadi di esperienze, influenze esercitate da altri e di ciò che ne deriva, cioè le interpretazioni […]. Nel senso più vero e immediato essa è il risultato della comunicazione.” Illuminanti a questo proposito sono un aforisma di Epitteto “Non le cose stesse ci disturbano, bensì le opinioni che noi abbiamo delle cose”, sia un passaggio dell’Amleto di William Shakespeare “In sé nessuna cosa è né buona né cattiva; solo il pensiero la fa diventare tale.”
Il successo del metodo della negoziazione attraverso la Pratica Collaborativa è determinato quindi dalle tecniche di comunicazione utilizzate, con cui si impara a mettersi nella prospettiva dell’altro con tolleranza e rispetto. Guardare le situazioni da punti di vista diversi allena all’elasticità mentale, insegna ad assumere un atteggiamento disponibile ed educa al controllo delle reazioni impulsive. Impiegare un linguaggio basato sul dialogo strategico e su immagini evocative migliora se stessi e le relazioni, oltre ad alimentare la creatività nel trovare soluzioni nuove o inattese.
cfr. Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento, Feltrinelli, Milano 2009; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008; Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio, Ponte alle Grazie, Milano 2008 Roger Fisher, William Ury, Bruce Putton, Getting to Yes: Negotiating Agreement Without Giving In, Penguin Books, New York 1991.
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