Tutti quanti voglion fare jazz/ perché resister non si può/ al ritmo del jazz. Mentre dieci anni fa eravamo giustappunto quattro gatti – per lo più considerati eccentrici, anche un po’ fuori di testa – imbambolati dalla visione di una giustizia migliore (fuori dai tribunali), l’attuale formazione dell’avvocato sembra oggi non poter prescindere dalla conoscenza di mediazione, negoziazione, arbitrato. La pratica collaborativa è invece guardata ancora con un certo sospetto, sia perché non regolamentata per legge, sia perché sa farla davvero solo chi ama il jazz. La metafora, già di Stuart G. Webb al forum di Washington DC nel 2015, è perfetta. Nella pratica collaborativa come nel jazz, il ritmo è predominante, accompagna ogni movimento della giornata e, se fai il cambio di paradigma, non la molli più. Abbiamo talento e suoniamo strumenti anche diversi, sappiamo adattarci a dialogare con altri elementi, siamo affiatati con il testo da musicare, suoniamo tutti insieme finché la partitura non termina, siamo creativi e, maestri dell’improvvisazione, anche se siamo in assolo resuscitiamo la speranza, la speranza bambina: “Ma la speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende. Me stesso. Questo sì che è sorprendente.” (C. Peguy)
In foto Giulio Frigo, Stanza 12, Olio su tela, 2015. Per gentile concessione di www.eccellentipittori.it – Tutti i diritti riservati.